IL VIAGGIO GASTRONOMICO
A cura di ASA / asa.web@asa-press.com

Viaggio intorno al Monviso - La Valle Varaita (Cuneo)

1 e 2) animali al pascolo

Massì confessiamolo: se quotidianamente ci arrendiamo alla fretta cuciniamo la solita cotoletta, gli agnolotti comprati in gastronomia e i già pronti al banco surgelati del supermercato! E se gli amici telefonano improvvisamente li invitiamo piacevolmente, ma con il tipico: “Ok, ci farete piacere, ma dovete accontentarvi di qualche fetta di salame, un piatto di pasta burro e salvia, una cotoletta, del formaggio e i biscotti della colazione. Non faccio in tempo a prepararvi qualcosa di più appetitoso!”.

Ma nei giorni festivi e nelle ricorrenze poso la scopa, lo spolverino e già il giorno prima inizio a preparare ogni sorta di delizie. Non mancano mai i piatti che sono i loro preferiti, ma cerco anche qualche nuova proposta e poichè una delle invitate adora in particolare modo il riso e le patate... in qualsiasi modo siano cucinati, mi metto al computer per cercare qualche nuova ricetta di cui sarà felice di farmi da cavia!

Prendo appunti su una nuova ricetta per il riso, poi passo alla versione “patate” e ne scelgo una molto originale e curiosa. La trascrivo, ma quando torno sulla pagina iniziale mi colpisce una lunga fila di notizie ripetute su tutti i giornali datati febbraio 2015 “L’Antitrust multa quattro noti marchi di patatine, per pubblicità ingannevole nel reclamizzarle”.

1 e 2) scorci verso il Colle dell’Agnello

Quotidianamente ricevo decine di news dove leggo cose simili, ma anche peggio che una “meno nociva” pubblicità ingannevole!

Accendo la tv e inizia il ballo degli chef e pseudo chef che spesso si autoproclamano tali, ma non sanno nemmeno fare le massaie e cuocere un uovo. Nei siti a cui collaborano troviamo le loro ricette: come fare il vitello tonnato... ed elencano la marca di quelle che acquisti già confezionata, in vasetti, a cui aggiungere gli ingredienti, se non quella già tonnata!

Per carità, nulla da ridire, ce ne sono delle ottime e anch’io le uso, ma da uno che si definisce chef, cuoco, maestro e che nel sito vanta una sua rubrica di scuola di cucina... mi aspetterei insegnasse a farla in casa (il problema uova pastorizzate e comunque risolvibile).

Usando il vecchio gergo “zippiamo”, ormai sparito e sostituito con altri termini, saltando da un canale all’altro, da mattino a sera troviamo: “La prova del cuoco”, “Chef per un giorno”, “I menù di Benedetta”, “Masterchef” in tutte le versioni italiane, canadesi, americane, “Cucine da incubo”, “Linea Verde”, “Melaverde”, “Cuochi e fiamme”. Siti e riviste su cui compare il viso sorridente di Cracco con in testa il classico “toque blanche” da chef... cosparso di cavallette: preludio alla sua proposta di un menù a base di locuste!

Bottura esalta il tripudio della cucina molecolare che dichiara: “Tecnica e di precisione, che racchiude la filosofia ed è arte e creatività!”. Mentre in America gli insetti diventano croccanti snack... da passeggio a base di grilli. Nel padovano il “Novel Food” propone gli scorpioni, a loro dire...ottimi con la polenta, le vespe giganti che sanno di formaggio (ci condiremo gli spaghetti?), polpette con larve, risotto alle vespe e filetto di bachi!

Melle: Roggero. Formaggi freschi e stagionati, erborinati, speziati, “Ravioles della Valle Varaita”, “Toumin dal Mel”, Burro, Brus

Sarà, ma a me è rimasta nel cuore e... nel palato quella che mi rimanda alla memoria i ricordi dell’infanzia: la mamma che preparava gli agnolotti, l’arrosto, il ragù e la ciambella.

Se poi fra i testimonial del cibo, a proporci croccanti patatine impachettate è Rocco Antonio

Tano, classe 1964, ormai... d’antan anche lui..., meglio noto come Rocco Siffredi, “ex” attore pornografico, di cui ho appena scoperto l’esistenza perchè come accendi la tv per cercare un TG te lo propinano a pillole di pubblicità di “L’isola dei Famosi” e “Il Grande Fratello” (entrambi del 2015) e ora anche come maestro... d’armi... per futuri porno divi, mi viene una battutina pizzichina sulla lingua, una di quella... pubblicitarie... da abbinare a: “Ma cosa centra il divo porno con la pubblicità delle... patate?”.

Si, decisamente stiamo presentando la più incredibile e ridibile versione della cucina italiana, quella che “era e dovrebbe essere” il vanto dell’Italia nel mondo! L’Italia della prestigiosa “ICIF - Italian Culinary Institute For Foreigners” di Costigliole d’Asti, conosciuta in tutto il mondo e con sedi in tutto il globo, che vanta i corsi di formazione alla cucina italiana per chef stranieri professionisti! E che dire di Sloow Food e dell'Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (CN), e di Paolo Massobrio, Edoardo Raspelli, Antonino Cannavacciuolo, Gianfranco Vissani, Gualtiero Marchesi, i super stellati della cucina italiana?

L’Italia che si è proposta all’UNESCO per la salvaguardia della propria identità di storia, cultura e tradizione della cucina italiana?

Ma fortunatamente, nel mio girovagare per le strade del buongusto, dei buoni sapori della tradizione delle nostre terre, mi capita di incontrare i baluardi, gli ultimi difensori della genuinità, della cultura, della storia e delle tradizioni della nostra cucina e ve ne voglio fare partecipi.

1 e 2 ) La Baiò di Sampeyre - 3) Il Museo Storico Etnografico

1 e 2) Il Museo Storico Etnografico

Salite sull’auto-della-fantasia con me e lasciatevi condurre “virtualmente” nei luoghi del “bengodi gastronomico”, magari con qualche sosta nelle località curiose, misteriose, dense di arte, cultura e storia.

Avevamo iniziato il viaggio in questo sito, con “Incontri di viaggio: viaggio intorno al Monviso, alle foci del Po”, interrotto dalla stagione delle nebbie, strade ghiacciate e nevicate in montagna, ma ora riprendiamo il cammino in una calda giornata primaverile ripartendo da dove ci eravamo fermati in attesa di riprendere la via intorno al Monviso, il “Re di pietra”, quando apriranno i valichi!Abbiamo lasciato Costigliole Saluzzo e appena fuori dal paese entriamo nella Valle Varaita, una delle valli del cuneese, valico per la Francia e la Valle del Queyras.

Stiamo entrando nel territorio dalle origini Occitane, che comprende tutte le valli cuneesi confinanti con la Francia. L’Occitania o Pays d’Oc è una vasta area europea della Francia e della catalana Val d’Aran in Spagna. Fra il XII e il XIII secolo dalla Spagna giunsero anche in queste terre piemontesi i cantastorie o trovator cortese provenienti dalle terre celtiche, che nelle corti europee cantavano le gesta d’amore di nobili cavalieri.

E giunsero anche gli uomini provenienti dai Pirenei, con la loro identità metà francese e metà spagnola, che ancora oggi rivive nel folclore, nella cultura, nell’arte, nella cucina e nella lingua “d’oc” detta anche “provenzale”.

1) baite d’altura - 2) fortificazioni sotterranee

Una delle caratteristiche del costume occitano è il tipico “basco”, copricapo di panno, senza visiera, in uso dalle forze armate di tutto il mondo, anche in Italia, e particolarmente dal battaglione “San Marco”, dai Paracadutisti, ma anche dai Lagunari, dai Reparti Corazzati e dai Carabinieri. Le origini provengono dai contadini dei Paesi Baschi, la regione spagnola sul confine con la Francia che ha dato il nome al copricapo, molto in uso dalla classe operaia italiana nel secondo dopoguerra. In questa valle il basco è il copricapo degli occitani.

Altro chiaro simbolo è il nero e rustico cavallo Merens, originario del dipartimento dell’Ariége (Pirenei francesi), molto docile, resistente alla fatica e che in queste valli pascola liberamente. Tipicamente occitana è la caratteristica “ghironda”, strumento medioevale dei menestrelli del XIII secolo, potrete trovare stupendi brani cliccando:“Ritchie Blackmore Plays hurdy gurdy in The clock ticks on”. Favoloso è anche il brano “Musica Occitana: ragazza che suona la ghironda. 2 - 11 - 2013.”: non perdeteveli! Ne cercherete altri...

Per la sua posizione di confine, la Valle Varaita fu coinvolta in eventi di guerra nel 1700, ma anche successivamente nel 1900, di cui se ne hanno tracce nelle numerose opere difensive che si possono vedere lungo la strada per il valico del Colle dell’Agnello.

Ma poichè della storia ne abbiamo parlato nella puntata iniziale, proseguiamo il viaggio.

Piasco è la prima località che si trova all’imbocco della Valle Varaita. Meno di 3.000 abitanti, ma scrigno di un gioiello dell’arte del costruire arpe. E’ qui che possiamo vedere una incredibile collezione con oltre 100 esemplari conservati nel primo e unico museo di arpe al mondo. Nel “Museo dell’Arpa Victor Salvi” è possibile seguire i cambiamenti di stile nel corso dei secoli dal settecento ad oggi, in un incredibile viaggio nel tempo e nella musica, di cui occorre uno spazio narrativo più vasto e quindi vi riserverò in seguito la visione, dedicando lo spazio alla storia di questo strumento e dei suoi costruttori.

Il nome Piasco, pare derivi dal primo proprietario terriero, forse romano o ligure, tal Albius o Herpidius. Le origini molto antiche risalgono ai primi abitanti, i Liguri Vagienni e dal III secolo a.C. dai Gallo-Celti della Provenza.

Verso il 170 a.C. vi si stabilirono i Romani con una dogana per riscuotere il pagamento per il transito delle merci.

Nel XVII secolo saccheggi, distruzione, guerre incidono profondamente la vita in questa località, sino alla terribile epidemia della peste che nell’anno 1630 colpi non solo l’Italia, ma tutta l’Europa.

A metà del 1600 inizia la costruzione del nuovo castello. L’ultimo feudatario sarà Paolo Eustachio Porporato:è l’anno 1797. La dinastia si estinguerà nel 1838 e la successione passerà, per via femminile, ai conti di Biandrate di San Giorgio, casato che terminerà nel 1916 con la contessa Lidia di Biandrate che sposerà il marchese Antonio Raggi di Genova.

1 - 2 e 3) Daniela

A fine ‘700 Piasco è un fiorente paese con concerie, forni da calce, mulini, una fucina e alcune cave di pietra. L’inizio ‘900 vede la nascita del cotonificio “Wild” e altri forni da calce.

Ma questa località riserva delle curiosità nelle tradizioni e nel folclore.

Nel periodo pasquale si rivive una antica tradizione: a sostituire il suono delle campane che restano mute per indicare la morte di Cristo, sono le “raganelle” (rane). I giovani girano per le strade annunciando le funzioni religiose con uno strano strumento musicale di legno, con un manico e una ruota dentata che percuotendo una linguetta produce uno strano rumore molto simile al suono prodotto dalle rane, da cui prende il nome la raganella. Ancora in uso negli anni ’50 come gioco per i bimbi, se ne è persa traccia, ma non in questa località che ne fa un vanto folcloristico.

E’ l’ora della colazione. Abitudinari, ovunque ci troviamo, facciamo sempre pausa nei soliti luoghi in cui incontriamo cortesia, simpatia, pulizia, come a Piasco, da Daniela, al Bar Primavera, sul rettilineo poco prima della piscina. Ci deliziamo di ottimi panini con salumi eccezionali di cui scherzosamente sorridendo e in perfetto dialetto locale... incomprensibile mistura tra il patuà francese e la lingua d’oc occitana mi dirà il nome per produttore. Se volete acquistare frutta, funghi, formaggi, pani, specialità dolciarie o i tipici agnolotti e il locale “cravot” di capra, la farina “pignulet” o altri prodotti... chiedete a lei e vi indicherà dove acquistarli o l’indirizzo dei produttori: è la mia consulente gastronomica!

E’ così che nascono amicizie, come con Daniela, sempre sorridente e uno strano arredamento per una località montana: diversi enormi acquari tropicali davanti ai quali mi soffermo a guardare la bellezza di pesci sconosciuti nelle nostre acque. Mi piacciono gli acquari e mi fanno sognare... la Perduta Atlantide...

Ripartiamo in direzione Venasca importante centro commerciale già nel medioevo quando il borgo si sviluppava attorno alle botteghe e imprese artigiane dove si lavorava il ferro, la canapa, si commerciava il legname e il “carbone di faggio e castagno”.

Nel XVI secolo si eleva ad importante centro amministrativo della valle, con l’Ufficio del Registro, il Tribunale di Giudicata e l’Esattoria. Importante punto di riferimento per il mercato settimanale e le fiere del territorio, necessitò di più ampi spazi commerciali e nel XIX secolo venne costruita una piazza e un’ala per i mercati. Agli inizi del 1800 il ponte di legno venne sostituito con l’attuale, in pietra e mattoni. Indubbiamente un vanto per quell’epoca fu la tranvia che nel 1886 iniziò a collegare Venasca a Saluzzo: ben 16/17 km, e per quei tempi...

La florida economia si nota nelle tracce architettoniche del paese, con le case signorili che si affacciano sulla via centrale. Palazzi che nella loro struttura erano una sorta di biglietto da visita per gli abitanti. La cura e la ricercatezza con cui erano costruiti lasciava intravvedere l’abilità di architetti e tutt’ora possiamo rilevarne la bravura nei balconi, nei loggiati, in elementi eleganti e nei particolari in pietra locale. Porte intarsiate, portali, comignoli (erano simboli di ricchezza) dei palazzi signorili.

1 e 2) prodotti tipici

Interessante il vecchio tracciato per le borgate. Suggestiva la chiesetta di Peralba da cui si domina una parte della pianura.

Splendido il percorso nel bosco di betulle, oppure dalla Rossa raggiungere la suggestiva Cappella di S. Bernardo Vecchio che offre uno dei più splendidi panorami sulla Valle Varaita, Valle Bronda, Valle Po, sul Monviso e la pianura saluzzese.

Una sosta golosa da non perdere è presso il salumificio Viviano in Borgo San Bartolomeo a Venasca. La grande insegna, sulla sinistra, vi condurrà in un luogo dove troverete non solo cortesia, ma una eccezionale salciccia da gustare anche cruda. Oggi apriamo vassoi di salumi che non emanano quei profumi che ricordo, ma qui li ritroverete tutti! Prosciutto crudo, cotto, salumi e lardo, ma anche tenera e gustosa carne di suino e pollame. Le altre delizie scopritele da voi!

Burro e formaggio, pane e biscotti artigianali fanno parte dell’antica tradizione montanara che cuoceva, e cuoce ancora, su forni a legna e li troverete nelle botteghe con le grandi insegne, ma cercate anche in quelle panetterie prive di insegne,Venasca è famosa per il pane.

Uno dei vanti è anche la produzione di castagne che è tra le più rinomate del Nord Italia. Nella stagione invernale le troverete nell’apposito “Mercato delle Castagne”.

Potrete rilassarvi al “Bricco” con il golf alpino, unico nella provincia di Cuneo, aperto da aprile a novembre, con annesso bar-ristorante. Sulla provinciale potrete sostare gratuitamente nell’area pic nic attrezzato con panchine, tavoli, illuminazione, acqua potabile, parcheggio per auto e sosta camper.

Per gli arrampicatori free-climbers, specie nella stagione invernale, non manca una attrezzata “Palestra di roccia per gli scalatori”.

Se amate i cavalli, il centro di equitazione alpina “I pioppi” vi consentirà passeggiate e trekking o di cimentarvi per la prima volta nel campo scuola.

Si riparte, Brossasco ci aspetta con la sua storia millenaria che lega tutta la vallata ai primi insediamenti umani all’epoca pre romana quando la popolazione celto-ligure vi giunse e si dedicò all’agricoltura che in questa località gode di un terreno favorevole.

Dal II secolo a.C la popolazione si romanizzò. Dal V secolo fu soggetta a incursioni di popolazioni barbariche. Nel 476 d.C, con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente si crearono domini: dagli Ostrogoti ai Longobardi e ai Franchi. All’inizio del 900 il Piemonte fu invaso dai Saraceni provenienti dalla baia di Nizza (Francia) che con le loro scorrerie invasero anche la Valle Varaita, finchè tra il 970 e 973 vennero sconfitti, ma lasciando tracce del loro passaggio, del dominio e della cacciata. Non a caso, dal 998, lo stemma di Brossasco è composto da due teste di moro e due mezze lune crescenti.

Eretto nel XI secolo a difesa del territorio e dei nobili signori del luogo, del castello rimangono poche tracce. Nel Medioevo dominava il paese cinto dalle mura.

Da paese agricolo, con l’emigrazione subisce una profonda trasformazione e negli anni dal ’60 al ’70 diviene un importante centro dell’artigianato del legno e della pietra, grazie alle cave di gneiss e ai boschi di castagno, ciliegio, frassino e noce.

Le attività tradizionali legate all’estrazione delle “lauzes” per la copertura dei tetti, oggi hanno subito una trasformazione legata alla moderna edilizia e agli usi decorativi.

La lavorazione del legno era una attività invernale, svolta quando il contadino era impossibilitato nei lavori agricoli e si dedicava alla costruzione di quegli attrezzi indispensabili per la casa e il lavoro. Oggi si è trasformata in industriale, adeguandosi alle nuove esigenze del ciclo per tutte le fasi: dall’abbattimento degli alberi, alle segherie per la prima lavorazione dei tronchi, al trasporto e ai laboratori che oggi vantano oltre 20 aziende di produzione di mobili d’arredamento, serramenti, scale, attrezzi e giocattoli.

Brossasco è considerata la “Capitale del legno della Valle Varaita” e nel mese di maggio promuove la “Festa del Legno”.

1 e 2) la flora

Prima di lasciare il paese seguo il consiglio di Daniela e mi fermo nella Macelleria Ghirardi per fare acquisti. Sono curiosa perchè è il negozio del marito, ma tanto sono “incorruttibile” e al massimo, se poi non sarò soddisfatta mi potrò limitare a... non segnalarlo e a non tornarci...

Timori infondati! Cucinerò carne tenera e gustosa per fare ottimi bolliti misti da accompagnare al tipico bagnet monferrino, della mia terra, tenere bistecche e rolate gustosissime, un ottimo vitello tonnato e carne cruda. Si, decisamente ci tornerò.

Chi volesse, da Brossasco potrebbe risalire la stradina del Vallone di Gilba e raggiungere Sampeyre attraverso la via più lunga, tortuosa, ma panoramica, risalendo una valle poco nota: magari la prossima volta!

Eccoci a Frassino, piccolo centro forse originato dalle popolazioni della pianura che qui si rifugiarono a seguito delle invasioni barbariche. Della Pieve di Frassino se ne parla in un documento dell’anno Mille.

La parte centrale della Parrocchiale di Santo Stefano risale al 1497, ma il rimanente è di fine ‘800. L’altare in marmo è stato collocato in sostituzione di quello più antico distrutto dal terremoto del febbraio 1887 chiamato il “terremoto di Imperia”.

Poco più di 300 abitanti che si dedicano all’apicoltura, zootecnia, coltura di erbe officinali, commercio e lavorazione del legno, ma le sue tradizioni hanno antiche radici nell’artigianato edilizio. Frassino è il paese dei muratori. I “fraysirol” erano gli artigiani edili che hanno emigrato portando la loro esperienza fino a Parigi. Oggi quelli rimasti della generazione del secolo scorso, lavorano la pietra della losa, il legno, e continuando il lavoro di muratore sul territorio.

Nel 1885, fu impiantata la pineta del Monte Ricordone, dopo che la caduta di una imponente valanga fece 76 vittime.

Molto caratteristica è la Borgata Grande. Le abitazioni sono separate da strette viuzze e collegate da passaggi coperti: tipiche costruzioni “Ubac” per difendersi dai rigori invernali, dalla neve e dalla pioggia che riversandosi a terra creerebbe disagi per il cammino.

Per gli appassionati di birdwatching (osservazione degli uccelli) e gli... incontri ravvicinati con gli animali selvatici, la valle offre la possibilità di incontrare camosci e caprioli, cinghiali, marmotte e veder volteggiare sulle Rocche di Crosa poiane, falchi, aquile.

Per chi ama l’avventura, da Frassino può inoltrarsi nel “Percorso Avventura” che da Borgata Chiaronto conduce in un ambiente roccioso, tra balze ferrate, ponti tibetani e altri ostacoli, in un viaggio pieno di emozioni, al massimo dell’adrenalina... Ingresso gratuito, aperto da aprile a novembre.

Oppure, sempre da Chiaronto, può scegliere la “Palestra di Roccia - Cup de Rure”. La falesia sovrastata da un tetto roccioso consente l’arrampicata anche in caso di pioggia.

Una manciata di chilometri e raggiungiamo Rore.

Per chi ama le favole da Rore si può passeggiare verso la cascata Tumpi la Pisso, immergendosi nel fantastico mondo dei “Sarvanot” i mitici personaggi protagonisti di leggende. Si dice che vivano negli anfratti delle rocce, ma che siano curiosi e si affaccino al vostro passaggio. Hanno abiti variopinti e questo ci consentirà di... vederli, nascosti dietro le rocche, gli alberi. Li vedrete! Ma niente paura... sono simpatici pupazzi, attrazione turistica per piccoli... e grandi, ma non giurerei che allo scoccare della mezzanotte non prendano vita, come nel film della favola “Il favoloso Andersen”...

1) Melle, scorci antichi - 2) ... Incontri ravvicinati di un capriolo... curioso!

La prossima tappa è Melle.

Un breve giro per il piccolo paese offre spunti gastronomici. Nelle panetterie e commestibili, troverete una varietà di tipi di pane, tutti eccezionali.

In via Tre Martiri: Panetteria Forno a legna di Fulchero, (pane buonissimo); Alimentari Isaia; Antica Bottega di Moraschini; Alimentari e tabaccheria Chiotti (buonissima la pizza, il pane e i torcetti grandi, fatti a ferro di cavallo); la “Bottega della carne”. Curiosa e molto bella “La Cà di Gà”, erboristeria, articoli regali e stupendi oggetti, in prevalenza magnifici i Gatti!

In Borgata Pratolungo si può vedere un enorme castagno monumentale chiamato “tabudiera d’Titta”, di circa 350 anni. Ha una circonferenza di circa 10 metri ed è uno dei più grandi del Piemonte.

Tornati sulla statale per il Colle, trovate un’area attrezzata per la sosta camper: sosta gratuita, pozzetto di scarico, presa acqua potabile, blocco servizi pubblici, lavelli esterni.

Poco dopo il distributore, un grande cartello indica l’Azienda Agricola Roggero: fermatevi!

Coccolatevi con gli eccezionali formaggi, non chiedetemi quale è il migliore: tutti! Se siete fortunati e c’è la ricotta... non perdetevela.

Un burro delicato, che sa di panna, buono da spalmare. I tomini freschi, quasi un budino di formaggio, buonissimi. E che dire del Toumin dal Mel, ma anche formaggi più stagionati.

E le “Ravioles della Valle Varaita”, gnocchi di patate, farina, e impastate (non con l’uovo) con il tipico Toumin dal Mel, da condire con burro fuso, ma potete sperimentarli anche con una grattugiata di formaggi Raschera (non eccedete, nell’impasto c’è già il tomino). Io ho provato con il ragù di salciccia, quella di Viviano, di Venasca! Non sarà il piatto tradizionale, ma vi assicuro che sono eccezionali.

Il Toumin dal Mel e un formaggio fresco, senza crosta. Dopo un giorno viene tolto dalla forma e posato su un canovaccio di tela. Il colore è bianco latte. Lo si lascia maturare quattro o cinque giorni: a me piace freschissimo, ancora gocciolante. E’un prodotto tipico della regione Piemonte.

1) L’insegna della pasticceria Mellano - 2) Sculture di cioccolato - 3) Maria

Siamo giunti all’ultima tappa di un tour “giornaliero”, Sampeyre il più importante centro turistico della valle ci attende con la sua storia, architettura, folclore e il museo.

Parcheggiamo sulla grande piazza centrale e soffermiamoci a visitare la Parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo che già si presenta in tutta la sua imponenza, non priva di quel mistero racchiuso nelle tipiche teste mozze, frequenti in queste valli occitane.

La chiesa risale al periodo romanico, ma rimodellata in epoca gotica e in quella più recente.

L’imponente portale romanico è ornato di fregi ed elementi antropomorfi: teste mozze, di pietra, la figura di Giano bifronte, un portale riccamente scolpito, la cui architrave porta la data 1462.

Sulla pietra delle case o posizionate in quelle delle chiese, si vedono delle teste chiamate “têtes

coupéès o more de peira”, ovvero “teste mozzate” legate ai culti celtici che pare conservassero sugli stipiti delle case o dei santuari, le teste mozzate dei nemici o degli eroi divinizzati.

All’interno notiamo un dipinto della Madonna che allatta il Bambino in un giardino cinto da una siepe, in cui compaiono rose e conigli. L’allattamento del divino bambinello è il simbolo della “Fonte della Conoscenza”, come la coppa del Sacro Graal. Il giardino è un simbolo mistico diffuso dai Carmelitani il cui abito, è bruno, come “bruna è la Madonna Nera”. Poichè i conigli nascono con gli occhi aperti, simbolicamente indicano la capacità di tenere a distanza il diavolo riconoscendolo subito. La rosa è il simbolo esoterico e mistico per eccellenza...

Giano! Il dio degli inizi (materiali e immateriali), simbolo pagano, raffigurato con due volti perchè essendo il “dio della porta” può guardare sia all’interno che all’esterno!

Situato in via Roma la parte più antica, troviamo il Museo Storico Etnografico, un vero scrigno di storia, cultura, folclore e vita dei tempi passati. Molto coreografiche le riproduzioni degli antichi mestieri esposti nelle sale del museo. Angoli di vita casalinga, spazi di lavoro nei campi, botteghe artigianali, folclore: tutto è fedelmente riprodotto scenograficamente.

Il folclore ci conduce in una rievocazione storica che si svolge ogni 5 anni: La Baiò che ripropone in chiave coloratissima la cacciata dei Saraceni dalla Valle Varaita.

A sfilare sono solo gli uomini, rigorosamente vestiti da donna. Come ci narra la storia, per trarre in inganno gli invasori, gli uomini di tutta la valle si recarono nei campi travestiti con abiti femminili e al momento giusto gettarono le... gonne e da ogni altra parte spuntarono i valligiani armati che sconfissero i Saraceni riappropriandosi delle proprie terre.

1) Andrea e il vecchio peso - 2 e 3) Andrea e Maria posano... scherzosamente

Becetto, località poco distante da Sampeyre, racchiude un gioiello della religiosità: la Madonna Nera.

Il Santuario edificato nel 1200, fu ben presto meta di pellegrinaggi sino a divenire uno dei più famosi del Piemonte. La statua riporta la dicitura del Cantico dei Cantici “Nigra sum sed formosa”, che significa: sono Nera (o Bruna), ma bella. Le enigmatiche Madonne Nere, a cui i Cavalieri Templari sono devoti! Giunte in Europa con il loro ritorno dalla Terrasanta, vennero collocate in luoghi significativi, esoterici! Non certo simbolo della cristianità, ma della Madre Terra, anche se la devozione cristiana se ne è appropriata. E’noto che la chiesa ha sempre edificato le sue chiese sui primitivi luoghi devozionale pagani, per appropriarsene cancellando altre ideologie religiose che riteneva errate.

Ma Sampeyre ha anche un angolo di delizie dove ritrovo i sapori della mia fanciullezza racchiusi non solo nelle deliziose e gustosissime varietà di pane, ma anche nei dolci! Già, proprio i dolci di cui non sono golosa: in questo bengodi del dolce mi sono arresa!

Sostiamo sulla piazza, in cerca di una panetteria dove acquistare uno dei prodotti vanto di questa valle: il pane da portare a casa, anche come souvenir per amici e parenti.

Mi inoltro nella via centrale, Vittorio Emanuele. Fatti pochi passi noto una grande e invitante insegna della “Panetteria-pasticceria Mellano”.

Entro, il saluto cortese e sorridente di una giovane donna è sempre un invitante preludio in contrasto con certi “musi lunghi e grigi” che ti fanno sentire un inopportuno e indesiderato intruso... Capita, più di quanto possiate immaginare, la stupidità non ha limiti!

Pane di ogni forma e tipo mi stuzzica e chiedo, mi informo, ma la donna, che poi scoprirò chiamarsi Maria, non si scompone, anzi mi agevola e alla fine mi riempirò di pane di ogni forma e tipo! Ma anche i dolci, che scopro essere creazioni esclusive del marito Andrea mi stuzzicano! E quei bignè che da molto non acquisto e se per caso me ne offrono... il palato stava meglio prima! Mi sembra di sentirli dire: “Assaggiami! E non te ne pentirai!”. Oscar Wilde diceva: “Posso resistere a tutto tranne alle tentazioni”, non sono Wilde e cedo subito!

Decido di acquistarne solo tre o quattro per uno, per un assaggio da dividere con Matteo, ma quando le assaggerò mi pentirò di averne prese poche e di non poter tornare subito ad acquistarne altre! Una delizia di crema, cioccolato, zabaglione e il tutto non nauseante: delicate creme racchiuse in bocconi di ricordi di quei sapori di una volta!

1-2 e 3) Incontri ravvicinati con marmotte curiose e... indifferenti. Un Merens al pascolo

Solo dopo aver pagato, e i costi sono inferiori a quelli della città, dico chi sono e chiedo se posso fotografare qualcosa, con gioia Maria si prodiga e chiama anche il marito perchè porti i grissini e altre forme di pane che stava preparando.

Alla fine esco dandoci reciprocamente del tu e a sorpresa mi omaggiano di un sacchetto di favolosi “Sarvan”, dolci incartati uno per uno, al cacao e nocciole, con liquore: inimitabile bontà nata dalla fervida mente-pasticcera di Andrea che vuole farmeli assaggiare.

Ma poi ci ripensano e ci aggiungono un dolce che quando lo assaggerò mi ricorderà il sapore che avevano un tempo il panettone e la colomba: questo ha, in aggiunta all’interno, dei sottili strati di morbido cioccolato. E’ super anche per una che non impazzisce per i dolci!

Ma chi sono questi personaggi così ospitali, gentilmente... intelligenti e l’ottimo pasticcere?

Nella loro panetteria-pasticceria ad accogliere clienti e turisti ci sono Maria Corasaniti e il marito Andrea Mellano, saviglianese di nascita, sampeyrese di adozione.

Andrea, classe ’77, seppure giovane ha già una grande esperienza nel campo della pasticceria, avendo avuto nel nonno Andrea e nel padre Renato due validi pasticceri-panettieri come Maestro. Ma il giovane Andrea ha anche un sogno nel cassetto: partecipare al casting per l’edizione di “Il più grande pasticcere”.

Nato e cresciuto nell’ambiente della pasticceria grazie all’attività del nonno Andrea, da lui non ha ereditato solo il nome, ma anche la bravura, l’esperienza, e dal padre il... DNA del settore panetteria, pasticceria, cioccolato. Non a caso si dedicherà anche al gelato al cioccolato.

Ed è la sua giovane età che lo spinge non solo a cercare nuove creazioni dolciarie, ma, conscio dell’importanza dell’intervento della moderna tecnologia sempre in rinnovamento, ricerca l’abbinamento indispensabile per migliorare la produzione partendo dalla ricerca di base: il prodotto migliore; nuove creazioni e abbinamenti di sapori; l’abbinamento tra il prodotto e la lavorazione attraverso macchinari all’avanguardia.

La professionalità, la creatività e la modestia lo spingono a continuare a cercare la perfezione.

Andrea è come quella medaglietta dell’amore, che io ritengo abbia parole valevoli per qualunque circostanza: “Oggi ho fatto meglio di ieri. Domani farò meglio di oggi, ma meno di dopodomani!”.

Ha fatto esperienze in corsi di formazione con grandi maestri: nel “Corso di pralineria” con Eliseo Tonti e Chiusa di Pesio (CN); partecipato al “Corso speciale Natale”, con Antonio LeRose a Perugia, presso la Perugina. Seguito il “Corso di aggiornamento soggetti pasquali in cioccolato” con Luigi Biasetto, a Fossano (CN) e il “Corso di finissima pralineria e soggetti natalizi”, con Emanuele Saracino, presso la Perugina. Partecipato allo “Stage operativo lavorazione cioccolato e le sue applicazioni pratiche” con Mauro Morandin presso SELMI a Santa Vittoria d’Alba (CN); allo stage “Bonbons Chocolate” presso l’Ecole Chocolate Academy Barry Cacao, con Jean-Marc Scribante, a Parigi; al “Corso realizzazione soggetti pasquali con Omar Busi a Busca (CN).

Partecipa a concorsi nazionali piazzandosi anche al primo posto e ottenendo numerosi riconoscimenti di eccellenza artigiana nel settore alimentare-cioccolato, caramelle e torrone.

Che altro dire? Una sola cosa: provate!

Per ora il viaggio si ferma nella panetteria-pasticceria di Andrea Mellano, sui suoi Maestri: il nonno Andrea, il padre Renato e poichè si dice che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna... anche su Maria Corasaniti: coloro che nel loro Tempio per golosi, ma...Sacrario per... la linea, mi hanno conquistata con la loro gentilezza, modestia...ma grande bravura.

di Alexander Màscàl e Matteo Saraggi - ASA