AZIENDE E PRODOTTI
Pomo-gate: da dove vengono i pomodori che mangiamo?

Si è da poco riacceso il dibattito sul concentrato di pomodoro importato dalla Cina che finirebbe in passate e salse Made in Italy. La sicurezza è data dai controlli e non dalla provenienza, lo abbiamo ripetuto spesso. Ma cosa dice la legge? Facciamo chiarezza.

L'origine non è sinonimo di qualità, è vero e lo abbiamo detto tante volte, ma quando acquistiamo un prodotto ci aspettiamo che la provenienza sia quella riportata in etichetta. Ma non è così. Purtroppo "Made in Italy", o tradotto "Prodotto in Italia", non significa realizzato con materie prime italiane, ma soltanto realizzato nel nostro Paese. Quindi gli ingredienti possono venire da ogni parte del mondo.


Il dibattito sul concentrato di pomodoro cinese

Il dibattito, riacceso da poco, sul concentrato di pomodoro cinese che finirebbe in sughi e salse, ha fatto preoccupare un po' tutti. Ma nel 2014 abbiamo importato dalla Cina, (secondo i dati ISMEA) 13.383 tonnellate di concentrato, l'11% dell'import totale di questo prodotto (il resto viene principalmente da Spagna e Stati Uniti). Negli ultimi anni, inoltre, le importazioni di concentrato dalla Cina sono sensibilmente calate: da 133.000 tonnellate del 2011 a circa 13.000 dello scorso anno. Questo non significa che non dobbiamo preoccuparci dell’origine di ciò che mangiamo, ma che dobbiamo pretendere controlli efficaci su tutte le materie prime, indipendentemente dalla loro origine.


E gli altri prodotti a base di pomodoro?

Facciamo un po' di chiarezza per quanto riguarda tutti gli altri derivati. Per esempio sulla passata ci sono molti controlli perché nel 2005 si scoprì che alcune passate erano ottenute, in parte, con concentrato diluito con acqua. Inoltre, non solo la legge prevede che in etichetta sia riportata la provenienza, ma anche che la passata sia ottenuta dalla spremitura del pomodoro fresco, vietando così l'impiego del concentrato. Con i pelati possiamo stare più tranquilli, perché si tratta di pomodoro quasi sempre intero, senza buccia e messo in scatola, anche se sono immersi in “succo di pomodoro” del quale non sappiamo niente. Così come non è sempre possibile conoscere l’origine del concentrato che si trova in molti sughi pronti, compresi ragù.


Origine: per legge sull'etichetta solo di alcuni prodotti

Nell'Unione Europea sono ancora pochi gli alimenti per cui è obbligatoria, per legge, la provenienza in etichetta: 

carne: bovina, suina, ovina, caprina e pollame;

pesce;

uova;

frutta e verdura;

miele;

olio extravergine d'oliva;

prodotti DOP e IGP, ma in quest'ultimo caso non è detto che la materia prima provenga dal territorio tradizionale;

latte fresco (solo in Italia);

passata di pomodoro (solo in Italia): la dicitura non è obbligatoria anche per pelati, concentrati, sughi, polpe.


L’origine degli alimenti, in particolare delle materie prime con cui sono preparati, è un dato molto importante che aggiunge trasparenza in etichetta sulla filiera produttiva del cibo che mettiamo nel piatto. Per questo siamo stati e saremo sempre favorevoli alle leggi che ne impongono l’obbligo non solo sulle materie prime, ma anche sui prodotti trasformati, che contengono più ingredienti. Chiediamo che i consumatori conoscano l’origine degli alimenti senza essere però indotti a credere che questa sia una discriminante per la scelta né che sia l’unico elemento per orientarsi verso alimenti di migliore qualità o maggior sicurezza. La sicurezza, infatti, è data dai controlli e non dalla provenienza. (www.altroconsumo.it)




ASA Press / Le notizie di oggi