Il nuovo rapporto della Fondazione per lo sviluppo sostenibile fa il punto sull’economia verde italiana: le aziende crescono ed esportano di più. Bene l’efficientamento, male la mobilità
Esportano di più, hanno resistito alla crisi, vincono sul fatturato e sfoderano migliori prospettive per il 2016. Sono guidate perlopiù da ultraquarantenni e hanno una forte componente femminile, superiore agli altri settori. Questo solo un parziale identikit delle imprese italiane attive nel macrocosmo della green economy così come esce dall’ultima relazione presentata stamattina dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile nel corso degli stati generali del settore a Ecomondo, la grande rassegna delle tecnologie verdi in corso alla fiera di Rimini fino al 6 novembre.
Agricoltura, industria, edilizia, servizi, commercio. Nessun ambito è ormai immune all’onda green che ben oltre le mode, come hanno di recente testimoniato anche altre indagini, è un capitolo consolidato dell’industria, e spesso dell’eccellenza, italiana. Il 42% delle imprese italiane è infatti così classificabile: il 27,5% appartiene al mondo core green, quello cioè di chi produce beni di qualità ecologica e servizi ambientali, l’altro 14,5% a quello go green, che ha cioè adottato modelli di gestione di questo genere come misure per la riduzione di rifiuti, per limitare gli incidenti o puntare su prodotti di qualità.
Basta d’altronde fare un giro nell’enorme area espositiva per rendersene conto. Si va dal riciclo e dalla valorizzazione (basti pensare alla vicentina Eurven che presenta il primo raccoglitore automatico di oli da cucina esausti per le città) alla chimica verde, col lavoro del Consorzio italiano compostatori sul biometano (a proposito, c’è anche una DeLorean DMC-12 green spinta, proprio come nel secondo capitolo di Ritorno al futuro, dal biocarburante ottenuto dalla frazione organica dei rifiuti) alle multinazionali come Toyota, che svela per la prima volta in Italia la nuova Prius, capostipite delle vetture ibride.
Entrando nel dettaglio, l’economia verde è forte nell’industria (440mila imprese), nell’edilizia (più di 500mila imprese), nell’agricoltura (1,4 milioni di imprese), nel commercio e nel turismo (1,4 milioni di imprese) e ovviamente nei servizi (1,6 milioni). Sono principalmente srl, spa o ditte individuali, l’86,5% è di piccole dimensioni e, contrariamente alle rilevazioni del passato, l’imprenditore green si colloca nella fascia fra i 40 e i 59 anni. Oltre il 21% di questo enorme universo di aziende ha visto aumentare il fatturato nel 2014 (contro il 10,2% delle imprese non green).
“Dalla relazione emerge che le imprese green sono ormai una parte decisiva e qualificante dell’economia italiana – ha detto l’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – non mancano tuttavia le difficoltà, come nelle fonti rinnovabili. Ma le imprese di questo genere restano la parte più dinamica del sistema produttivo italiano, le uniche in grado di qualificare, rendere consistente e duratura la ripresa anche economica del Paese“.
Quanto agli specifici settori, il taglio retroattivo degli incentivi alle energie rinnovabili ha prodotto anche nel 2014 un crollo del 71% degli investimenti con un fortissimo calo nei livelli occupazionali. Bilanciato tuttavia da altri ambiti come l’efficienza energetica (40mila addetti diretti ogni anno, 60mila con l’indotto, fra 2006 e 2013 grazie ai bonus per la riqualificazione). Piccolo boom anche nelle due ruote, basti pensare al turismo ciclabile.
“Quando parliamo di green economy non dobbiamo mai dimenticarne l’obiettivo: assicurare energia, risorse e cibo a 7 miliardi di persone che abitano il pianeta – ha detto Gian Luca Galletti, ministro dell’Ambiente – parliamo di garantire uno sviluppo che non aggravi i cambiamenti climatici. Questo lo scenario ma oggi il comparto verde è ovviamente anche una grande leva industriale: i Paesi che arriveranno per primi sull’economia circolare saranno più competitivi“.
Fra le altre tendenze segnalate nelle 72 pagine della relazione la riduzione delle emissioni di gas serra (nel 2014 in Italia pari a 410 milioni di CO2eq, in calo progressivo dal 2005) e l’aggravamento del quadro idrogeologico nel nostro Paese, come la cronaca di questi giorni dalla Calabria continua a confermare: nel 2014 gli eventi franosi gravi sono stati 211, il 22% del territorio è a rischio alluvione.
Spiccano anche le spinte positive verso l’economia circolare, la riduzione dei rifiuti urbani (-9% fra 2010 e 2013, differenziata al 42,3%), i progressi nell’agricoltura di qualità ma anche notevoli ritardi in termini di ecoinnovazione e di mobilità sostenibile. Il 91% dei passeggeri italiani si muove ancora su gomma, il 6,6% con le ferrovie, il 2% in aereo: l’Italia, dopo il Lussemburgo, sfodera il più alto tasso di motorizzazione dell’Ue con 61 vetture ogni 100 abitanti. (www.wired.it)
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