Ricerca italiana svela le proprietà anti-infiammatorie di alcuni composti che modulano il sistema immunitario
Sono destinati a riservarci grandi sorprese. Sono dei frammenti di Dna vegetale un tempo considerati tanto inutili da essere chiamati «junk», spazzatura. Gli scienziati stanno iniziando a scoprire che questi composti contenuti in frutta e verdura riescono non solo ad arrivare fino all’interno del nostro intestino senza degradarsi mai lungo il tragitto, né con la cottura né con la digestione, ma anche ad interagire con il funzionamento delle cellule dell’organismo, arrivando addirittura a modulare la risposta del sistema immunitario.
La loro efficacia anti-infiammatoria è stata scoperta da un gruppo italiano guidato da Roberto Viola, ricercatore della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, con la collaborazione degli immunologi dell’Università di Firenze, e i risultati sono apparsi sulla rivista del gruppo «Nature Scientific Reports». «Abbiamo visto che i microRna vegetali si legano in modo specifico alle cellule dendritiche del nostro sistema immunitario, che, “presentando” gli antigeni ai linfociti, ne inducono la risposta», spiega Viola. Lo studio è stato condotto sia in vitro sia su un modello murino di sclerosi multipla: «Iniettando nei topi estratti vegetali arricchiti con microRna vegetali, si osserva una riduzione dei sintomi e delle placche di demielinizzazione, come rivelano le analisi istochimiche».
L’identificazione dei microRna in circolo nel sangue e nella linfa umani è complessa e per questo non tutti i laboratori ne rilevano la presenza. Comunque - assicura il ricercatore - «gli ostacoli sono tecnologici e risolvibili in un prossimo futuro». Oggi sono in molti a credere che l’effetto protettivo di frutta e verdura contro le malattie cardiovascolari, neurodegenerative e neoplastiche trovi proprio qui, nei microRna vegetali, la sua spiegazione.
La quantità utilizzata in laboratorio da Viola è circa tre volte la concentrazione che si trova in 400 grammi di frutta e verdura, vale a dire la dose giornaliera consigliata dall’Oms. «Abbiamo tuttavia ragione di ritenere che permanga la relazione lineare tra la quantità di vegetali assunti e la loro efficacia protettiva contro le malattie derivanti da infiammazione cronica». Come a dire: più se ne mangia, meglio è.
Si conoscono già erbe medicinali con proprietà anti-infiammatorie, ma «i microRna vegetali sono ovunque» e quindi facilmente reperibili. «I risultati sul modello murino della sclerosi multipla è stato ottenuto con un cocktail tanto potente quanto semplice, fatto di bucce di mela, fragola e cavolo», spiega Viola, che prevede entro un anno l’arrivo sul mercato di estratti vegetali arricchiti di microRna, naturali o di sintesi, sotto forma di integratori ad azione anti-infiammatoria.
Ma il bioeffetto di queste molecole va anche oltre. Gli studi sono recentissimi e potrebbero portare anche ad un cambiamento di paradigma nel rapporto tra alimentazione e salute. «Sapere che nel cibo che assumiamo con la dieta esistono molecole in grado di influire sulla nostra regolazione genica e sui nostri processi fisiologici apre molte prospettive», commenta Viola. I primi risultati stanno già arrivando: ad esempio, si è dimostrata l’azione di inibizione della crescita tumorale ad opera di microRna vegetali di soia presenti nel plasma di pazienti con cancro al seno.
Ma la storia non finisce qui. Il nostro organismo, infatti, pare distinguere e riconoscere l’origine vegetale o animale dei microRna, anche se ancora non è del tutto chiaro come ci riesca. «Se quelli vegetali hanno attività anti-infiammatoria, quelli contenuti negli alimenti animali scatenano una reazione opposta, di tipo pro-infiammatorio, tanto più accentuata quanto maggiore la vicinanza evolutiva con noi». Infatti, l’omologia tra le sequenze animali e quelle umane allerta il sistema immunitario, dando origine alla risposta infiammatoria che potrebbe render conto dell’aumentato rischio di tumore in chi consuma carni rosse.
Occhi puntati, dunque, sull’insieme dei microRna vegetali, il cosiddetto «mirnoma», che Viola definisce come «una “materia oscura”: questa introduce un nuovo livello di complessità, il cui impatto sull’organismo, nel bene e anche nel male, stiamo iniziando solo ora a capire». (Nicla Panciera - www.lastampa.it)
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