ASPETTANDO EXPO 2015

A cura di Enza Bettelli


Prosciutto di San Daniele DOP

La zona di produzione è circoscritta nel territorio comunale di San Daniele del Friuli, un piccolo e caratteristico paese a una ventina di chilometri da Udine, arroccato sulle colline e con la “giusta aria” per far stagionare le cosce dei maiali. Un’aria che diventa particolarmente allegra in occasione della tradizionale festa del prosciutto (dal 22 al 25 giugno nel 2012) e che invita i turisti non solo ad assaggiare e acquistare uno dei prosciutti più famosi del mondo, ma anche a visitare il territorio circostante che ha di che soddisfare ogni aspettativa naturalistica e culturale.
Nella vicina Carnia, una regione ancora quasi incontaminata, è possibile praticare tutti gli sport che richiedono il contatto con la natura che qui mette a disposizione montagne, pascoli, acque limpidissime ricche di pesce che culmina nel Parco Naturale delle Prealpi Giuli. A ovest di San Daniele c’è la regione di Nimis, famosa anche per il vino, e con grotte e paesaggi davvero affascinanti.
Il lato culturale è ugualmente ben rappresentato, a cominciare dal Museo Carnico delle Arti Popolari a Tolmezzo mentre in tutto il territorio della provincia di Udine è un susseguirsi di ville, castelli e pieve dove le opere d’arte sono di casa. E, naturalmente, c’è Udine, con la sua magnifica loggia, il castello, le piazze e i palazzi che ospitano le opere del Tiepolo.

IL CONSORZIO
Il Consorzio si è costituito nel 1961, ha sede a San Daniele del Friuli e oggi riunisce una trentina di produttori alcuni dei quali sono aperti al pubblico (su prenotazione). Il comparto produttivo è costituito da circa 4800 allevamenti e 119 macelli, tutti ubicati nelle 10 regioni italiane del centro-nord dalle quali il disciplinare consente la provenienza dei suini, e cioè: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Abruzzo, Marche, Umbria.

IL PROSCIUTTO
La lavorazione è quella tradizionale, solo con sale marino e aromi naturali e con carni fresche e mai congelate. Le cosce vengono rifilate ma non private dello zampetto poi salate, raffreddate nelle celle a temperatura e umidità controllata, quindi pressate per dare loro una forma regolare e messe a riposare per 90-100 giorni. Seguono lavatura, asciugatura, pre-stagionatura e la sugnatura con il solo grasso e senza aromi. La durata della stagionatura varia a seconda del peso della coscia e va da 11 mesi per i prosciutti che pesano meno di 9 kg e 13 mesi per quelli più pesanti.

Per far sì che il prosciutto prenda il suo caratteristico sapore dolce e intenso allo stesso tempo è indispensabile il microclima del territorio di produzione, che è situato lungo le sponde del fiume Tagliamento, a poca distanza dalle Prealpi e con un’altitudine massima sotto i 300 metri. Qui si incontrano l'aria calda e asciutta proveniente dal mare e quella fredda che scende dalle Alpi creando per l’appunto il microclima perfetto per la stagionatura al quale contribuisce anche la natura morenica del territorio.
Infine, i prosciutti che hanno avuto l’approvazione del Consorzio vengono marchiati a fuoco con il marchio DOP e con la sigla identificativa del produttore.
Il prosciutto va gustato preferibilmente tagliato a mano, conservandolo in un luogo fresco avvolto in un panno umido se intero, proteggendo il taglio con un foglio di carta oleata o stagnola. Quello affettato si conserva in frigorifero e andrebbe consumato preferibilmente entro le 24 ore se non è confezionato.

LA GASTRONOMIA DEL TERRITORIO
Il prosciutto di San Daniele è in buona compagnia con gli altri eccellenti salumi della regione, come il prosciutto del Carso e quello di Sauris, il musetto (cotechino), lardo, pancetta e vari tipi di insaccati. Grazie ai pascoli dove le mucche vivono in libertà e danno un ottimo latte, è altrettanto numerosa e allettante la gamma dei formaggi dalle malghe, tra i quali non dimentichiamo la ricotta salata che va a insaporire molti piatti tipici, dalla jota (zuppa con rape o crauti) ai cjarsòns (ravioloni farciti in vario modo). Il formaggio più famoso è il montasio, indispensabile per la preparazione del frico che, croccante o morbido, compare praticamente in tutti i pasti e gli spuntini dei friulani, spesso accompagnato, come quasi tutti i piatti tradizionali, dall’immancabile polenta. Importante la presenza della selvaggina, che viene cacciata o allevatanei boschi della regione, e quella delle erbe selvatiche e dei funghi di cui sono ugualmente ricche colline e montagne, soprattutto in Carnia. Molto interessante la cucina con il pesce di acqua dolce, in particolare la trota salmonata sia allevata sia pescata nei torrenti, né mancano dolci di grande tradizione come la gubana e la pinza.
Il tutto accompagnato dagli eccellenti vini bianchi e rossi, secchi e dolci della regione.

LA RICETTA
Le erbe selvatiche compaiono spesso come ingrediente dei piatti friulani e non solo come insalata ma anche in zuppe e minestre, nelle frittate e finiscono perfino sottovetro, come lo sclopìt (silene). Uno dei modi più diffusi per cucinare le erbe è sotto forma di frittata che viene servita sia come secondo piatto sia come antipasto o all’ora dell’aperitivo, tagliata a cubetti.
Per 4 persone soffriggete in una padella antiaderente con un velo di olio 50 g di striscioline di pancetta o lardo, unite 2-3 manciate di erbe miste e ricoprite con 8 uova battute con un pizzico di sale. Cuocete la frittata dai due lati e servitela calda.

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