Abbiamo vinto. Le aziende alimentari italiane hanno annunciato l’addio all’olio di palma. La petizione lanciata 18 mesi fa su Change.org da Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade contro l’invasione dell’olio tropicale e sostenuta da 176 mila firme, ha raggiunto l’obbiettivo. L’annuncio è arrivato ieri sera dall’Aidepi (associazione delle aziende del settore che raggruppa tutti i marchi famosi come: Ferrero, Mulino Bianco, Bauli…). Poche righe (vedi comunicato)per dire che dopo il parere dell’Autorità per la sicurezza alimentare europea sulla presenza di sostanze cancerogene e genotossiche nell’olio di palma, l’associazione si impegna a “fare, nel più breve tempo possibile, tutte le scelte necessarie per la massima tutela della salute del consumatore…“. Ora nel difficile tentativo di salvare la reputazione Aidepi cerca di offuscare 18 mesi di manovre lobbiste, veline, pareri di dubbio valore scientifico e di fare dimenticare un investimento da 10 milioni di euro in spot e annunci pubblicitari dove si è detto che l’olio di palma è un ingrediente sano, naturale e rispettoso dell’ambiente. Tutto ciò mentre nel Sud-Est asiatico, nell’Africa sub-Sahariana e in America centrale continua la rapina delle terre (land grabbing) a danno delle popolazioni locali, si deforestano migliaia di ettari per lasciare spazio alle coltivazioni, rendendo l’aria irrespirabile e provocando la morte degli oranghi.
C’è di più: le aziende, pur sapendo che gli italiani sono i più grandi consumatori di palma in Europa con 12 grammi al giorno, per anni hanno ignorato i dossier delle Autorità sanitarie francesi, del Belgio e della FDA americana. L’ennesimo documento contro il palma è di 10 giorni fa, ed è firmato dall’Istituto nazionale olandese per la salute pubblica e l’ambiente (RIVM). Nonostante le evidenze scientifiche questi dati sono sfuggiti agli esperti di Aidepi, che ha preferito investire 55 mila euro per invitare direttori di giornali e riviste a pranzo e cena e convincerli che l’olio di palma è buono, sano e amico dell’ambiente. La seconda parte dell’operazione è stato un viaggio premio in Malesia per un folto gruppo di giornalisti che, al loro ritorno, ha scritto (nella maggioranza dei casi) articoli elogiativi. In questi 18 mesi non c’è mai stato un confronto tra le parti. Lo stesso Crea Nut (ex Inran) nella persona di Andrea Ghiselli si è schierato a favore del palma (un parere su cui aleggia il forte sospetto di un conflitto di interessi, vista l’attività di consulente Aidepi svolta per anni dallo stesso Ghiselli). Si è arrivati al paradosso che il parere richiesto dal Ministero della salute all’Istituto Superiore di Sanità nel febbraio 2016, pur evidenziando i rischi del palma per i bambini e adolescenti, è stato distorto dalla maggior parte dei giornali e dai siti con articoli dove il giudizio del l’Istituto Superiore di Sanità appariva allineato con quello dei produttori.
La nostra petizione ha vinto e le aziende hanno cambiato idea per il parere dell’Autorità per la sicurezza alimentare europea, ma anche perché milioni di italiani hanno smesso di comprare biscotti e merendine con olio di palma, e questo cambiamento dei consumi non è passato inosservato. Abbiamo vinto perché la nostra banca dati annovera oltre 700 prodotti palm free e 14 aziende lo hanno eliminato come ingrediente. Questi particolari non sono sfuggiti a The Guardian che ha dedicato ampio spazio alla nostra petizione, dopo aver scoperto che le importazioni in Italia nel 2015 hanno subito una vistosa riduzione.
(Roberto La Pira - www.ilfattoalimentare.it)
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