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LA
VITA DELLA VITE
A cura di Marco
Tonni [tonni@asa-press.com]
La vendemmia è finita, viva la vendemmia del secolo!
La vendemmia è finita, viva la vendemmia del secolo!
La vendemmia è finita, viva la vendemmia del secolo!
Tre volte si inneggia alla monarchia quando
il Re è morto ed in ossequio al suo successore (magari sperando
che sia un po’ migliore e più illuminato del precedente),
allo stesso modo possiamo, in quest’anno del Signore 2014, inneggiare
alla vendemmia, sperando che quella del 2015 sia migliore e più
illuminata.
E speriamo anche che questa sia davvero la vendemmia del secolo...
Esattamente così, speriamo che sia la peggiore del secolo, e che
rimanga tale!
Per la verità, non è proprio completamente finita (le uve
di riserve particolari e di vendemmie tardive sono ancora in pianta),
ma è tanta la voglia di voltare pagina dopo quest’annata,
che ci vorrete perdonare se già iniziamo i festeggiamenti.
Riassumiamo il percorso di una stagione vegetativa che definire “particolare”
per il Centro-Nord Italia è un eufemismo che ci risparmia epiteti
poco lusinghieri.
La primavera si era avviata nel migliore dei modi: germogliamenti regolari
e clima asciutto, che godeva della pregressa stagione di un inverno anomalo
per il caldo, ma anche molto piovoso, il quale aveva accumulato grandi
riserve idriche nel sottosuolo.
Si riscontrava un discreto anticipo nel germogliamento e nelle prime fasi
vegetative, rispetto allo scorso 2013, ed in linea con gli anni precedenti.
Le scarse piogge primaverili frenavano la diffusione di Peronospora, la
più temibile delle avversità, che a differenza del 2013
non dava alcun cenno di risveglio. Tutto perfetto, insomma.
Poco prima dello scoccare dell’estate, come per stregoneria, tutto
cambia: dai primi timidi temporali, ben cadenzati e per nulla preoccupanti,
si è passati via via ad un peggioramento meteorologico costante
ed inesorabile, che ha portato ad avere più della metà di
giorni di pioggia sia a giugno, che a luglio, che durante agosto.
Questo è successo in Lombardia, dove si sono verificate precipitazioni
anche di 100 mm in 24 ore (di cui 50 mm in un’ora in Lugana il 26
luglio), ma non meglio è andato in tutto il Nord Italia. In Piemonte,
dove apparentemente è piovuto con meno frequenza, le precipitazioni
sono state “fisicamente più pesanti”: tratta vasi infatti
di grandinate che hanno ripetutamente colpito alcune aree.
Anche in Friuli, Veneto ed Emilia Romagna le cose non sono andate diversamente.
Il Centro Italia, dalla Toscana alle Marche ed Abruzzo, passando per l’Umbria,
non se l’è vista molto meglio, con piogge magari meno frequenti
ma certo non meno foriere di problemi.
Il mese di settembre ha concluso in gloria con le ultime grandinate in
qualche zona fino ad allora indenne, e piogge nuovamente di eccezionale
intensità in qualche area (ad esempio, 81 mm in Lugana l’11
settembre, contestualmente ad una grandinata).
Poi, poco prima della fine dell’estate astronomica, si è
stabilizzato il tempo e le giornate soleggiate ed asciutte hanno finalmente
fatto comparsa.
Durante tutta la stagione, le nostre vigne hanno lottato con tutte le
loro forze, ed i Viticoltori e gli Agronomi hanno messo in gioco tutta
la loro esperienza, per contrastare questa epica lotta contro il “tempo”
(meteorologico). Ma, con l’andare del “tempo” (cronologico)
ci si è progressivamente resi conto che sarebbe stata una lotta
impari.
La vigna è pianta da sole, non da tropici e monsoni, e l’umidità
favorisce i funghi più che la maturazione. I danni da Peronospora,
nonostante i trattamenti antiparassitari profusi, hanno segnato gravemente
alcune zone di Veneto e Friuli, il marciume acido e (meno) la Botrite
hanno danneggiato moltissime uve, le maturazioni sembrava che non volessero
progredire per nessun motivo, tanto che perfino in Franciacorta, dove
è noto che si raccoglie volutamente l’uva quasi acerba poiché
si deve produrre un metodo classico, si è dovuto attendere alquanto
oltre il previsto per poter raccogliere.
Dal punto di vista del risultato enologico, questa annata inclemente può
essere considerata buona o, raramente, ottima, per alcuni vini bianchi.
Chi ha potuto, grazie ai disciplinari che lo prevedono, ha dirottato la
produzione di rosso verso quella di rosato (ad esempio il Valtènesi
Chiaretto), così da ottenere un buon rosato, piuttosto che attendere
sotto la pioggia una agognata maturazione che fosse adeguata per il rosso.
Chi doveva produrre vini rossi senza alternativa alcuna, ha dovuto mettere
in gioco tutta la propria esperienza ed inventiva per ottenere un risultato
degno quando, con lo stesso sforzo, in annate normali si possono ottenere
risultati eccezionali. A questo proposito, si fa qualche breve esempio.
Premesso che per produrre un buon rosso l’uva deve essere matura,
se ci si rende conto che questa non ce la può fare, si può
tentare la strada dell’appassimento, che può essere considerato
un espediente per sopperire ad un limite climatico imposto dalla natura.
Ed allora quest’anno più Aziende si sono attrezzate per questa
strategia produttiva, oppure chi già la intraprendeva ha aumentato
le quantità di uve in appassimento rispetto a quella non appassita.
Oppure, c’era una seconda via: lasciare l’uva in pianta a
tutti i costi, in modo che maturasse. Ma questa via è la più
difficile, perché quest’anno chi l’ha percorsa ha perso,
o rischiato di perdere, grandissima parte della produzione a causa delle
avversità climatiche o sanitarie.
Se è vero che dalla metà di settembre l’andamento
meteorologico è divenuto favorevole, è anche vero che l’uva
per maturare doveva ancora essere sana a quella data, cosa assai difficile
quest’anno.
Dalla seconda decade di settembre è accaduto un piccolo miracolo:
chi ha lasciato l’uva in pianta (con perdite che, a quella data,
variavano dal 20 all’80% a causa delle avversità), l’ha
vista maturare ad una velocità che mai si sarebbe potuta immaginare
solo 10 giorni prima. Così, quei pochi bravi e coraggiosi (e pure,
talvolta, fortunati) hanno potuto cogliere purtroppo pochissima uva, ma,
almeno, matura al punto giusto per sperare di ottenere un risultato assolutamente
inatteso.
Per quasi tutte le zone, il dato è che i quantitativi di uva colta
dopo questa odissea sono stati estremamente bassi (fino al 50% in meno
per alcune varietà rosse), soprattutto per chi ha operato tutte
le scelte più audaci per cercare di ottenere qualità, come
ad esempio diradamenti intensi, pulizia accurata delle porzioni di grappolo
malate, attesa infinita prima di vendemmiare. Senza dimenticare che chi
è riuscito ad avere uva decorosamente sana alla vendemmia, l’ha
ottenuta a costo di immensi sforzi e costi operativi al di fuori dell’ordinario,
per le operazioni di gestione agronomica e di difesa sanitaria.
Quindi ricordiamoci, quando assaggeremo vini 2014 buoni o ottimi, che
certamente sono stati ottenuti grazie a sforzi immensi, costi elevati
e grande competenza e passione, ingredienti senza i quali nel 2014 si
è prodotto solo vinello, non vino.
Spero che si possa degustare con questa consapevolezza, apprezzando così
meglio i vini e tributando loro il giusto riconoscimento ed apprezzamento
non solo organolettico, ma anche economico, perché quei Produttori
che quest’anno hanno sudato sette camicie per fare in modo che il
prodotto che li rappresenta fosse qualitativo, meritano che i loro sforzi
siano adeguatamente ripagati.
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