È assodato che la Russia abbia sorpassato Stati Uniti e Canada nella classifica dei maggiori esportatori di grano, se è stato lo stesso Wall Street Journal a riconoscerlo ieri. L' araldo della borsa scriveva che «quest' anno la Russia esporterà 23,5 milioni di tonnellate di frumento, contro i 21,8 milioni degli Usa e i 20 milioni del Canada». Per il giornale economico «è il livello più basso delle esportazioni cerealicole dei due paesi nordamericani negli ultimi 44 anni». Sorpasso dovuto all' intreccio fra tassi di cambio sfavorevoli a Washington, col dollaro troppo forte per le esportazioni, e i bassi prezzi del petrolio, che favoriscono più i contadini russi. A riprova, il WSJ scomoda fior di esperti come Chad Hart, analista dei mercati granari: «Il dollaro pesa oggi sui contadini americani come mai finora, mentre i russi sono riusciti a bilanciare i prezzi e farsi largo in mercati finora dominati da America ed Unione Europea». E per Michael McDougall direttore del settore agricolo dei fondi Societé Generale SA di New York: «Gli Usa sono destinati a perdere ulteriori sbocchi di mercato e dovranno importare più cibo straniero».
Poche ore dopo l' uscita del giornale, da Mosca il ministro dell' Agricoltura, Alexander Tkachev, ha leggermente ritoccato la cifra, parlando di "22 milioni di tonnellate", ma la sostanza non cambia. Il ministro russo ha confermato che, se fila liscio il piano di finanziamento straordinario agli agricoltori, la Russia dovrebbe rendersi autarchica, nelle colture principali, entro il 2020. Pare superato il contraccolpo del 2014 dovuto alle sanzioni occidentali, a cui il Cremlino reagì subito stanziando 13 miliardi di euro di aiuti per gli 800.000 imprenditori agricoli russi. Oltre a facilitazioni, come, dal 1° ottobre 2015, il drastico taglio delle tasse sul grano esportato, da 50 a soli 10 rubli la tonnellata. Chi controlla il grano controlla la fame altrui. In effetti la preminenza americana nel mercato cerealicolo mondiale è sempre stata, durante il Novecento, uno dei pilastri di Washington.
Perfino le primavere arabe del 2011 furono in parte innescate dalle turbolenze nei prezzi granari iniziate fin dall' estate del 2010 e vitali per tutti i Paesi del Maghreb. Nel settore spicca soprattutto la multinazionale USA Cargill, con sede a Minneapolis, che da sola fattura 130 miliardi di dollari l' anno, e che negli anni della Guerra Fredda vendeva frumento persino all' Unione Sovietica di Breznev e Andropov. Ma la Russia è stata in grado nel 2015 di espandere le sue forniture di cereali verso Iran, Egitto e Cina, per citare solo alcuni Paesi, ritrovando almeno in parte quel ruolo di "granaio del mondo" che ebbe per duemila anni, quando nel Mar Nero si riempirono le stive, via via, triremi greche e bastimenti genovesi. Finché Stalin decise nel 1927 di privilegiare l' industria pesante.
(Mirko Molteni - www.liberoquotidiano.it)
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