FATTI E PERSONE
Food sharing ambientalista con le app anti-spreco

Gestire al meglio le risorse alimentari grazie ai servizi online

Nell’anno dell’Expo e della lotta contro lo spreco alimentare, la presenza sul mercato dei software di servizi attenti alle tematiche del riciclo e del riuso di grosse quantità di cibo, è davvero una buona notizia. E allora non ci sono più scuse per pensare di non poter contribuire al problema della sicurezza alimentare; piuttosto, telefonino in mano, è ora di risparmiare qualche soldo e contribuire così alla cura delle risorse naturali.  Come? Con i servizi di consegna che ad oggi viaggiano su app semplici e facili da usare. É questa l’ultima frontiera della cittadinanza attiva, che accetta il cibo prima destinato ad altri usi, in un’ottica fortemente sostenibile.  Qualche esempio? Si va dai pasti provenienti dai buffet alberghieri, agli alimenti vicini alla data di scadenza che vengono acquistati sul mercato ad un minor prezzo. É questa l’idea dietro My Foody, una start-up lanciata da tre giovani milanesi nell’aprile 2015, che permette un accordo commerciale all’interno del mercato equo-solidale.  Infatti l’applicazione fa in modo che i clienti siano in grado di visualizzare tramite il proprio telefono, tutti quei prodotti che avranno vita breve in virtù di una imminente scadenza alimentare. Questi beni possono essere quindi prenotati dal cliente, consegnati a domicilio, oppure resi disponibili nel punto vendita più vicino.

Ma l’idea del food sharing, quella filosofia del dividere è meglio, che dopo i mezzi di trasporto e gli appartamenti, sta contagiando anche il settore alimentare, è la nuova frontiera del risparmio e della cittadinanza che pensa in verde.

Sulla stessa onda di questa filosofia si collocano infatti Bring the food, un servizio dove i gestori di ristoranti e esercizi commerciali possono donare il cibo in avanzo a organizzazioni benefiche, oppure il servizio Breading, che dedicato al pane e ai prodotti da forno in eccesso, consente, grazie alla geolocalizzazione, agli enti no-profit di recarsi a fine giornata nelle panetterie disposte a donare i prodotti invenduti. E la solidarietà trova così dei canali rapidi ed efficienti per correre attraverso le proprie gambe.   (www.lastampa.it)



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