Quattro anni di studio e 90mila pagine di documenti non sono bastati a fare chiarezza. Divisi sulla pericolosità o meno del glifosato — l’erbicida più usato al mondo — i 28 paesi della Commissione Europea ieri si sono salutati senza riuscire a prendere una decisione. L’autorizzazione al commercio del glifosato in Europa scade infatti alla fine di giugno. Prima di quella data gli esperti della Ue dovranno scegliere se rinnovare o meno il permesso, e per quanto tempo.
Sembrava una decisione scontata. Le riunioni di lunedì e di ieri erano viste come una formalità per mettere il timbro all’estensione dell’autorizzazione per altri 15 anni. Invece i dubbi emersi sulla sicurezza per la salute del glifosato e degli adiuvanti chimici usati per potenziarne l’effetto hanno ribaltato le carte in tavola. Prima la Francia a metà febbraio, poi Italia, Olanda e Svezia hanno fatto prevalere le perplessità e gli inviti alla cautela. Alla fine anche la Germania — incaricata di presentare il dossier tecnico durante la riunione — ha cambiato posizione e ha deciso di non concedere il suo sì. Ieri pomeriggio, fatti i loro calcoli, gli esperti hanno scelto di non votare nemmeno. I paesi rappresentanti del 43% della popolazione europea non avrebbero infatti approvato il rinnovo. Si è deciso di prendere tempo per discutere e mettere insieme la maggioranza qualificata (55% degli stati e 65% della popolazione) necessaria a prendere una decisione.
L’impasse nasce da due pareri scientifici contrastanti sulla pericolosità del glifosato per la salute. A marzo 2015 la Iarc — Agenzia per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione mondiale della sanità — aveva classificato l’erbicida come “probabilmente cancerogeno per l’uomo”. A novembre l’Efsa — Autorità europea per la sicurezza alimentare — aveva invece giudicato “improbabile” il legame fra glifosato e tumori.
Fino a pochi giorni fa la Commissione sembrava comunque orientata a dare il via libera al diserbante, nonostante i pareri ambigui. Ma da qualche settimana la pressione delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei consumatori su Bruxelles si è fatta asfissiante. Test chimici condotti in Francia hanno trovato tracce di glifosato negli assorbenti femminili. In Germania — scegliendo di toccare uno dei nervi più sensibili del paese — un gruppo ambientalista ha analizzato le 14 birre più vendute, trovando che le sostanze tossiche superavano i livelli di legge anche del 300%. Una petizione promossa dal movimento Avaaz ha raccolto quasi un milione e mezzo di firme. In Italia 34 associazioni ambientaliste e per l’agricoltura biologica hanno fatto sentire la loro voce con una petizione a Bruxelles. I ministri dell’Agricoltura Maurizio Martina, dell’Ambiente Gian Luca Galletti e della Salute Beatrice Lorenzin si sono schierati contro il rinnovo.
Le perplessità sul diserbante nel frattempo hanno superato i confini europei. La California, che aveva deciso di inserire il glifosato nella sua lista delle sostanze cancerogene, è stata citata in giudizio dalla Monsanto. La ditta americana, che ha detenuto il brevetto fino alla scadenza nel 2000, usa infatti il glifosato per il suo erbicida Roundup, da associare alle sementi ogm Roundup Ready. A febbraio negli Usa si è mossa perfino la Food and Drug Administration, l’ente che vigila sulla sicurezza di cibo e farmaci. Per la prima volta già nei prossimi mesi verranno misurati i residui di glifosato in soia, mais, latte e uova destinati all’alimentazione umana.
In Europa gli esperti della Commissione potrebbero tornare a riunirsi il 18 e 19 maggio. Ma già entro la prossima settimana sono stati invitati a presentare dei suggerimenti per arrivare a una decisione.
(Elena Dusi - www.repubblica.it)
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