Possibile esclusione dai fondi europei per chi ha già svolto attività promozionali. Il presidente Busi: “Un’assurdità con danni incalcolabili, è ora di alzare la voce”
Stop alla promozione in paesi chiave come Usa e Cina per i prossimi 5 anni. L’Italia del vino rischia di essere esclusa dai fondi Ocm (Organizzazione Comune Mercato vitivinicolo) e quindi dai programmi europei di promozione all’estero per i prossimi 5 anni a causa di un’interpretazione di una norma richiesta dalla Spagna e che ha generato il panico: nella programmazione 2018-2023 i produttori vinicoli europei non potranno accedere ai programmi di promozione in quei paesi dove si sono svolte attività da 5 anni
“Una follia - dichiara Giovanni Busi, presidente del consorzio Vino Chianti - Un’assurdità. Tutti gli amministratori e i politici devono alzare la voce e tutelare gli interessi del vino italiano. Non essere presenti nei mercati importanti ed emergenti nei prossimi anni significa perdere la possibilità di consolidare la presenza del made in Italy in aree dove ci stiamo affermando: un danno incalcolabile per il settore con conseguenze drammatiche per tutto il sistema economico nazionale”
Questa doccia fredda arriva proprio nel momento d’oro dell’export italiano, quando finalmente i vini italiani superano la Francia in Usa e la Spagna in Cina, piazzandosi rispettivamente al primo e al quarto posto. I numeri sono stati diffusi in occasione del Vinitaly di Verona. Nello specifico: negli Usa, l’Italia segna un aumento del 3,8% a gennaio-ferraio 2018 , contro il 3,4 % della Francia; sulla Cina, l’Italia si distingue per una delle migliori performance, soffiando il quarto posto alla Spagna nella classifica dei top importer cinesi, con una quota di mercato del 7%, un valore delle vendite a gennaio-febbraio che supera i 30 milioni di euro e un incremento del 34,7% sui valori annui.
“E’ un momento fondamentale per l’export del Chianti e in generale per tutto il vino italiano - continua Busi - La programmazione deve essere fatta nel lungo periodo, ben oltre i 5 anni. In un paese come la Cina, in 5 anni non costruisci niente, ne servono altri 5, se non 10 anni per affermare il nostro prodotto in maniera definitiva e consolidarne la presenza. Impedire l’accesso ai fondi europei e quindi bloccare di fatto la promozione in questi paesi significa assumersi la responsabilità di un calo delle vendite e di una perdita inestimabile per il made in Italy all’estero. E’ semplicemente assurdo, è ora di alzare la voce”
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