L’Italia è sempre più verde: cresce, infatti, progressivamente negli ultimi due decenni, con un incremento medio annuo netto di oltre 28.000 ettari, la superficie forestale nazionale, che ha ormai raggiunto 11 milioni di ettari. I boschi ricoprono oltre un terzo del territorio nazionale (36%), pari al 5% della superficie forestale europea. Questa è la fotografia rilasciata dal CREA in occasione della Giornata mondiale dei Boschi.
L’avanzata del bosco, però, non risulta essere il frutto di un’attività di pianificazione e gestione del patrimonio forestale e territoriale (solo nel 15% dei casi le proprietà forestali hanno un piano di gestione), e tanto meno di una attenta e diffusa sensibilità ambientale. Si tratta, invece, secondo i ricercatori del CREA (Centro di ricerca per le Politiche e la Bioeconomia; Centro di ricerca per le Foreste e il Legno), di una sua espansione naturale, dovuta al progressivo abbandono delle attività agro-pastorali, soprattutto nelle aree rurali e montane, dove si trova la maggior parte del patrimonio forestale nazionale. Soltanto 1.700 ettari all’anno, infatti, sono dovuti a rimboschimento ad opera dell’uomo.
Tale espansione “naturale”, e quindi incontrollata, può essere dannosa non solo per gli stessi boschi, con il rischio di incendi (nel solo 2014 sono stati percorsi dal fuoco oltre 17.320 ettari di bosco), attacchi di parassiti o bufere di vento ma anche per l’assetto idrogeologico del territorio, per l’incolumità pubblica nonché per la conservazione del paesaggio e della biodiversità.
La gestione sostenibile è un processo colturale e culturale che accompagna lo sviluppo di una risorsa e ne valorizza i beni economici e i servizi ecosistemici. Tale attività in Italia in coerenza con gli indirizzi internazionali rispetta norme molto restrittive in particolare per il prelievo di legname: l’87% dei boschi italiani è soggetto a vincolo idrogeologico, il 100% a vincolo paesaggistico e circa un terzo a quello naturalistico (boschi in aree protette e in siti Natura 2000).
Il patrimonio forestale nazionale costituisce non solo un bene ambientale e paesaggistico unico in Europa ma presenta anche potenziale economico inespresso e sottoutilizzato. I boschi italiani oltre a poter essere la base per lo sviluppo di bioeconomie locali legate ai suoi servizi ambientali e sociali, contengono anche oltre 1,2 miliardi di metri cubi di legno, con un aumento annuale di massa legnosa di oltre 36 milioni di metri cubi. Di questi ogni anno vengono tagliati oltre 10 milioni di m3 (il 35% dell'incremento annuale dei boschi utilizzabili), contro una media europea di oltre il 60%.
Complessivamente le attività connesse alla filiera del legno (produzione, trasformazione industriale, fino alla commercializzazione), coinvolgono circa 80.000 imprese, per oltre 500.000 unità lavorative. L’Italia è anche però la prima importatrice in Europa di legname da opera e la prima al mondo di legna da ardere. Nonostante la dipendenza dall’estero di materie prime legnose (l'Italia importa più dell'80% del materiale legnoso che utilizza), la filiera nazionale del legno-arredo garantisce un saldo commerciale positivo. Con il 15% delle imprese è il secondo settore dell’industria manifatturiera italiana e il volume d’affari complessivo è di oltre 30 miliardi di euro.
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