Nell’ambito della campagna #unsaccogiusto ideata da Legambiente e dalla rivista La Nuova Ecologia per contrastare la diffusione di bioshopper non conformi alla legge, sono stati prelevati e sottoposti ad analisi presso il CNR di Catania 26 campioni di sacchetti etichettati come biodegradabili e compostabili, provenienti da tutta Italia.
In 22 campioni è stato trovato polietilene, la cui presenza è consentita dalla norma EN 13432 fino a una quantità pari all’1% del peso. Il problema riguarda soprattutto 6 sacchetti che hanno mostrato una presenza di polietilene oltre i limiti di legge (per due delle quali si è superato il valore del 7%). Solo 4 bio-shopper sono risultate completamente privi di polietilene.
È vero che tracce di polietilene possono imputarsi alla contaminazione delle linee, utilizzate anche per altre produzioni, ma non tutti i valori riscontrati sono giustificabili. I risultati non fanno altro che rafforzare una tesi avanzata da Assobioplastiche, già trattata da Il Fatto Alimentare, secondo cui oltre la metà delle buste biodegradabili in circolazione sarebbe illegale.
La campagna promossa dall’associazione ambientalista ha anche lo scopo di denunciare il racket dei finti sacchetti biodegradabili: si stima di un volume pari a circa 40 mila tonnellate di plastica che costa alla filiera una perdita di 160 milioni di euro, 30 solo per evasione fiscale e un aggravio dei costi di smaltimento dei rifiuti quantificato in 50 milioni di euro (vedi tabella sotto). Testimonial d’eccezione, Fortunato Cerlino, alias Pietro Savastano, l’attore che interpreta il superboss della serie Tv Gomorra, che ha prestato la sua immagine per un corto di denuncia.
L’intento della campagna è anche quello di coinvolgere i singoli cittadini che sul sito trovano le indicazioni per riconoscere i sacchetti a norma e possono segnalare le illegalità e gli esercizi dove vengono usate shopper “taroccate”. Il breve filmato è anche dedicato alla storia della CoopVentuno, una piccola start-up di prodotti compostabili situata a Castel Volturno che promuove la legalità in questo settore (i fondatori sono Massimo Noviello e Gennaro del Prete figli di due protagonisti della battaglia contro le cosche).
Federico Del Prete era un sindacalista dei venditori ambulanti ucciso perché aveva denunciato il racket delle shopper illegali, Domenico Noviello era un imprenditore assassinato per aver fatto condannare alcuni emissari del clan dei Casalesi.
Il presidente di Legambiente Rossella Muroni ha detto che: “La legge italiana sulle buste di plastiche è innovativa e straordinaria, tanto da essere diventata esempio in Europa, ma purtroppo il settore è terreno d’azione delle ecomafie che inquinano il mercato legale e impongono i loro prodotti soprattutto negli esercizi commerciali al dettaglio o nei mercati rionali. Produrre fuori legge costa la metà: un chilo di bioplastica costa circa 4 euro, mentre un chilo di materiale in polietilene costa la metà. Sul mercato però vengono venduti allo stesso prezzo, rendendo alla filiera illegale grandi guadagni. Proprio ieri il ministro Galletti insieme alla Guardia di Finanza ha denunciato alcuni sequestri nel sud d’Italia, dimostrando che l’azione di contrasto delle Forze dell’Ordine è la strada maestra per fermare questi odiosi crimini che bloccano il futuro del nostro paese”.
Sulla base dei risultati ottenuti dal CNR, Legambiente ha deciso di segnalare l’episodio all’Antitrust, autorità garante della tutela del mercato e della concorrenza.
(Luca Foltran - www.ilfattoalimentare.it)
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