AZIENDE E PRODOTTI
Valpolicella, territorio in salute che guarda al futuro

Un vino “global e local” l’Amarone della Valpolicella, nettare ambasciatore di un territorio a cui porta oltre 315 milioni di euro sui 550 di fatturato vinicolo complessivo, con una bottiglia su 6 che finisce nelle tavole del mondo, ma più di una su 10 venduta direttamente in azienda. È uno dei messaggi di “Anteprima Amarone 2012”, nei giorni scorsi a Verona, con il Consorzio dei Vini della Valpolicella, nel convegno moderato dal giornalista de “Il Fatto Quotidiano” Andrea Scanzi (grande conoscitore ed appassionato di vino, ndr).

Un vino importante, l’Amarone, posizionato verso l’alto, tanto che i mercati stranieri top sono quelli più maturi per i grandi vini rossi, come Stati Uniti, Canada e Nord Europa, ha spiegato Denis Pantini di Wine Monitor-Nomisma, e che in Italia è distribuito soprattutto in horeca, visto che “al dato del 25% specifico del canale - spiega Pantini - va di fatto aggiunto il 32% in mano ai grossisti che riforniscono ristoranti ed enoteche”. Un vino ormai “icona”, lo definisce il presidente del Consorzio Christian Marchesini, che deve valorizzare ancora di più le sue unicità “come il metodo dell’appassimento, e saper raccogliere le sfide del futuro, a partire da un investimento in credibilità importante come abbiamo fatto riducendo di molto le rese in una annata difficile come la 2014, ma anche con lo strumento che abbiamo messo in piedi con la Banca Popolare di Verona per consentire ai produttori di tenere l’Amarone, un vino da grande invecchiamento, in cantina più tempo di quanto previsto dal disciplinare prima di farlo uscire sul mercato”.

Un territorio in salute, la Valpolicella, che guarda con attenzione a quanto succederà il 3 febbraio, quando è fissata al Tribunale delle Imprese di Venezia l’udienza sull’opposizione del Consorzio al tentativo di registrazione in sede Ue, e all’utilizzo tout court, del termine “Amarone” da parte della Famiglie dell’Amarone d’Arte, 12 aziende storiche con molti tra i marchi più importanti (Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi Agricola, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Venturini e Zenato) che potrebbe, in qualche modo, scrivere un precedente significativo sul tema della tutela dei “marchi collettivi” del vino italiano. (www.winenews.it)



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