Auguri Dieta Mediterranea! Cinque anni fa, a Nairobi in Kenya, l’UNESCO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura) iscrisse alle liste del patrimonio culturale immateriale dell’umanità la Dieta Mediterranea dopo la quinta sessione del Comitato Intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell’umanità, riunitasi il 15 novembre 2010. Proprio oggi a Napoli si svolge il convegno di “Studi Dieta Mediterranea UNESCO, un patrimonio responsabile. Innovazione identità e contraffazione”.
La storia della Dieta Mediterranea
La sua vera nascita risale a quando il biologo, fisiologo e nutrizionista statunitense Ancel Keys con sua moglie giunsero nel 1945 a Salerno. Qui iniziò un percorso di scoperta e studio di un modello alimentare comune ai paesi del Mediterraneo e in grado di garantire cibo, salute e longevità ai suoi consumatori.
L’UNESCO la definisce “un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, includendo le colture, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in particolare, il consumo di cibo”. Non solo quindi un elenco di cibi. Ma un modello nutrizionale costituito principalmente da “olio di oliva, cereali, frutta fresca o secca, e verdure, una moderata quantità di pesce, latticini e carne, e molti condimenti e spezie, il tutto accompagnato da vino o infusi, sempre in rispetto delle tradizioni di ogni comunità”.
Tuttavia, la Dieta Mediterranea è molto più che un semplice alimento. Non a caso Dieta dal greco significa stile di vita. “Essa promuove l’interazione sociale – precisa l’UNESCO – poiché il pasto in comune è alla base dei costumi sociali e delle festività condivise da una data comunità, e ha dato luogo a un notevole corpus di conoscenze, canzoni, massime, racconti e leggende. La Dieta si fonda nel rispetto per il territorio e la biodiversità, e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri collegati alla pesca e all’agricoltura nelle comunità del Mediterraneo”.
La Piramide della Dieta Mediterranea e il ricordo del prof. Cannella
Vale la pena ricordare che nel 2009 nacque la Piramide della Dieta Mediterranea dopo che scienziati ed esponenti di istituzioni internazionali presenti alla III Conferenza Internazionale del Ciiscam, tenutasi a Parma si confrontarono sull’evoluzione della dieta. Nel 2009, l’allora presidente dell’Inran(Istituto Nazionale per la Ricerca degli Alimenti e la Nutrizione), il professor Carlo Cannella, sottolineò: “E’ la prima volta che, alla base di una piramide, vi sono cereali, verdura e frutta, cioè alimenti di origine vegetale. Ed è la prima volta che la piramide MD viene strutturata con gli alimenti che compongono un pasto principale alla base e, via via a salire, gli altri alimenti necessari a completare il pasto, distribuiti, a seconda che la frequenza di consumo consigliata sia giornaliera o settimanale”.
“E’ una dieta mediterranea rivisitata all’insegna della modernità e del benessere, senza trascurare però le diverse tradizioni culturali e religiose e le differenti identità nazionali. La nuova piramide – concluse il prof. Cannella – può davvero rappresentare una macro-struttura in grado di adattarsi alle esigenze attuali delle popolazioni mediterranee, nel rispetto di tutte le varianti locali della Dieta Mediterranea”.
Un convegno a Napoli di celebrazione
Proprio il 16 novembre a Napoli si è svolto il convegno di “Studi Dieta Mediterranea UNESCO, un patrimonio responsabile. Innovazione identità e contraffazione”, presso l’Università “Suor Orsola Benincasa” (Biblioteca Pagliara, Corso Vittorio Emanuele 292, ore 9.30 alle 18.30).
L’evento rappresenta una delle tappe della quattro giorni di festeggiamenti che sono cominciate a Pollica, nel Cilento, nelle serate di venerdì 13 e sabato 14 novembre 2015, continuando nel pomeriggio di domenica 15 novembre, per poi concludersi a Napoli.
Il patrimonio agroalimentare del Mezzogiorno d’Italia, e in particolare campano, rappresenta un elemento importante della cultura gastronomica italiana, unica al mondo per qualità ed assortimento. Come conseguenza di questa popolarità, è cresciuta via via negli anni un’economia parallela che, sottraendo quote di mercato ai prodotti tutelati, causa notevoli danni alle aziende italiane. L’Italian Sounding, ovvero l’utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia per promozionare e commercializzare prodotti non italiani, rappresenta la forma più eclatante di concorrenza sleale e truffa nei confronti dei consumatori, soprattutto nel settore agroalimentare.
Per questi motivi, una delle due sessioni parallele organizzate nell’ambito del Convegno, presieduta da Vittoria Ferrandino, Professore di Storia economica e di Storia dell’impresa dell’Università degli Studi del Sannio, sarà dedicata a Contraffazioni, imitazioni e Italian sounding .
(A cura di Silvia Biasotto - www.helpconsumatori.it)
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