Beviamo il rosso! Perché fa bene? No, prima che finisca…
Ipotizziamo lo scenario peggiore: gli amanti dei rossi da invecchiamento corposi e strutturati, o di quelli eleganti e raffinati, che siano quei rossi dal tannino maturo e vellutato, oppure maturo e prorompente, ma di certo tannino maturo, ossia ottenuti da uve raccolte a maturità fenolica perfetta, sarà meglio che corrano in Aziende ed Enoteche a fare scorta dei loro vini preferiti, prima che finiscano per sempre.
E lo scenario migliore? Spero di poter essere smentito già da quest’anno, ma per alcune zone viticole potrebbe essere quello di fare grandi rossi solo saltuariamente, solo negli anni eccezionalmente favorevoli come il 2015, il 2007, il 2003.
Non è colpa del cambiamento climatico. Grazie a quello facciamo gli spumanti in Inghilterra, ma non temiamo di perdere i grandi rossi.
Non si tratta di un fungo. Peronospora e Oidio, in vendemmia, sono solo un ricordo, perché attaccano presto la vite, mentre la Botrite, avversità tipica della fase di maturazione, la sappiamo contrastare.
E non vogliamo nemmeno piangerci addosso.
Ma l’ansia è tanta.
Infatti, dopo il 2014, la peggiore annata per la qualità delle uve rosse in buona parte di Italia e Francia, probabilmente da quando hanno inventato la vite, con il 2016 abbiamo stabilito il record di peggiore annata di Peronospora per il Nord-Est degli ultimi 40 anni. Come se non bastasse, proprio mentre ci rendiamo conto che agosto e settembre finalmente benevoli ci stanno permettendo di aspirare a una vendemmia quasi perfetta (dove non si è persa troppa uva…), ecco che l’ansia ci assale per il futuro delle nostre uve rosse e dei loro vini.
A cosa è dovuta?
A un piccolo insettino.
Trovato per la prima volta nel 2009 in Trentino, già dal 2010 si è visto in Lombardia ed ora è pressoché ubiquitario, almeno fino a parte del centro Italia.
Ha un nome quasi simpatico: Drosophila suzukii, ma assai sgradevoli sono i suoi effetti.
È parente del moscerino della frutta nostrano ma, come si può intuire dal nome, è arrivato dall’est asiatico. Mentre il “nostro” moscerino vive su frutta già in decomposizione, ossa su uve danneggiate per altre cause, questo “simpatico” nuovo ospite è in grado di arrangiarsi da solo, per rendere l’ambiente idoneo alla sua moltiplicazione e trovare il cibo: buca i frutti e depone le uova, cosicché le nascenti larve possano svilupparsi nella polpa anche a partire da frutta integra, non già rotta da altre cause.
La D.s. ha già causato enormi danni in aziende di piccoli frutti, poiché gradisce assai lamponi, ciliegie, fragole e ogni genere di frutta rossa a buccia fine, dove le femmine possono deporre la bellezza di 400 uova ciascuna, da cui in 8-14 giorni nascono nuovi adulti.
La fertilità e rapidità di moltiplicazione rende improbo ogni sforzo di contenimento con gli attuali mezzi a disposizione (gli insetticidi, peraltro pochi dei quali registrati contro D.s., dovrebbero essere ripetuti continuamente durante tutta la fase di maturazione e fino all’immediata prevendemmia, per avere un effetto).
Sull’uva, fortunatamente, si moltiplica con meno velocità, e per ora non si segnalano danni su varietà bianche. Forse a causa della buccia più spessa, forse a causa della maggiore acidità.
Ma su varietà rosse non precoci, a grappolo compatto e a buccia fine (Schiava, Groppello, Lacrima) sta già facendo danni molto gravi, e anche su altre varietà si moltiplica facilmente se ci sono condizioni microclimatiche favorevoli, tra cui le umidità elevate e ombreggiamento.
Solo le annate molto calde e asciutte aiutano a limitarne la diffusione.
Quindi, che si fa?
Si monitora… si osserva… si controlla… si ricontrolla… si spera.
Poi, quando il danno aumenta, si vendemmia.
Con buona pace della maturità fenolica, a cui ogni scrupoloso viticoltore aspira prima iniziare a raccogliere le uve rosse migliori per i vini da invecchiamento.
E quindi, ottimo rosato! Discreto rosso. Ma come produrre una grande riserva, le cui uve dovrebbero rimanere in pianta fino a metà o fine ottobre, se durante il mese di settembre ogni giorno un acino viene bucato?
Certo, le contromisure ci sono (non è questa la sede per elencarle, ci dilungheremmo troppo), ma nessuna al momento risolutiva, quindi per ora si riesce a solo ritardare il danno o a limitarlo, ma non a evitarlo.
Spero di sbagliarmi, spero che arrivi un antagonista naturale, spero che molte varietà resistano o siano poco attrattive. Spero.
E poi, più concretamente, speriamo che l’inventiva dell’uomo ci permetta di contrastare prestissimo questa ennesima l’avversità, altrimenti, tanti saluti a grandi rossi di molte zone temperate.
Fig. 1, da sinistra - Maschio: si distingue danna Drosophila nostrana per le due macchie sulle ali. La femmina è quasi identica al nostro moscerino comune. Fonte fotografia: Servizio fitosanitario Emilia Romagna
Fig. 2 - Per l’ovodeposizione la femmina pratica un foro nella buccia, da cui fuoriesce una gocciolina di brillante mosto.
Fig. 3 - La larva nasce e inizia a nutrirsi. Il foro di uscita viene invaso da altri moscerini e l’acino marcescente può far marcire anche gli acini vicini