La ricerca “spaziale” della Fondazione Mach sui polmoni verdi a rischio deforestazione. Studiare la perdita di biodiversità con un satellite NASA in orbita a 700 chilometri dalla terra. Dopo 15 anni di lavoro, la Fondazione Mach ha ultimato la ricerca “Biodiversity of the world: a study from space”, in collaborazione con l’Università della California: grazie alle decine di migliaia di immagini scattate dal sensore satellitare MODIS, gli studiosi sono riusciti a stimare i cambiamenti avvenuti a livello di vegetazione nelle zone più impervie del Pianeta. Il satellite restituisce immagini definite dei luoghi a più alta concentrazione di biodiversità, come la foresta amazzonica, ma che al tempo stesso sono più a rischio deforestazione. Il saggio sarà pubblicato nel prestigioso “Remote Sensing Handbook”.
Come appaiono le foreste della Terra dallo spazio? Lo sanno bene gli studiosi del Gruppo GIS e Telerilevamento della Fondazione Mach, coordinato da Markus Neteler: i ricercatori hanno appena ultimato un lavoro sulla biodiversità del mondo vista dall’orbita del satellite NASA. Il team, in collaborazione con gli esperti in ecologia della University of California di Los Angeles, guidati dal professor Thomas W. Gillespie, ha analizzato negli ultimi 15 anni decine di migliaia di immagini di numerosi sensori, tra cui il NASA MODIS. Applicando algoritmi che interpretano la complessità delle immagini, è stata generata un'analisi multitemporale delle foreste a più elevato rischio di deforestazione.
Le immagini satellitari, acquisite dall’orbita in tempi diversi, sono in grado di “vedere” il cambiamento a livello di pixel: una maggiore presenza di pixel verdi indica una maggiore diversità degli ecosistemi. L’apparecchio MODIS, in orbita a 700 chilometri dalla terra, riesce a scansionare porzioni di territorio fino 250 metri, mentre altri sensori utilizzati dai ricercatori possono arrivare fino a mezzo metro di risoluzione. Da quella distanza gli esperti di San Michele all’Adige sono stati testimoni del disboscamento nella foresta amazzonica, dove nel corso degli anni i pixel ad elevato valore di vegetazione sono diminuiti, lasciando spazio al suolo nudo.
Il satellite, oltre a quantificare l’andamento della biodiversità globale, è utile perché riesce a monitorare le zone più impervie del Pianeta, come il Burma, nel Sud Est Asiatico, e la Tanzania nell’Africa Equatoriale. Le immagini catturate dallo spazio sono servite a creare modelli di sviluppo e scenari di paesaggio virtuale utili alla gestione dei “polmoni verdi” della Terra. Il gruppo di lavoro, che comprende Duccio Rocchini, già premiato nel 2011 dalla Earth and Space Foundation americana, ha sorvolato virtualmente anche il Trentino, dove nel breve periodo i cambiamenti sono molto meno evidenti, grazie alla gestione forestale programmata a livello provinciale.
Il saggio “Biodiversity of the world: a study from space”, che contiene i risultati della ricerca sulle foreste, verrà pubblicato a breve nel nuovo “Remote Sensing Handbook” edito da Taylor & Francis, uno dei più prestigiosi publisher in ambito accademico e scientifico.
dott.ssa Laura Galassi
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