Il clima emancipato
Sembra quasi di aver cambiato residenza, noi ed i nostri vigneti, dall’anno scorso ad oggi.
Lo scorso anno l’estate emigrò in altri lidi, lasciandoci desolatamente in balìa di temporali monsonici che flagellarono il Nord e buona parte del Centro Italia da giugno a settembre inoltrato. E, aggiungendo alle piogge estive le abbondanti precipitazioni dell’autunno-inverno 2013-14, ci si trovava in una situazione di terreni bagnati, allagati, sommersi. Viti che, anelanti il sole, erano invece costrette a subire il supplizio inflitto da orde di nubi grondanti pioggia. Qualche visita della grandine (talvolta anche ben più che una leggera grattatina) completò l’opera, così da regalarci l’annata del secolo. O almeno, speriamo che rimanga l’annata del secolo, la peggiore del secolo, e che non si ripeta mai più.
Se si fosse ripetuto un anno come il 2014, penso che io e alcuni validi colleghi Agronomi avremmo seriamente rischiato gravi problemi di equilibrio psicofisico, dovendo affrontare una nuova, improba, stagione di difesa della vite dalle avversità e dai flagelli meteorologici.
Invece, in questo 2015 sembra di vivere in un altro mondo: primavera asciutta, estate torrida, poche precipitazioni. Certo, in varie zone le vigne soffrono anche quest’anno, e moltissimo, per il motivo esattamente opposto allo scorso anno. Ma per lo meno, sebbene non possano esprimersi a parole, noi tutti sappiamo che si sentono finalmente in un ambiente a loro consono, capiscono che chi le ha piantate in queste nostre Regioni lo ha fatto non per crudeltà e per vederle marcire a mollo, ma con la consapevolezza che il clima sarebbe stato adatto alla pianta dell’uva.
Ovviamente, non è nemmeno un bel vivere tra l’arsura della sete, che non permette alla vite di esprimere appieno le proprie potenzialità quantitative e qualitative, ma per una pianta che vive bene ai margini settentrionali del Mediterraneo, può capitare. Si adatta, resiste, sicuramente non produce qualità se va in stress idrico eccessivo, ma fino ad un certo limite e in determinati periodi della stagione, lo stress idrico può essere salutare e qualitativo.
E ricordando che per la differenziazione dei grappoli dell’anno successivo serve alla vite una buona illuminazione delle foglie e delle gemme durante l’estate precedente, possiamo ipotizzare che il 2016 sarà un anno di carico produttivo abbondante, esattamente come il 2004 che venne dopo il torrido 2003.
Tornando con la mente indietro per diverse annate, ricordiamo, immedesimandoci nelle sofferenze reumatiche delle nostre vigne, che dopo il 2007 non vi è stata per il Nord Italia nessuna annata “Eccezionale” per i vini rossi (con la E maiuscola), salvo forse il 2008 (ma che fatica e difficoltà la difesa antiparassitaria in primavera!).
I vini bianchi invece, che si comportano spesso come canne al vento e non come fragili cipressi, in questi anni difficili se la sono spesso cavata con minori problemi e con maggiore spirito di adattamento.
Speriamo in bene per questo 2015, poiché la gran parte della qualità si ottiene durante la fase di maturazione, da ora e fino alla raccolta.
Nel frattempo possiamo solo notare come, a dispetto del clima diverso di anno in anno, troppo spesso i nostri ricordi e le nostre azioni in vigneto risentono di un effetto “volano” che diminuisce la nostra capacità di adattamento alle mutevoli condizioni che si debbono affrontare. Ed allora, ad esempio, si notano quest’anno vigneti troppo sfogliati, a ricordare che lo scorso anno ha piovuto troppo, ma desolante sintomo di scarsa capacità di interpretazione del reale andamento climatico.
Per cui, ancora una volta se fosse necessario, è bene tenere presente che la qualità in vigna si fa guidando la pianta in modo che possa esprimere al meglio le proprie potenzialità seguendo il migliore percorso possibile tra le mille variabili da affrontare (tutte quelle relative a suolo, clima, avversità, obbiettivo enologico, integrate nel panorama di età della pianta, caratteristiche varietali, equilibrio vegeto-produttivo, tempestività e qualità dei nostri interventi). E guidare non significa spingere forzosamente a comportarsi come vorremmo (come se la vite fosse una macchina da guerra che avanza imperterrita tra le paludi quando piove troppo, e poi continua allo stesso ritmo e con le stesse modalità di gestione anche nel deserto quando c’è siccità), ma assecondare lo spirito di adattamento della vite in modo che possa, a seconda dei casi, superare le avversità e ottimizzare le potenzialità.
Ora, attendiamo la vendemmia senza sbilanciarci in proclami troppo anticipati riguardo a quantità di produzione e qualità delle uve e dei vini; proclami che tante volte vengono precipitosamente corretti in corso di maturazione o a posteriori, quando chi li ha fatti si rende conto che un clima emancipato ha bellamente ignorato ogni regola, rispetto e cortesia, facendo come meglio credeva e mutando quindi le carte in tavola a chi le previsioni le fa proprio con le carte o la sfera di cristallo.
Ciò che si può dire ad oggi è che la produzione attesa non è abbondante (grappoli non numerosi, a causa della limitata induzione a fiore determinata dall’estate 2014 troppo piovosa) e che per il momento le uve sono perfettamente sane un po’ ovunque.
Non diciamo nulla più, non diciamo gatto finché non l’abbiamo nel sacco!