SALUTE E BENESSERE
L’obesità infantile avanza, e ancora ci si chiede come affrontare la situazione. La questione dei profili nutrizionali e del cibo da indulgenza

Negli stessi giorni in cui il Parlamento europeo adottava una risoluzione contro i profili nutrizionali, finalizzati a impedire slogan salutistici sui cibi di indulgenza (alimenti poco equilibrati dal punto di vista nutrizionale), la Presidenza di turno del Consiglio – affidata all’Olanda nel primo semestre 2016 – riproponeva una delle sue priorità, il miglioramento delle caratteristiche nutrizionali dei prodotti alimentari. La discussione ha un ruolo decisivo nell’ambito dell’equilibrio alimentare e diversi documenti che evidenziano le criticità e le opportunità di nuove regole da stabilire. Di seguito vi proponiamo un panorama da tenere presente nel corso dei futuri incontri sul tema.

Si è tenuta a Bruxelles il 6-7 aprile 2016 l’ultima sessione plenaria dell’European Platform for Action on Diet, Physical Activity and Health. La Commissione europea ha presentato una relazione sulla pubblicità con strumenti audio-visivi di prodotti classificati come HFSS (High Fats, Sugars and Sodium) rivolti ai bambini. Nei 6 anni trascorsi dalla pubblicazione della direttiva sui servizi di media audiovisivi (dir. 2010/13/CE), non si sono riscontrate iniziative di rilievo nei 28 Paesi membri. ICF International, nel presentare uno studio sulle varie iniziative e impegni di parte privata, ha a sua volta raccomandato nuove iniziative da promuovere nell’intera UE, con peculiare attenzione ai bambini e alloEU Action Plan on Childhood Obesity.

La World Federation of Advertisers ha offerto un aggiornamento sullo ‘EU Pledge‘, l’impegno dei 22 colossi di industria e food service che aderiscono all’iniziativa, i quali esprimono l’80% degli investimenti pubblicitari nel settore alimentare. Nel 2015 sono stati definiti, su base volontaria, i criteri nutrizionali comuni cui i prodotti devono rispondere per poter venire promossi a audience di minori di 12 anni in quota superiore al 35%. Gli alimenti ‘fuori criterio’ possono così venire pubblicizzati nei programmi destinati alle famiglie (che però comprendono adolescenti e adulti, in modo da ridurre  la quota degli ‘under 12’), e il gioco é fatto. Greenwashing, direbbero alcuni.

Per buona memoria, nello stesso 2015 l’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS (‘WHO-Europe’) ha a sua volta pubblicato un modello di profili nutrizionali, affinché i governi – nel rispetto dei cibi tradizionali e dei derivati del latte – vietino il marketing to children di prodotti non conformi per eccesso di zuccheri, grassi saturi e sale.

Con buona pace della dieta mediterranea, l’obesità di bambini e adolescenti prevale proprio nei Paesi dell’Europa meridionale. Non a caso, il JRC (Joint Research Center) ha rilevato che la pubblicità di alimenti ‘non indispensabili’ – che spesso coincidono coi HFSS food – è più diffusa in Sud Europa. È esemplare lo studio sulla pubblicità televisiva degli alimenti in Spagna laddove, dei 169 prodotti promossi in 420 ore di broadcasting, il 60,9% appartiene alla categoria dei ‘non indispensabili’ e ben il 79,9% vanta benefici nutrizionali o salutistici, seppure i due terzi rientri nella categoria dei less healthy foods.

I consumatori europei, rappresentati da BEUC, alzano la voce, chiedendo alle istituzioni UE di stabilire i profili nutrizionali e definire criteri realistici sulle porzioni. Incoraggiano l’adozione di informazioni nutrizionali di sintesi recanti codici cromatici, le famigerate etichette semaforo (traffic lights) britannici, per stimolare le industrie a proporre prodotti migliori.

Ed è proprio questo il punto d’incontro tra le esigenze sanitarie e di ‘business‘, come la presidenza olandese di turno al Consiglio ha ben colto. Serve l’impegno di tutti per riformulare gli alimenti affinché il consumo possa meglio integrarsi nell’ambito di diete equilibrate, per invertire la tendenza verso l’obesità, che é raddoppiata negli ultimi trent’anni.

Non c’è tempo da perdere, prima che le malattie correlate a stili di vita poco salutari prendano il sopravvento, le imprese di produzione hanno l’onore e l’onere di modificare le ricette dei prodotti alimentari, cogliendo l’opportunità di contribuire al bene comune. Dalla trasformazione industriale alla distribuzione, il paradigma del CSV, Contributing to Social Values può costituire una ragionevole via da percorrere. (Dario Dongo - www.ilfattoalimentare.it)


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