Nel settore acqua l'Italia appare arretrata rispetto al resto dell'Europa e con molte disuguaglianze tra nord e sud: le perdite nelle reti sono stimate tra il 30-40%, gli acquedotti e le reti fognarie soffrono di vecchiaia, il 24% delle condotte e il 27% della rete fognaria ha più di 50 anni, ed ancora esiste un 8% di condotte in cemento amianto, meno della metà degli impianti di depurazione (45%) assicura un trattamento dei reflui almeno secondario e sul fronte qualità, il 2,2% dei campioni è risultato fuori norma con un 9% sulle isole. Diventa quindi sempre più urgente individuare alcune azioni concrete per favorire la progressiva applicazione dei principi della green economy nei servizi idrici, al di là delle diverse sensibilità e posizioni che, in questi anni, si sono sviluppate su questo tema. Così, la riconversione in verde del pianeta acqua è stato al centro del seminario "I servizi idrici e la sfida della green economy: opportunità e difficoltà nella governance del servizio idrico in Italia", organizzato dal Consiglio Nazionale della Green Economy, in preparazione degli Stati Generali della Green Economy 2016 in programma a Rimini dall'8 al 9 novembre, che è stata l'occasione per fare il punto sulle novità avviate sul fronte della governance istituzionale dei servizi idrici in Italia, dell'impatto del referendum sull'acqua e per discutere delle opportunità e delle difficoltà legate allo sviluppo del settore in linea con i principi della green economy.
Nel documento discusso nel corso del seminario è stato sottolineato come alcune azioni di notevole utilità ai fini di una gestione sostenibile della risorsa idrica siano in forte ritardo, soprattutto in alcune aree del paese. In particolare gli interventi per il contenimento delle perdite negli acquedotti, per l'abbattimento dell'evasione ed elusione della tariffa, per garantire la disponibilità a tutte le utenze civili anche in periodi siccitosi, per il rafforzamento dell'attuale tendenza di riduzione dei consumi e per il riutilizzo delle acque grigie e di quelle depurate, per l'adeguamento delle infrastrutture di approvvigionamento, trattamento, collettamento e depurazione con criteri di razionalità e efficacia, per la riduzione progressiva del numero dei gestori, per garantire che siano correttamente attuate procedure di gestione per la valutazione e la gestione del rischio nella filiera delle acque destinate al consumo umano, con riferimento specifico alle grandi infrastrutture di uso pubblico (water safety plan). "Per garantire insieme alla tutela di questo bene comune di fondamentale interesse pubblico insieme alla disponibilità di acqua in quantità e qualità sufficiente per soddisfare le esigenze dei cittadini e degli utilizzi nei settori produttivi - ha osservato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile - è necessario, mettere in atto un sistema di azioni e strumenti realmente efficaci di tutela e utilizzi sostenibili di questa risorsa con investimenti adeguati e un quadro normativo coerente che potranno permettere di avviare il settore sulla strada della green economy. Un settore che già sta affrontando e dovrà affrontare ancora di più nei prossimi anni gli effetti dei cambiamenti climatici". Per quanto riguarda gli investimenti necessari per "aggiornare" le infrastrutture idriche nazionali, che sono stati stimati in oltre 5 miliardi di euro l'anno, l'Authority nella sua ultima relazione sottolinea che nel periodo 2014-2017 gli investimenti pianificati sono stati pari a circa 5,8 miliardi, più della metà concentrati in 3 Regioni, Lombardia, Lazio e Toscana. Eppure investire nel settore dell'acqua potrebbe avere non solo fare bene all'ambiente, ma anche servire da volano per l'occupazione, secondo l'Onu infatti la forza lavoro impegnata nel settore idrico in Europa è di ben 600.000 unità e negli Usa ciascun posto di lavoro creato a livello locale nel settore idrico comporta la creazione di 3,68 posti di lavoro indiretti nell'economia nazionale.
Il 70% dell'acqua prelevata in Italia serve per l'agricoltura. La nuova PAC promuove un uso sostenibile delle risorse idriche, in linea con i principi economici e ambientali contenuti della Direttiva quadro in materia di acque. Il documento presentato nel corso del seminario avanza alcune proposte operative volte a favorire l'uso sostenibile delle risorse idriche in agricoltura. In particolare individuare nei Piani di gestione dei distretti idrografici, di concerto con la parte agricola, lo stato quantitativo dei corpi d'acqua superficiali e sotterranei; considerare che l'uso dell'acqua va adeguatamente tenuto distinto dalle ipotesi di abuso o di impiego indiscriminato della risorsa e dall'uso per impeghi "voluttuari" sia sul piano della valutazione di eventuali costi che sul piano degli strumenti; assicurare, che alla tariffazione si affianchino sistemi complementari, come ad esempio la promozione di pratiche e di strumenti volti al risparmio idrico, alla riduzione delle perdite nella distribuzione o campagne di educazione ed informazione del pubblico; impiegare i finanziamenti ed i fondi disponibili per attuare l'efficienza idrica in agricoltura, favorendo la diffusione delle migliori innovazioni tecnologiche; intervenire sulla contribuzione degli utenti dei Consorzi di bonifica, sistema ancora molto squilibrato, tanto che ad esempio sulla contribuzione totale, da dati ANBI, risulta che il Settentrione partecipa per il 72%, il Centro per il 3% e il Meridione per il 25%. Il collegato ambientale, Legge 221/2015, ha introdotto alcune novità in senso solidaristico, nella gestione della risorsa idrica In particolare il Fondo di garanzia delle opere idriche per sostenere gli investimenti; la perequazione tariffaria inter-ambito per compensare gli scostamenti che non dipendono da elementi di efficienza e la Tariffa sociale del Servizio idrico Integrato, una forma di sostegno economico per le situazioni di difficoltà che secondo la direzione intrapresa nel decreto attuativo dovrebbe definire il quantitativo minimo vitale necessario al soddisfacimento dei bisogni essenziali in 50 litri per abitante al giorno con la previsione di un bonus acqua corrispondente a questo minimo vitale. Un impatto su tutto il settore è previsto inoltre dal Codice degli appalti approvato da poco. Inoltre un decreto del ministero dell'ambiente dello scorso anno ha fissato linee guida per l'applicazione del principio del recupero dei costi ambientali e della risorsa idrica nei servizi idrici. "La green economy - ha concluso Gianni Squitieri, membro del gruppo di lavoro Risorse idriche del Consiglio generale della Green economy - qualsiasi siano le sensibilità e le posizioni in gioco, appare come l'unica via di uscita per questo settore". (www.agi.it)
aprire la strada per gli altri settori”. (Francesco Moroni
- www.lastampa.it)
ASA Press / Le notizie di oggi