LA
VITA DELLA VITE
STORIA DEI GROPPELLI Pretendere di far risalire storicamente il Groppello, oggi coltivato in Valtenesi ed altrove in Riviera del Garda, a nobili origini etrusche, romane o barbariche d'alto medioevo, significa giocare d'intuizione peraltro senza testimonianze certe o validi raffronti oggettivi. Gli ampelografi italiani si sono spesso cimentati nel tentativo di dare qualche razionale correlazione fra le varie denominazioni di Groppello e la corrispondente realtà viticola. Gli accostamenti che ne sono scaturiti nel contesto di vitigni disparati, depongono a favore ancor più dell'etimologia di natura morfologica della dizione Groppello. Con questo nome infatti sono state indicate di volta in volta, e in tempi e zone diverse, viti assai dissimili con frutti addirittura bianchi aventi peraltro sempre in comune il grappolo compatto a forma cilindroconica, con ali poco o punto pronunciate ed acini serrati. Il Molon, 1906, elenca 4 sinonimi di un Groppello bianco rispondenti ai nomi di Gropel, Gropel Cremones, Pignola bianca veronese e Gropela bianca e ben nove tipi di Groppello nero coi nomi di Groppello, Grapello, Gallazzone, Gropel, Gropel fi, Gropel Cremones, Grupela Veronese, Groppel e Grupello nero, rifacendosi ad una vasta bibliografia che parte da Agostino Gallo (1499/1570) e prosegue col Soderini (1600) con l'Acerbi (1825) col Mendola (1868) con l'Incisa (1869), con il Di Rovasenda (1877) col Goethe H. (1878), col bollettino del Ministero dell'Agricoltura del 1883 (XVI) e poi ancora col Goethe (1887) e il Di Rovaseda (1887) col Tamaro (1893) col Tamaro e Cuzzoni (1898) e col Tamaro e Vermorel (1902). Italo Cosmo e Fabio Sardi nello studio ampelografico avviato per conto del MAF nel 1954, accennano anche ad una pignola nera di Valtellina che ha in comune con i "Groppelli" compattezza del grappolo. Il tutto a conferma che la denominazione Groppello e le sue plurime variazioni dialettali geografiche, sostanzialmente si rifanno ai caratteri morfologici del grappolo e quindi di volta in volta attribuite nel tempo (a partire dal XIII secolo e dal XVI in forma storicamente dimostrata) a vitigni diversi. Un caso di palese omonimia ortografica, non suffragata da corrispondenza ampelografica, è certamente quello del Groppello di S. Stefano a cui Cosmo e Sardi hanno dedicato una cospicua monografia. Già Pier Giovanni Garoglio aveva descritto questo vitigno dopo averne individuata la presenza in Provincia di Massa mentre i due autori dianzi citati ricordano un Groppello della Val di Non a loro avviso lo stesso che sotto il nome Groppello di S. Stefano si ritrova in provincia di Brescia. E più oltre nel loro testo: "dai caratteri ampelografici che il Marzotto riporta (opera citata), il Groppellone non sarebbe altro che una modificazione ambientale del Groppello della Val di Non, nel bresciano divenuto ad un certo momento Groppello di S. Stefano. E poiché dai nostri rilievi in sito (?) il Groppellone sarebbe risultato una modificazione del Groppello Gentile (?), non si esclude che si sia creata una certa confusione per cui certi viticoltori chiamano Groppello Gentile quello che altri chiamano Groppello di S. Stefano e viceversa". La cosa più strana peraltro è che nella stessa monografia furono dettagliatamente descritte tanto le caratteristiche del Groppello di Santo Stefano che del Groppello Gentile mettendo ben in evidenza le pur macroscopiche differenziazioni morfologiche esistenti e ancor più le caratteristiche organolettiche assai dissimili dei rispettivi vini derivati. Da premesse e giudizi, basati su supposizioni, si giunge peraltro a conclusioni del tutto contraddittorie e non certo chiarificatrici rispetto alle classiche conoscenze del Groppello tradizionale della Riviera del Garda. Ma per scendere ai dettagli della storia locale, è giocoforza rifarsi ad Agostino Gallo che nel dialogo fra Vincenzo Maggio e Giovan Battista Avogadro fa proporre al primo la secca domanda: "Quali viti sono migliori tra noi per fare delle uve assai?" Esemplare e chiarissima la risposta dell'Avogadro. "Lodo primamente, che si piantino le uve Cropelle Nere Morbide per renderne più delle gentili, le quali stanno bene accompagnate con tutte le altre uve nere e bianche. Vero è che le Cropelle gentili sono più delicate da mangiare e fanno miglior vino delle morbide, benché sia poco, ma patiscono i mali tempi e la fersa. Poi sono mediocremente buone le vernacce nere perocché non fallano a produrre frutto assai. Ma il proprio loro è da compagnarle con le trebbiane bianche o con le Croppelle dette che altramente non farebbero vino saporito, né potente, e sarebbe anche carico di colore". Anche il Bacci scrive che nella plaga di Franciacorta fino alle rive del lago d'Idro era celebre il Groppello ottenuto dalle uve omonime simili alle pignole, che dava un vino gradevole e potente, esportato dentro otri in Germania. Una testimonianza importante è riferita dal Marzotto (1925) che riporta integralmente le notizie direttamente fornitegli dal professor Richini che afferma: «In Valtenesi si dinstinguono due qualità di Groppello nero: uno è chiamato Groppello Gentile (detto in dialetto anche fino) e l'altro è chiamato Groppellone. Differenziano questi due Groppelli soprattutto nel grappolo; quello Gentile ha il grappolo piuttosto spargolo; il Groppellone ha grappolo, invece, serrato, un po' più grosso sempre però conico. Nel Groppello Gentile il picciolo è più lungo mentre le foglie sono poco o punto lobate; a differenza del Groppellone le cui foglie sono sempre lobate (3-5 lobi). Il Groppello detto Moliner non è altro che un Groppello Gentile. si chiama Moliner precisamente per il colore più chiaro dei suoi tralci. Il Groppello Mocasina è un'altra subvarietà che ha somiglianze col Groppellone, i suoi acini sono però un po'più duri e dà un vino meno garbato, grosso». Fa seguito una dettaglia descrizione del Groppellone. Il Marzotto inviò una copia del volume citato al Richini e questi di suo pugno aggiunse al Groppello di Mocasina il carattere acini "più piccoli" rispetto a quelli del Groppellone. Come si può osservare molteplici sono state le descrizioni riguardanti i "Groppelli" la più fedele delle quali è ancora quella del Richini che si avvicina molto alla spiegazione del problema. Le descrizioni da noi effettuate su un vasto numero di presunti cloni delle suddette varietà ha portato alla individuazione e alla caratterizzazione di questi vitigni così come è stata proposta in questo studio. Secondo i nostri rilievi il Groppellone non è altro che un biotipo del Groppello Gentile che si differenzia da questo sostanzialmente per la dimensione del grappolo. Il Groppello di Mocasina, che si differenzia dal precedente soprattutto per la tomentosità dell'apice e della pagina inferiore della foglia, non a caso è detto Moliner (mugnaio, quindi infarinato, imbiancato) e dalla forma del grappolo praticamente sempre con un'ala, ha come sinonimo il Groppello S. Stefano risultato assolutamente identico. Queste tesi sono suffragate anche da dati biochimici e molecolari (Villa, in litteris). Un inquadramento finalmente chiaro Dal precedente testo si rileva come le sinonimie nate dalla tradizione e le discrepanze di valutazione in merito ai nomi dei Groppello ed alle loro corrispondenze di biotipo o di varietà riportate da vari autori storici non chiarissero definitivamente l'inquadramento genetico. Da una indagine del 1994 (P. Villa e G. Tedesco) dove si è effettuata la comparazione isoelettroforetica delle proteine degli apici radicali, si sono potute individuare oggettive differenze tra Groppello di Mocasina (e "di Santo Stefano") da un lato e Groppello Gentile dall'altro, a loro volta apparentemente differenti dai "Groppellone". Per contro l'analisi isoelettroforetica dell'attività isoenzimatica della fosfatasi acida degli apici radicali non differenziava tra loro i vari Groppello. La medesima analisi dell'attività di esterasi differenziava i "Groppellone" con il grappolo alato ed i Groppello Gentile e di Mocasina dal resto della popolazione dei "Groppellone" valutati. Tuttavia tale studio partiva da materiale raccolto con una corrispondenza varietale incerta e quindi non permetteva valutazioni chiare e definitive. Anche il libro di Calò et. al. (2001) che fa riferimento al Registro Nazionale, riporta ancora la sinonimia tra Groppello gentile e Groppello della Val di Non. Maggiore chiarezza si riscontra finalmente grazie ad un lavoro di Scienza e Valenti (1999) dove il Groppello Gentile raccoglie tra i sinonimi le voci Groppello comune, fino e Groppellone, ed è distinto dal Groppello di Mocasina con i relativi sinonimi Groppello molinèr e di S. Stefano. Il Groppello Gentile si caratterizza per l'apice del germoglio semiaperto, pressoché glabro o al più leggermente vellutato e di colore giallo bronzato, il seno peziolare ad U poco aperto e a volte chiuso, foglia glabra sia nella pagina superiore che inferiore, spesso trilobata, superficie del lembo ondulata o leggermente bollosa. Grappolo compatto o molto compatto, conico-cilindrico senza ali. Acino sferoidale, colore blu violetto, buccia sottile, sapore neutro, PMG 242 g. Il tipo Groppellone è da attribuirsi a varianti ambientali. Il Groppello di Mocasina, detto molinèr (mugnaio) per l'apice tormentoso, leggermente lanuginoso, semiaperto, verde biancastro, ha foglia spesso quinquelobata, seno a U spesso delimitato dalle nervature, pagina superiore glabra con lembo poco bolloso e pagina inferiore vellutata. Grappolo di media grandezza, cilindrico o cilindrico-conico, talvolta alato, molto compatto. Acino sferico, blu nero, pruinoso, sapore neutro. PMG 190 g. Questo inquadramento è stato definitivamente ed inequivocabilmente confermato dal lavoro di Costantini et. al. (2001), che ha cercato di chiarire cosa siano, da una parte, il Groppello di S. Stefano, ritenuto da alcuni autori coincidente con il Groppello della Val di Non e da altri con quello di Mocasina, e dall'altra, il Groppello gentile e il Groppellone. L'analisi molecolare del DNA permette di ottenere un profilo genetico unico del materiale in esame, che può essere utilizzato per l'identificazione specifica. Lo stesso risultato non può essere assicurato dai tradizionali approcci descrittivi delle cultivar basati su ampelografia e ampelometria che, fondandosi sull'osservazione di caratteri fenotipici, possono essere influenzati da fattori ambientali, di sviluppo e dalla soggettività dell'analisi. Tra le tecniche che utilizzano marcatori del DNA per la caratterizzazione varietale e la definizione di relazioni genetiche tra i vitigni, la più informativa si basa sui marcatori molecolari microsatelliti amplificati via PCR. Gli autori giungono alle seguenti conclusioni: Tutti i campioni provenienti dalla Val di Non (Revò), presentano lo stesso profilo caratteristico di marcatori molecolari, che li distingue dalle altre accessioni analizzate. Essi possono quindi essere considerati individui appartenenti alla stessa varietà. Questo materiale può essere chiamato Groppello di Revò. Il Groppello gentile e il Groppellone costituiscono un'unica varietà. L'identità dei loro profili dimostra l'origine del materiale dallo stesso seme. Le due tipologie potrebbero dipendere da influenze delle diverse aree di coltivazione o essere imputate all'esistenza di diversi cloni. Non vi è stretta parentela con il Groppello di Revò. Il Groppello di Mocasina coincide con il Groppello di S. Stefano, anche se al registro nazionale delle varietà questi sono iscritti separatamente, ed è detto molinèr per la tomentosità dell'apice, a differenza di come sopra riportato dal Marzotto per affermazione di Richini. Il Groppello di Mocasina è geneticamente diverso dai precedenti, anche se mostra analogie genetiche maggiori verso il Groppello gentile che verso il Groppello di Revò. Scienza A., Valenti, L., 1999: Vitigni antichi di Lombardia. Ed. Facoltà di Agraria di Milano - Prov. di Pavia Costantini L., Roncador I., Grando M.S., 2001: Il caso Groppello della Val di Non chiarito con le analisi del DNA. Informatore Agrario, 45, 53-56. Calò A., Scienza A., Costacurta A., 2001: Vitigni d'Italia, Ed. Calderoni Edagricole Archivio [ Leggi le notizie precedenti ]
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