QUALITA'
Negoziati TTIP
Lo scoglio restano le indicazioni geografiche protette
Il Ttip (Transatlantic Trade and Investment Partnership) continua a essere un tema di grande attualità. Nell’ultima newsletter di Clal.it Leo Bertozzi fa un’analisi dell’avanzamento dei negoziati e scrive che “una delle aree di disaccordo fra Unione Europea e Stati Uniti riguarda le indicazioni geografiche protette nella Ue come Dop, Igp, Stg. Negli Usa la protezione di questi prodotti ha natura di proprietà privata e ricade nel regime generale dei marchi di certificazione stabiliti dal Lenham Act del 1946. Gli operatori statunitensi ritengono che molte delle Ig europee possano essere ottenute altrove, replicando tecniche e tecnologie produttive. Sostengono poi che denominazioni quali Asiago, Parmesan, Feta o Gouda, sono da tempo divenute dei nomi generici che in alcuni casi sono anche stati registrati come marchi. Di conseguenza – continua Bertozzi – un loro eventuale divieto d’uso avrebbe ripercussioni gravi per la produzione e il commercio e impedirebbe ai consumatori di trovare sufficienti quantità di questi formaggi, essendo la domanda superiore alla quantità prodotta nei Paesi d’origine: una posizione, questa, sostenuta in particolare dal Consortium for Common Food Names. Sembra però che il clima stia cambiando a causa di almeno cinque buone ragioni. La prima è che la protezione dei prodotti d’origine geografica comincia ad avere il sostegno delle imprese, come dimostrano la protezione dei vini nella Napa Valley in California e le patate in Idaho. La seconda – riflette ancora Bertozzi – è che gli Usa continuano a negoziare accordi commerciali bilaterali e regionali con Paesi che offrono protezione alle indicazioni geografiche. La terza riguarda il riconoscimento delle Ig che permetterebbe di valorizzare i prodotti d’origine Usa ed esportarli su nuovi mercati, tutelandoli. La quarta coinvolge i consumatori, che sarebbero garantiti sulla vera origine del prodotto acquistato e la quinta eviterebbe la perdita d’immagine per le ricorrenti denunce e prese di posizione da parte di imprese e Paesi europei”. Leo Bertozzi conclude la sua analisi affermando che “i negoziati Ttip possono portare a una riduzione delle differenze commerciali fra le due grandi realtà atlantiche e gli Usa potrebbero fare lo sforzo di superare l’ostacolo, loro, delle indicazioni geografiche. Dipende però cosa ottengono in cambio. La logica latina del do ut des è sempre valida”.
Lo scoglio restano le indicazioni geografiche protette
Il Ttip (Transatlantic Trade and Investment Partnership) continua a essere un tema di grande attualità. Nell’ultima newsletter di Clal.it Leo Bertozzi fa un’analisi dell’avanzamento dei negoziati e scrive che “una delle aree di disaccordo fra Unione Europea e Stati Uniti riguarda le indicazioni geografiche protette nella Ue come Dop, Igp, Stg. Negli Usa la protezione di questi prodotti ha natura di proprietà privata e ricade nel regime generale dei marchi di certificazione stabiliti dal Lenham Act del 1946. Gli operatori statunitensi ritengono che molte delle Ig europee possano essere ottenute altrove, replicando tecniche e tecnologie produttive. Sostengono poi che denominazioni quali Asiago, Parmesan, Feta o Gouda, sono da tempo divenute dei nomi generici che in alcuni casi sono anche stati registrati come marchi. Di conseguenza – continua Bertozzi – un loro eventuale divieto d’uso avrebbe ripercussioni gravi per la produzione e il commercio e impedirebbe ai consumatori di trovare sufficienti quantità di questi formaggi, essendo la domanda superiore alla quantità prodotta nei Paesi d’origine: una posizione, questa, sostenuta in particolare dal Consortium for Common Food Names. Sembra però che il clima stia cambiando a causa di almeno cinque buone ragioni. La prima è che la protezione dei prodotti d’origine geografica comincia ad avere il sostegno delle imprese, come dimostrano la protezione dei vini nella Napa Valley in California e le patate in Idaho. La seconda – riflette ancora Bertozzi – è che gli Usa continuano a negoziare accordi commerciali bilaterali e regionali con Paesi che offrono protezione alle indicazioni geografiche. La terza riguarda il riconoscimento delle Ig che permetterebbe di valorizzare i prodotti d’origine Usa ed esportarli su nuovi mercati, tutelandoli. La quarta coinvolge i consumatori, che sarebbero garantiti sulla vera origine del prodotto acquistato e la quinta eviterebbe la perdita d’immagine per le ricorrenti denunce e prese di posizione da parte di imprese e Paesi europei”. Leo Bertozzi conclude la sua analisi affermando che “i negoziati Ttip possono portare a una riduzione delle differenze commerciali fra le due grandi realtà atlantiche e gli Usa potrebbero fare lo sforzo di superare l’ostacolo, loro, delle indicazioni geografiche. Dipende però cosa ottengono in cambio. La logica latina del do ut des è sempre valida”.
Paolo Bodini
Responsabile Ufficio Comunicazione ed Eventi di CremonaFiere
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