Italia pensa a marchio nella ristorazione, presentato Ddl
La regione del Mediterraneo sta attraversando una "transizione nutrizionale" che la sta allontanando dalla sua tradizionale dieta, a lungo considerata un modello per una vita sana ed equilibrata, in grado di preservare l'ambiente e favorire i produttori locali.
Un nuovo rapporto realizzato dalla Fao e dal Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici Mediterranei (Ciheam), presentato nei giorni scorsi ad Expo Milano, illustra gli effetti negativi del cambiamento dei comportamenti alimentari nell'area mediterranea, e auspica un programma d'azione per promuovere delle diete più sostenibili in tutta la regione.
La globalizzazione, la commercializzazione alimentare e il mutamento degli stili di vita ''stanno alterando i modelli di consumo nel Mediterraneo, allontanandosi da cibi quali frutta e legumi verso un maggior uso di carne e prodotti caseari'', avverte il rapporto presentato nel quadro degli eventi legati a Feeding Knowledge, il programma di Expo per la cooperazione sulla ricerca e l'innovazione sulla sicurezza alimentare.
Anche i sistemi alimentari tradizionali ne risentono: secondo le stime oggi solo il 10% delle colture tradizionali locali viene ancora coltivato nella regione del Mediterraneo, mentre una gran varietà di colture tradizionali è stata sostituita da un numero limitato di colture, monocolture non locali migliorate.
Intanto in Italia si punta a garantire la presenza della dieta mediterranea nei menu della ristorazione collettiva secondo parametri dettati da un disciplinare, così come previsto dai ddl nn. 313 e 926 che trova il plauso della Fipe, Federazione Italiana Pubblici esercizi. (www.ansa.it)
ASA Press / Le notizie di oggi