BIO 2017
L’agricoltura biologica può sfamare il mondo?

A livello scientifico si susseguono gli studi che spesso vengono riportati solo parzialmente dai media, se non addirittura completamente travisati. Uno studio della McGill University e della University of Minnesota, pubblicato sulla rivista Nature, ha comparato il metodo di produzione biologica con quello convenzionale.
Alcuni giornali hanno informato dello studio in modo parziale per esempio affermando che le rese di alcuni prodotti con l'agricoltura biologica sono inferiori a quelli prodotti con l’agricoltura convenzionale e che quindi, a loro avviso, per produrre tutti gli alimenti necessari al pianeta servirebbero anche altre tecniche. Il primo punto, minore resa, è vero per alcune specie coltivate, la seconda considerazione risulta quantomeno dubbia.
I ricercatori, in realtà, hanno rilevato che per alcune coltivazioni, la produzione biologica produce almeno quanto quella convenzionale (frutta, leguminose, semi proteici), anche se le quantità di grano e mais prodotte con fertilizzanti e pesticidi rimane ancora superiore.
Lo studio non ha dunque messo in dubbio il ruolo dell'agricoltura biologica come metodo per nutrire il mondo. L’ analisi pubblicata su Nature conferma che l'agricoltura biologica non è una pratica da nostalgici ma un serissimo metodo di produzione che a tutti gli effetti può essere messo a confronto con l'agricoltura industrializzata, grande consumatrice di energia fossile (sempre più scarsa e costosa) e di sostanze chimiche di sintesi che hanno un impatto sull'ambiente sempre maggiore e negativo.
Lo studio ha preso in esame 66 studi già pubblicati a livello internazionale che comparano la quantità di raccolto di 34 coltivazioni in agricoltura convenzionale e biologica e conclude che "l'agricoltura senza l'uso di fertilizzanti chimici di sintesi e pesticidi può fornire raccolti sufficienti in alcune circostanze".
E' invece significativo che lo studio riconosca che già ora, pur nell'assenza di sostegno pubblico alla ricerca in agricoltura biologica, per alcune coltivazioni (compresa la colza e la stessa soia, per la quale in convenzionale si fa gran uso di diserbanti e che in buona parte è OGM), questa è già in grado di dare le stesse quantità di raccolto.
Se poi oltre alla resa agricola si prende in considerazione l'impatto ambientale, la biodiversità e le qualità nutrizionali dei prodotti è chiaro che l'ago della bilancia si sposterebbe tutto verso l’agricoltura biologica. Ci si chiede Che senso ha ottenere raccolti maggiori per alcune piante grazie all'uso di fertilizzanti, diserbanti, insetticidi e anticrittogamici, se l'effetto è quello di peggiorare a questo livello la qualità e la sicurezza dell'acqua che beviamo?
Infatti, secondo i dati ufficiali dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del ministero per l'Ambiente, in Italia si trovano ben 118 pesticidi diversi (erbicidi, fungicidi e insetticidi) nel 47.9% delle acque superficiali e nel 27% di quelle profonde, da dove pescano gli acquedotti. In oltre il 30% delle acque superficiali il contenuto supera i limiti ammessi per le acque potabili. Il diserbante Glifosate è presente in oltre l'80% delle acque superficiali della Lombardia, quasi sempre con concentrazioni sopra i limiti di legge.
La produzione mondiale di alimenti è già più che sufficiente per sfamare l'umanità, quello che manca è un'equa distribuzione delle risorse.

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