SALUTE E BENESSERE
Bambini e fast food: la proposta soft di New York per limitare l’epidemia di obesità, limitando grassi, sodio e calorie

Benjamin Kallos, membro del consiglio locale di New York, vuole disciplinare i pasti per bambini serviti nei fast food. L’obiettivo è regolamentare in maniera più rigida l’erogazione dei pasti e per fare ciò ha invitato le multinazionali a proporre un Happy Meal “salutare”: con un  frutto, un piatto a base di verdura o una porzione di cereali integrali ad accompagnare il panino. La proposta è inserita in un disegno di legge all’esame del consiglio comunale.

L’idea è quella di condurre la popolazione – specialmente infantile – verso un consumo più consapevole e obbligare le catene a muoversi entro spazi delimitati, piuttosto che imporre divieti. Nonostante le linee guida redatte dall’American Academy of Pediatrics raccomandino prudenza coi cibi ricchi di grassi, zuccheri e sale, l’avvocato statunitense è partito da un approccio più “morbido”: che probabilmente non risolverà il problema dell’obesità, ma che rappresenta un’ulteriore ipotesi al vaglio nella lotta ai chili in eccesso. Da qui la decisione di alcuni ricercatori dell’università di New York di esaminare in un documento pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine le possibili ricadute in termini di salute pubblica. Il loro lavoro è partito dall’analisi degli apporti energetici garantiti da 422 acquisti effettuati – tra il 2013 e il 2014, gli stessi raccolti e utilizzati in uno studio apparso su Obesity – in alcuni punti vendita Burger King, McDonald’s e Wendy. Risultato? Al termine di un pasto in un fast food statunitense, in media, i bambini acquisiscono seicento chilocalorie – il 36% delle quali provenienti da grassi, rispetto al 25% raccomandato all’interno di una dieta mediterranea – e 869 milligrammi di sodio. Oltre il 98% dei pasti non soddisfa le indicazioni delineate nella proposta di legge. Il 51% di essi supera i limiti energetici. Il 55% quelli relativi al sodio. Il 78% le indicazioni sui grassi e il 14% quelle specifiche sui grassi saturi.

Partendo da queste considerazioni, è l’opinione degli scienziati, anche l’ipotesi lanciata da Kallos può tornare utile. «L’associazione di una porzione di frutta, verdura o cereali integrali  a un menù accompagnato da un giocattolo può indurre i bambini a consumare anche gli alimenti più salutari». La proposta prevede una piccola rettifica nella composizione del pasto: che non dovrebbe apportare più di cinquecento chilocalorie, seicento milligrammi di sodio, e  solo il 35% di grassi rispetto all’intake energetico complessivo (tetto fissato al 10% per quelli saturi). Secondo gli esperti queste due modifiche garantirebbero un miglioramento della qualità complessiva dei pasti consumati nei fast food. «Si tratta di piccoli passi mirati ad assicurarsi un  certo impatto nel tempo sulla salute pubblica – afferma Brian Elbel, docente di salute della popolazione e politiche sanitarie alla New York University, tra gli autori della ricerca -. Nessuna misura presa da sola è in grado di eliminare la piaga dell’obesità infantile. L’approvazione del disegno di legge rappresenterebbe un passo nella giusta direzione».

In realtà, però, restrizioni più radicali risultano già adottate in Cile, dove l’alleanza tra comunità scientifica e società civile ha portato al divieto – già dal 2012 – di abbinare i giocattoli per i bambini (leggi articolo) ai menù dei fast food (provvedimento esteso anche ai produttori di cereali per la prima colazione e gelati). In Malesia, invece, vige il veto per le catene di fast food di farsi pubblicità – e di sponsorizzare altri programmi – sul piccolo schermo. Dopo l’estate, però, gli Stati Uniti ripartono da una proposta “soft”. La lotta all’obesità infantile si gioca senza esclusione di colpi. (Fabio Di Todaro - www.ilfattoalimentare.it)

 




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