Mazzoni (Imt): Verdicchio non può prescindere dall’agroalimentare marchigiano
Viaggia sul binario “cibo & vino” l’alta velocità dell’export enologico made in Italy. Ad evidenziarlo oggi a Vinitaly, con un’analisi della geografia dell’export agroalimentare italiano, il convegno “Vino e agroalimentare, la ricetta vincente del nostro export”, organizzato dall’Istituto marchigiano di tutela vini (pad. 7, C6-C9). Secondo le elaborazioni di Nomisma Wine Monitor, infatti, tra il 2007 e il 2017 le esportazioni delle due categorie merceologiche hanno registrato andamenti pressoché paralleli, con valori delle vendite che sono aumentati nel decennio rispettivamente del 68% (agroalimentare) e del 69% (vino), ed è proprio dove c’è cibo italiano che trova più fertile mercato anche il vino tricolore. Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Francia, che assorbono complessivamente il 56% delle esportazioni di vino, sono anche le 4 principali destinazioni dell’agroalimentare, con quasi la metà della quota export (45%, per un valore complessivo di 18 miliardi di euro) e circa il 30% dei ristoranti italiani fuori dai confini.
Caso paradigmatico gli Usa, dove i nostri prodotti hanno trovato la collocazione ideale proprio a tavola, in un matrimonio “cibo e vino” capace di parlare autenticamente italiano ai consumatori americani. E a dimostrarlo sono i numeri, che incoronano gli Stati Uniti il primo mercato per il vino (23% la quota export a stelle e strisce, 1,6 miliardi di euro) e per la ristorazione italiana all’estero (17% dei ristoranti), e il secondo per l’agroalimentare (11%), ma con un potenziale che rimane ancora inespresso. “La forza comunicativa della nostra cucina viene spesso data per scontata – ha detto Alberto Mazzoni, direttore del maxiconsorzio marchigiano –, ma anche la survey presentata ieri al convegno inaugurale di Vinitaly ci ha ricordato che quasi un terzo dei consumatori americani ci chiede di puntare ancora di più sull’abbinamento vino e cibo. E si tratta del mercato più maturo. Ma anche se chiediamo in tre piazze diverse come Regno Unito, Cina ed Emirati Arabi quale sia il settore più rappresentativo del made in Italy – ha concluso – la risposta è sempre la stessa: per il 40% cibo e vino riescono a comunicare la nostra cultura meglio della moda, dell’automotive e dell’arredamento/design. È su queste basi che abbiamo fondato la nostra scommessa con Food Brand Marche, un marchio unico per promuovere il territorio attraverso le eccellenze dell’agroalimentare, a partire dal Verdicchio, che quest’anno festeggia anche il 50° dal riconoscimento della Doc”.
LE MARCHE
Nel decennio 2007-2017 il vino delle Marche è cresciuto all’estero del 41%, a fronte di un aumento del 56% dell’agroalimentare, di cui rappresenta il prodotto trainante con un quinto del valore dell’export. Ma il binomio food&wine è sempre più una variabile decisiva anche per il turismo, in particolare quello del Belpaese. Più della metà dei turisti italiani (52%), infatti, riconosce nell’offerta enogastronomica marchigiana uno dei maggiori punti di forza della regione, al 2° posto dopo i borghi e le città d’arte, e con un impatto economico pari a 355 milioni di euro (dato 2016). “Tra i vini – ha spiegato ancora Alberto Mazzoni – è sicuramente il Verdicchio dei Castelli di Jesi il prodotto trainante, conosciuto dal 64% dei visitatori, che in 4 casi su 10 finiscono anche per acquistarlo”. Campione di qualità per le principali guide enologiche del Paese, con 107 vini premiati nel 2017 e ben 255 etichette con i massimi punteggi tra il 2014 e il 2018, il Verdicchio è anche uno dei prodotti più amati e versatili nel matrimonio con la cucina. Un’indagine Imt infatti ne conferma la presenza nel 67% dei ristoranti (l’83% nell’alta ristorazione) con in media 3 o 4 etichette, scelto in più della metà dei casi anche per la versatilità nell’abbinamento delle pietanze. Sul lato consumer, sono il 38% quelli che lo bevono, per lo più al ristorante o durante i pasti a casa.
Ufficio stampa Istituto marchigiano di tutela vini - IMT: Ispropress
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