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LA
VITA DELLA VITE
Vendemmia? Calma, c’è tempo!!!
Gli agronomi di SATA sono certi che i vini di classe nascano sia dalla
tempestività che dalla pazienza. Scopriamo perché, dopo
aver iniziato la vendemmia più precoce d’Europa in Franciacorta,
ora sono tra i pochi ad avere ancora le uve in pianta.
Ricordate che al primo di Agosto annunciammo
l’inizio della vendemmia più precoce d’Europa?
In Franciacorta lo Chardonnay era pronto per la produzione di bollicine
di classe e sarebbe stato un grave errore ritardare la vendemmia per comodità
o per timore di valicare un immaginario limite temporale mai superato,
iniziando la raccolta così presto. Quindi, la tempestività
era d’obbligo.
Ebbene, ora la vendemmia sembra un ricordo lontano… per molti, ma
non per tutti. C’è ancora chi deve finire le vendemmie, e
non stiamo parlando di uve destinate a vini passiti! Si scopre quindi
un’altra clamorosa peculiarità di alcune Aziende: quella
della vendemmia più lunga d’Italia (se non
d’Europa), ad esempio per chi ha iniziato al primo di Agosto ed
ha finito al 3 Novembre.
Quindi, la regola-precetto secondo la quale la tempestività
è uno dei fattori fondamentali per una vendemmia di qualità,
viene clamorosamente stravolta quando si deve far assurgere a dogma
la pazienza. Perché qualche “pazzo”
Produttore dovrebbe ascoltare i propri Consulenti i quali, contro ogni
logica di quieto vivere, insistono nel cercare di convincerlo a rischiare
lasciando le uve in pianta quando tutti hanno già vendemmiato da
oltre un mese? Perché questi Consulenti non professano una strategia
agronomica ed enologica che permetta loro di dormire sonni tranquilli
già dopo la metà di Ottobre? E, soprattutto, perché
i Produttori, dopo qualche vendemmia di comprensibile titubanza verso
questo metodo, passano in prima linea a chiedere di temporeggiare, capiscono
a Novembre il valore della pazienza, oltre che ad Agosto quello della
tempestività?
Come sempre quando parliamo di vino, dobbiamo fare un passo indietro e
parlare di vigna, prima ancora che di uva.
La vite è una pianta che esige pazienza, ci dà i suoi frutti
una volta all’anno e ci regala il massimo della qualità quando
è adulta o vecchia. Ma ha anche bisogno di pazienza. Infatti, la
maturazione progredisce lentamente e, come molti sanno, non è una
progressione regolare: prima arrivano gli zuccheri, calano gli acidi e
si modificano le componenti aromatiche, poi con calma si completa la maturazione
fenolica (sia in termini di quantità accumulata che di qualità
delle sostanze). Chi vuole fare rossi di qualità deve attendere
pazientemente che questi processi avvengano. Ma, si può tranquillamente
obiettare, questi processi possono essere importanti solo per un rosso
e, comunque, le maturazioni fenoliche si possono considerare complete
al più tardi 3-4 settimane dopo il raggiungimento del massimo accumulo
zuccherino. Perché, allora, insistere? Perché anche sui
bianchi?
Ecco le risposte: Complessità. Persistenza. Sapidità,
ancora sapidità. Sono elementi sufficienti?
Non ci stancheremo mai di ripetere che è la vite a fare il vino,
quindi alla vite si deve pensare. La pianta è
vincolata al terreno, le sue radici sono sempre immerse
nel suolo, il suo metabolismo continua anche a fine stagione e, finché
le foglie sono verdi, le radici sono stimolate ad assorbire
acqua ed elementi per sostentarle e per conquistare attraverso esse ogni
ora di sole, utile a perfezionare la maturazione dei tralci in vista dell’inverno
e ad accumulare sostanze di riserva. Ma se i grappoli
sono ancora presenti, anch’essi, preziosissimo scrigno dei vinaccioli,
che sono la progenie per la vite, dalla pianta sono ovviamente mantenuti
vivi e funzionali il più a lungo possibile. Quindi
vengono riforniti da essa di acqua (per contrastare l’evaporazione
dalla buccia) e, insieme all’acqua, giungono dal terreno sali minerali.
Sapete che non vi sono analisi che possano stabilire esattamente a cosa
siano legate le sensazioni di persistenza, complessità e sapidità
già citate. Si sa però che queste sensazioni sono riconducibili
anche e soprattutto a un complesso di elementi minerali e molecole che,
pur presenti in quantità misere, incidono in modo sostanziale sulle
percezioni. Con una vendemmia molto avanti nel tempo, questi sali e le
molecole prodotte dal metabolismo hanno la possibilità di accumularsi
in maggiore quantità nella polpa e quindi di rendere più
ricco il vino.
Non vogliamo parlare di vendemmia tardiva, daremmo un’idea distorta
del concetto su cui si lavora: non è la concentrazione del succo
che fa guadagnare in qualità, ma la sua ricchezza. Le uve che tendono
ad appassire non sono quelle migliori per i nostri scopi,
perché quando questo fenomeno avviene può significare che
la pianta è in crisi e “chiude” i rubinetti per i grappoli,
oppure che il ciclo vegetativo è ampiamente finito, le foglie cadono
e i grappoli vengono isolati dal resto della pianta, ormai in riposo.
Le curve di maturazione delle uve ancora in pianta oggi
ci dimostrano che non stiamo andando incontro all’appassimento,
infatti i livelli zuccherini sono fermi da oltre un mese. Ogni varietà
ha un proprio specifico massimo di accumulo oltre al quale comunque non
va (ad esempio la Barbera accumula molto più zucchero di un Cabernet,
un Merlot più di un Marzemino), per cui non si rischia di avere
vini “passiti” se le foglie sono ancora verdi e la pianta
non va in riposo.
Certo, non tutto è così bello, semplice, lineare.
Per lasciare le uve in pianta a Novembre, e avere anche
bucce adatte alla macerazione prolungata di un rosso
importante, oppure per preservare equilibri acidici interessanti sui bianchi,
si deve lavorare a lungo e con attenzione per salvaguardare la sanità
delle uve, la robustezza delle bucce, l’equilibrio vegetativo
della pianta. Ad esempio, una vite che subisce uno stress per
il carico eccessivo oppure per una carenza nutrizionale o una crisi idrica,
accelererà il proprio ciclo, anticipando la maturazione in modo
innaturale e non avrà la pazienza di attendere
i nostri obbiettivi, mentre all’opposto una vigna troppo vigorosa
avrà bucce sottili e fragili, inadatte a resistere agli attacchi
di alcuni patogeni del vigneto.
Quindi, solo la estrema attenzione alle esigenze della vite
porta a potersi permettere di “fare ciò che si desidera”
e quindi di “decidere” quando vendemmiare, senza “dover”
vendemmiare. Infine, considerato che ci piace parlare di vite e vino,
ma i nostri concetti si basano non sulle parole, ma su esperienze
vere e dirette, se desiderate togliervi lo sfizio di vedere le uve in
pianta, provate a visitare i vigneti delle Aziende che, almeno fino alla
metà di Novembre, saranno intente a vendemmiare: solo come esempio,
ricordiamo Tenuta Colle del Giglio (Affida), Le Querce (Vulture), Corte
Anna (Lugana). Da pochi giorni hanno concluso Majolini, Castello di Gussago
(Franciacorta, ovviamente per le uve rosse), Giorgi (Valcalepio), mentre
Ronco Calino (Franciacorta) è stata l’Azienda dove probabilmente
si è consumata la vendemmia più prolungata d’Italia,
da inizio Agosto al 3 Novembre, ben 90 giorni per raccogliere ogni varietà
e vigneto nel momento più indicato.
Testo a cura:
Dott. Agr. Marco Tonni marco.tonni@agronomisata.it
Dott. Agr. Angelo Divittini angelo.divittini@agronomisata.it
SATA Studio Agronomico www.agronomisata.it
, info@agronomisata.it
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