I biocarburanti di prima generazione riducono l’utilizzo del petrolio, ma tolgono cibo che potrebbe sfamare un terzo delle persone malnutrite nel mondo. L’allarme per l’utilizzo di prodotti alimentari per realizzare carburanti “bio” è stato lanciato da alcuni ricercatori del Politecnico di Milano. Secondo il loro studio, pubblicato su Scientific Reports, nel 2013 per i biocombustibili sono stati utilizzati il 4 per cento delle terre agricole e il 3 per cento dell’acqua dolce dedicata alla produzione di cibo: un quantitativo di risorse naturali, se impiegato per l’agricoltura, sufficiente a dar da mangiare a 280 milioni di persone.
A colpire è il fatto che alcune delle materie prime per questi biocarburanti di prima generazione “potrebbero essere usate direttamente a scopo alimentare”, ha detto all’Ansa Maria Cristina Rulli del Politecnico, tra gli autori dello studio. “La ricerca sta andando avanti sui biocombustibili di seconda generazione in cui si usano prodotti secondari”, come scarti della produzione agricola e oli esausti, “e anche di terza generazione, in cui si impiegano le alghe”. Tali soluzioni puntano a “diminuire la competizione tra energia e cibo, ma servirà del tempo prima riescano a produrre la stessa quantità di biocombustibili di prima generazione prodotta oggi”.
Nel 2013 sono state bruciate 65 milioni di tonnellate di bioetanolo e 21 milioni di tonnellate di biodiesel a livello globale. Alla loro produzione sono stati destinati 41,3 milioni di ettari di campi e 216 miliardi di metri cubici d’acqua. L’Italia è il quinto consumatore mondiale – dopo Usa, Brasile, Francia e Germania – di biodiesel, cui ha dedicato 1,25 milioni di ettari di terreno e 4,3 miliardi di metri cubici d’acqua. Il bioetanolo italiano ha invece comportato l’uso di 39mila ettari di campi e 229 milioni di metri cubici d’acqua. Il bioetanolo è prodotto dalla fermentazione di canna da zucchero e mais, cui seguono grano, barbabietola da zucchero e sorgo. Le risorse agricole che impiega potrebbero essere usate per coltivare cibo per 200 milioni di persone. Il biodiesel è invece ricavato chimicamente da olio di palma, soia e colza.
Se la produzione di biocombustibili aumentasse, come si prevede, fino a rappresentare il 10 per cento di tutti i carburanti usati nel settore dei trasporti, il Pianeta potrebbe rispondere alla domanda alimentare solo di 6,7 miliardi di persone, a fronte di una popolazione mondiale attuale di 7,4 miliardi. Ci sarebbe cioè un deficit di cibo per 700 milioni di persone. Una situazione destinata a peggiorare col crescere degli abitanti della Terra, che dovrebbero raggiungere i nove miliardi già entro la metà di questo secolo. (http://stradafacendo.tgcom24.it)
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