Trovare sulle etichette dei prodotti alimentari frasi come “contribuisce al benessere del tuo intestino” oppure “per la salute delle tue ossa” o “favorisce la riduzione dei livelli di colesterolo” è abbastanza frequente. Uno studio pubblicato dal gruppo di lavoro del progetto CLYMBOL (Role of health-related Claim and sYMBOLs in consumer behaviour) finanziato dalla Commissione Europea e coordinato da EUFIC*, ha analizzato la pervasività delle diciture nutrizionali e salutistiche scoprendo che il 26% dei prodotti alimentari venduti in Europa ha un’indicazione di questo tipo. Lo studio ha contabilizzato anche le etichette che riportano dei simboli e ha valutato l’effetto delle indicazioni sul comportamento dei consumatori. La ricerca è stata condotta in 5 paesi europei – Regno Unito, Germania, Paesi Bassi, Slovenia e Spagna – analizzando per ogni nazione 400 cibi e bevande analcoliche venduti in supermercati, discount e negozi.
Il record delle diciture si trova nei prodotti venduti nel Regno Unito, con il 35% di claim nutrizionali o salutistici, una percentuale decisamente superiore alla media europea. Se invece analizziamo i singoli prodotti dividendoli secondo tre tipologie di claim, in testa ci sono quelli con diciture nutrizionali (21%), seguiti dall’11% di alimenti pubblicizzati come salutistici, mentre la presenza di un ingrediente di rilevanza salutistica come ad esempio le fibre, è segnalata solo nel 4% dei casi.
Se i conti non vi tornano è perché è diffusissimo il fenomeno delle diciture multiple. In media sono due anche se una confezione di dolci detiene il record con 13 scritte, c’è anche un prodotto per l’infanzia con 15 e addirittura 17 claim nutrizionali e salutistici per altri due destinati ai bambini.
Secondo lo studio circa un terzo dei claim sono collegati alla presenza di vitamine e minerali. Questo fatto non stupisce, se consideriamo la recente inchiesta di foodwatch, (organizzazione no profit che si batte per i diritti dei consumatori) che ha messo in luce come l’aggiunta di vitamine e minerali sia fatta per ragioni di marketing. In seconda posizione nella classifica (24%) troviamo informazioni relative ai grassi declinate in vari modi (da “contenuto di grassi inferiore a…” a “contiene omega 3”). A seguire il contenuto in zuccheri (12%) e in fibre (9%).
I ricercatori ricordano che i prodotti con la maggior probabilità di vantare qualche proprietà sono i “cibi per specifici usi dietetici”, una categoria che comprende gli alimenti per la prima infanzia e i pasti sostitutivi con diciture salutistico-nutrizionali nel 90% dei casi. Nel settore dei prodotti di largo consumo troviamo in testa alla classifica i cereali per la prima colazione e le bevande (40% circa dei casi), seguiti da latticini, oli vegetali e pesce.
Se il dato in sé è già interessante, perché permette di farsi un’idea dell’uso dei claim in un contesto europeo, resta da capire in che misura le affermazioni salutistico-nutrizionali influenzino le scelte dei consumatori al momento dell’acquisto. Questo aspetto sarà il focus della seconda parte del progetto. In attesa dei nuovi risultati va detto che se i riscontri saranno significativi le istituzioni europee potrebbero rivedere la politica sino ad ora adottata per i profili nutrizionali.
(Giulia Crepaldi - www.ilfattoalimentare.it)
(*) Eufic (European Food Information Council) è un’organizzazione no profit finanziata dalle principali multinazionali del cibo (Abbott Nutrition, Bunge, Cargill, Cereal Partners, Coca-Cola, Dow Seeds, DSM Nutritional Products Europe Ltd., Ferrero, General Mills, Mondelēz Europe, Mars, Nestlé, PepsiCo, Pinar Et, Tereos, Ülker, Unilever) e dall’Unione Europea
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