Celebre per aver creato i rinomati vini che portano il suo nome, Luigi Manzoni fu pioniere della ricerca genetica in ambito enologico. Il percorso museale, nato per volontà di un gruppo di insegnanti e col contributo di centinaia di ex studenti, parla di storia naturale ma anche di innovazione nella fotografia. Alla cerimonia si degusterà l’Imbriago da Monovitigno Manzoni Bianco nato dalla collaborazione tra Latteria Soligo e Scuola Enologica Cerletti, Medaglia d’Oro a Cibus 2016.
Nasce dalla caparbia volontà di un gruppo di insegnanti e dal sostegno corale di aziende, enti pubblici, ma anche di piccoli e grandi contributi economici di centinaia di ex allievi della Scuola Enologica Cerletti, il Museo Luigi Manzoni che sabato 14 Maggio sarà inaugurato dopo un convegno che ripercorrerà “L’eredità scientifica del Prof.Luigi Manzoni”, illustre scienziato che per quasi 50 anni lavorò a Conegliano (1912-1958) e fu preside della più antica scuola enologica d’Italia.
“Nell’ambito di un lavoro di catalogazione iniziato alcuni anni fa, ci siamo imbattuti in alcuni tesori nascosti nei magazzini e nei laboratori della nostra antica scuola – spiega Giuliano Mocchi che con la collega Beatrice Raco, affiancati dal Prof.Giovanni Follador hanno curato la raccolta – pezzi di macchine fotografiche dei primi del ‘900, microscopi, vetrini originali, collezioni botaniche vastissime. Un materiale prezioso poiché testimonia la visione pionieristica di Luigi Manzoni nella conduzione delle sue ricerche”. Fino a quegli anni infatti, lo studio e la didattica della botanica si erano sviluppati attraverso il disegno. Manzoni intuisce le straordinarie potenzialità della fotografia applicata alla scienza e progetta e si fa costruire da artigiani locali nuove strumentazioni. “Come un banco ottico lungo più di due metri, visibile nel museo, grazie al quale le immagini visualizzate al microscopio – aggiunge il Prof. Mochi – potevano essere trasformate in fotografie”. Uno straordinario balzo in avanti per la scienza naturale che Manzoni applica anzitutto allo studio degli apparati radicali delle piante di vite: tra i suoi studi infatti vi sono ricerche dedicati ai fabbisogni idrici dei vigneti. Il suo obiettivo, che culminò nella genetica, era infatti di realizzare vigneti più resistenti, senza rinunciare però alla personalità di un grande vino. Fu così che nacquero i celebri Incroci Manzoni, il più apprezzato forse il Bianco 6.0.13, frutto dell’incrocio di Riesling Ramato e Pinot Bianco.
Sabato la giornata dedicata a questo straordinario personaggio della viticoltura internazionale inizierà alle 10 con l’apertura del convegno. Alle 12 il taglio del nastro del museo, dalle 12,30 alle 18 la scuola mette a disposizione visite guidate gratuite. Non mancherà la degustazione anche dell’Imbriago da Monovitigno Manzoni Bianco 6.0.13 di Latteria Soligo, tra i sostenitori del museo. Una doppia festa per Soligo: il suo formaggio nato in collaborazione con la Scuola Enologica, è salito proprio ieri nell’Olimpo caseario nazionale grazie alla Medaglia d’Oro conquistata ad Alma Caseus 2016, il più prestigioso concorso nazionale dedicato al patrimonio caseario italiano. L’Imbriago di Soligo, tra oltre 400 iscritti, l’ha spuntata nella categoria più “affollata”, quella dei formaggi a latte vaccino. “Siamo particolarmente lieti – afferma il presidente Lorenzo Brugnera - di un successo che porta impressa la storia del nostro territorio e delle sue straordinarie competenze in ambito agroalimentare. Rendiamo omaggio nel migliore dei modi alla figura del grande agronomo Luigi Manzoni. Questo formaggio è la miglior sintesi di due eccellenze: da un lato l’arte casearia della cooperativa Soligo nata nel 1883, dall’altro la competenza in ambito enologico testimoniata da 140 anni dall’Istituto di Conegliano. Entrambi uniti dal medesimo scopo la promozione economica e culturale del territorio, partendo dal settore primario”. L’Imbriago di Monovitigno Manzoni nasce dal latte di stalle selezionate della provincia di Treviso, realizzato da sapienti mastri casari in collaborazione con esperti affinatori, nello stabilimento di Mareno di Piave. Proprio grazie all’affinatura in vinacce e vino e alla stagionatura di 120 giorni, questo formaggio si caratterizza per il sapore deciso, aromatico, con una chiara percezione del vino utilizzato.
Lara Santi
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