Contraffazione alimentare: un danno d’immagine e non solo
La buona notizia è che il settore agroalimentare italiano ha fatto registrare, nel 2015, il record delle esportazioni. La cattiva notizia è che la contraffazione alimentare continua a causare danni ingenti all’immagine del nostro Paese e non solo. A rivelarlo una indagine che ha recentemente confezionato un dossier teso a verificare – con l’aiuto di una task force speciale costituita da alcuni Carabinieri dei Nas operanti all’estero – cosa, fuori dai confini nazionali, viene venduto come prodotto italiano, pur non essendolo.
Partiamo dalla nota positiva. Il 2015, come accennato, è stato un anno record per le esportazioni agroalimentari, che hanno fruttato 36,8 miliardi di euro, il 74% in più in 10 anni. Il “re” dell’export italiano è stato i lvino, con 5,4 miliardi di euro che hanno fatto segnare un avanzamento dell’80% negli ultimi 10 anni. A seguire: l’ortofrutta fresca (4,4 miliardi di euro, il 55% in più), la pasta (2,4 miliardi, +82%), i formaggi (2,3 miliardi, +95% in 10 anni) e i pomodori trasformati (1,5 miliardi, +88%). Ma il Bel Paese ha “piazzato” bene all’estero anche i salumi e l’olio d’oliva.
E veniamo alla nota dolente. La classifica degli alimenti più “taroccati” nel mondo incorona, al primo posto, i formaggi: del Parmigiano Reggiano, della Grana, del Provolone e del Pecorino romano così come del Gorgonzola e dell’Asiago esistono, infatti, tantissimi “cloni” nei Paesi esteri. Ma non va molto meglio ai salumi (secondi in classifica), soprattutto ai prosciutti di Parma e San Daniele. Al terzo posto della classifica della contraffazione alimentare troviamo, invece, l’olio extravergine di oliva, seguito dalle conserve e dai prodotti ortofrutticoli come il pomodoro di San Marzano.
E non finisce qui: ai danni causati dall’insidiosissimo fenomeno della contraffazione alimentare devono, infatti, aggiungersi quelli causati dall’Italian Sounding. Di cosa stiamo parlando? Della pratica – sfortunatamente sempre più diffusa – di importare materie prime dall’estero, lavorarle e trasformarle in Italia per poi smerciare i prodotti realizzati come interamente italiani. E non si pensi che ad uscirne danneggiate siano solo l'immagine e la fama della qualità dei nostri prodotti alimentari. Anche l’economia nazionale ne risente pesantemente, tant’è vero che una seria e capillare lotta alla falsificazione e contraffazione alimentare potrebbe fare la differenza. E dare lavoro a 300 mila persone in più (fonte news.biancolavoro.it)