Bcfn, 89% del consumo deriva da acqua 'invisibile' contenuta nei cibi che mangiamo
Italia maglia nera in Europa per impronta idrica pro capite (il volume totale di acqua dolce utilizzata in tutte le fasi di produzione, definendo questa come acqua “virtuale” o invisibile perché non contenuta direttamente nel prodotto), pari a 2.232 metri cubi di acqua dolce l’anno, preceduta solamente dagli Stati Uniti (con 2.483 metri cubi di acqua) e seguita (a sorpresa) dalla Thailandia (2.223 metri cubi).
È quanto emerge nella seconda edizione di “Eating Planet. Cibo e sostenibilità: costruire il nostro futuro”, il libro del Barilla Center for Food & Nutrition (Fondazione Bcfn), presentato alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Acqua. In media un individuo beve 2 litri d’acqua al giorno e ne consuma fino a 5 litri se si calcola quella utilizzata per cucinare o lavarsi. Eppure, a nostra insaputa, utilizziamo fino a 5mila litri di acqua “virtuale” al giorno per l’alimentazione.
L’impronta idrica globale ammonta a 7.452 miliardi di metri cubi di acqua dolce l’anno, pari a 1.243 metri cubi pro capite, ovvero più del doppio della portata annuale del fiume Mississipi. Per l’Italia, l’acqua “virtuale” contribuisce per l’89% del consumo di acqua giornaliero.
L'acqua “invisibile” si nasconde in quello che mangiamo ogni giorno. Ognuno di noi, infatti, utilizza ogni giorno 2 litri di acqua per bere a cui si somma il consumo d’acqua virtuale per l’alimentazione che varia dai 1500 ai 2600 litri per una dieta vegetariana rispetto ai 4000/ 5.400 di una dieta ricca di carne. Se l’intera popolazione mondiale adottasse la dieta occidentale con una forte presenza di carne, il consumo di acqua per la produzione di cibo aumenterebbe del 75%. Differentemente, si possono risparmiare 2 litri d’acqua al giorno pro capite adottando la Dieta Mediterranea.
“Ad esempio, un hamburger di 150g consuma 2500 litri di acqua mentre un pomodoro circa 13 litri. La differenza nel caso dell’hamburger è il peso della produzione del foraggio per alimentare gli animali che ha un peso complessivo molto elevato", spiega Riccardo Valentini, membro dell’Advisory Board di Bcfn e professore di Ecologia Forestale all’Università della Tuscia.
"In uno scenario di riscaldamento globale - aggiunge - l’acqua, soprattutto per l’Italia, è un bene prezioso. Il 60% delle risorse idriche italiane servono alla nostra agricoltura e gli scenari futuri di fine secolo ci portano a ridurre del 20-40% le risorse idriche disponibili. Quindi una maggiore attenzione all’uso dell’acqua è necessario".
Il nostro pianeta dispone di 1,4 miliardi di chilometri cubi di acqua, ma solo lo 0,001% del totale è effettivamente disponibile per l’utilizzo dell’uomo. Tra agricoltura, industrie e famiglie è il settore agricolo a consumare più acqua, con il 70% del totale. L’industria ne consuma il 22%, il restate 8% è dedicato all’utilizzo domestico.
E il peso dell’agricoltura è ancora più alto, poi, nei Paesi a medio e basso reddito dove il consumo raggiunge il 95%, mentre in quelli sviluppati predomina il consumo per utilizzo industriale (59%). Insomma, l’impatto della produzione alimentare sull’uso di acqua è molto elevato e proprio per questo, se si vuole incidere positivamente e invertire la tendenza dello spreco delle risorse idriche non si può prescindere dal ricorrere a modelli alimentari effettivamente sostenibili, che facciano bene all’uomo ma anche all’ambiente.
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