Il valore di legge di 0,8 per l'acidità è incompatibile con l'assenza completa di difetti organolettici in un olio. Necessario un aggiornamento delle norme e riprendere i lavori, iniziati dal Cra oli e dal Laboratorio chimico merceologico della Camera di Commercio di Firenze, per acquisire informazioni circa le molecole che originano alcuni difetti
E’ ormai noto, non solo agli addetti ai lavori, che numerose sono le analisi chimiche a cui un olio di oliva vergine deve essere sottoposto per la classificazione merceologica e quali sono i valori limite affinché possa essere classificato come extra vergine di oliva. La normativa europea vigente autorizza l’attribuzione di extra verginità ad oli con acidità libera che può arrivare fino a 0.8% in acido oleico ma, contemporaneamente, la valutazione al panel test deve stabilire che il fruttato sia maggiore di zero e, soprattutto, che la mediana del difetto prevalente sia pari a zero. Per andare avanti in questa discussione, mi limito a citare il valore dell’acidità, senza entrare nei dettagli di altri parametri analitici che potrebbero essere di più difficile comprensione a chi non fa di mestiere l’analista!! Ed anche perché il valore dell’acidità di un olio vergine racconta sempre bene il passato dell’oliva e difficilmente tradisce la verità!
Durante i miei anni di lavoro come analista chimico e, come semplice assaggiatore prima, come capo panel poi, ho potuto analizzare ed assaggiare migliaia di oli. Questa esperienza maturata, supportata dal riscontro con altri colleghi esperti assaggiatori, mi ha portato a capire con certezza che quel valore limite di acidità, che nel 1991 fu proposto dalla Comunità Europea all’1%, poi portato a 0.8%, e tutt’oggi lasciato a tale valore, è completamente incompatibile con la richiesta assenza di difetti. Per essere compatibile con l’assenza di difetto, il valore limite di acidità dovrebbe essere quantomeno dimezzato, anche se non sono rari i casi di oli con acidità bassissime (anche minori di 0,2%) ma comunque difettati.
D’altronde noi che abbiamo dedicato parte della nostra carriera ad allenare panel di assaggio, ad armonizzarli ed a farli funzionare per il miglioramento delle produzioni locali, crediamo all’importanza della valutazione sensoriale ai sensi della normativa europea e riteniamo doveroso abbassare il parametro chimico, piuttosto che innalzare il livello di soglia di percezione del difetto (che in altri termine potremo anche esprimere dicendo tapparsi il naso per non sentire).
Credo però che oggi, proprio per riaffermare l’importanza dell’analisi sensoriale nella valutazione della classificazione merceologica, soprattutto finalizzata alla tutela delle produzioni di olio 100% italiano, che ancora oggi, a differenza di DOP/IGP, è regolato dai parametri del Reg.CE 2568/91 smi., l’analisi chimica strumentale potrebbe essere di grande aiuto nell’individuazione delle molecole volatili responsabili delle caratteristiche aromatiche di difetto degli oli e potrebbe essere introdotta a sostegno dell’attività dei panel.
Qualche anno fa, assieme al Cra oli di Pescara, partecipammo ad un progetto denominato AROMOLIO che fu finanziato dalla Regione Toscana tramite i fondi del PSR regionale. Oggetto principale del progetto fu il confronto di più tipologie strumentali, da mettere in relazione all’attività dei panel nell’individuazione delle molecole volatili dei difetti. I risultati furono incoraggianti, e soprattutto le tecniche GC-MS-HS-SPME e DHS-GC-MS, utilizzando metodiche analitiche messe a punto da importanti ricercatori italiani, davano interessanti riscontri.
Oggi la ricerca ha fatto importanti passi avanti su questo tema, soprattutto nel miglioramento delle valutazioni quali-quantitative. Quello che manca, nonostante qualche proposta di validazione sia stata fatta, è una regolamentazione normativa della materia, soprattutto a livello europeo.
Anche gli studi più recenti mostrano che ad oggi è possibile discriminare solo oli privi di difetti da oli di bassissima qualità, anche quando interviene a supporto una corretta e robusta analisi statistica.
Eppure, pur riconoscendo un ruolo di estrema rilevanza ai comitati di assaggio nella definizione delle caratteristiche degli oli vergini, insostituibili soprattutto nella valutazione delle caratteristiche di valorizzazione e di preferenza, in alcune occasioni si potrebbero verificare difficoltà oggettive all’utilizzo del panel, tra queste:
- selezione di numerosi campioni e impossibilità di poter utilizzare il metodo del panel che può eseguire solo un numero limitato di campioni per seduta di assaggio (4, per normativa) per non incorrere in valutazioni errate per stanchezza sensoriale degli assaggiatori. E’ il caso di oleifici/aziende oleicole olearia durante le campagne olearie;
- costi difficilmente sostenibili per la formazione e il mantenimento della performance degli assaggiatori, il cui numero minimo è fissato in otto persone. E’ il caso di oleifici di dimensioni medio/grandi che devono selezionare il prodotto da commercializzare nella corretta classe merceologica;
- non continua o limitata disponibilità, in alcuni momenti dell’anno, da parte dei membri del comitato, costituito generalmente da persone che svolgono altre attività in seno e/o al di fuori dell’azienda.
In questi casi, anche per operare screening iniziali su prodotti di varia provenienza, potrebbe essere molto utile avere a disposizione metodi chimici strumentali che permettano di attribuire la corretta classificazione merceologica agli oli in commercio consentendo alle produzioni agricole di media e piccola entità di buon livello qualitativo - che attualmente devono confrontarsi con i prodotti della grande distribuzione, etichettati spesso impropriamente come extravergini - di entrare nel mercato.
D’altronde, le opportunità che si aprono dagli studi di approfondimento sulle sostanze volatili sono di notevole importanza per il comparto olivo-oleicolo anche da un punto di vista conoscitivo.
Acquisendo informazioni circa le molecole che originano alcuni difetti, è possibile fare ipotesi sui processi chimici e/o enzimatici attraverso cui si formano, soprattutto in riferimento ai microrganismi responsabili di tali reazioni e alle condizioni al contorno (temperature, ph, umidità..) che le favoriscono. In tal modo si avrebbero degli strumenti per poter intervenire nella filiera fino dalla gestione delle olive, con l’obbiettivo di una buona stabilizzazione dell’olio e della riduzione della possibilità di verificarsi di fenomeni di quei fermentazione all’origine dei difetti di riscaldo, avvinato o altro.
Da questi studi sulla componente volatile degli oli di scarsa qualità, è possibile anche ricavare informazioni chiare circa i fenomeni chimici di ossidazione in atto in un olio. Questi, ad oggi, si valutano per normativa attraverso le determinazioni del numero di perossidi e della spettrofotometria UV, ma purtroppo non sempre variano quantitativamente in maniera chiara al progredire dell’irrancidimento. In questo modo forse potranno essere più chiari alcuni elementi relativi alla conservazione dell’olio, che preservino le caratteristiche alla produzione e che consentano di venderlo più a lungo per mantenimento della classificazione merceologica.
Mi auguro pertanto che le attività iniziate alcuni anni fa grazie ai finanziamenti regionali possano essere riprese e possano contribuire a completare un lavoro che ha una grande utilità per definire meglio la classificazione degli oli vergini di oliva, anche a supporto delle valutazioni sensoriali, e quindi a fare chiarezza e trasparenza nel comparto, oltrechè ad aggiungere conoscenze ad un settore che sta perdendo la sua identità.
(Marzia Migliorini - www.teatronaturale.it)
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