LA VITA DELLA VITE

A cura di Marco Tonni [tonni@asa-press.com]


La potatura della vite: da nulla a tutto

La potatura viene considerata da alcuni l’unica operazione agronomica in grado di poter avere effetti importanti sulla longevità del vigneto e sulla qualità dell’uva, divenendo così l’unico ideale fulcro della qualità del vino.
In effetti, invece, molti aspetti, interagenti tra loro, diventano frequentemente la causa di una cattiva condizione di salute della pianta e mettono a rischio la sua vitalità.
Le attenzioni durante la potatura sono certamente fondamentali per ridurre il più possibile i gravi problemi che possono potenzialmente originarsi da gestioni poco attente a sanità delle piante e qualità del prodotto.
Ma un vigneto che riesce a invecchiare e uva di qualità si originano solo da un insieme di mille elementi integrati tra loro in modo corretto e coscienzioso, oltre che tecnicamente valido.
Sarebbe esattamente come dire che il vino può essere di qualità solo se si realizza una vinificazione tecnicamente perfetta. Vero, ma vero anche che nessuna vinificazione tecnicamente perfetta ed eseguita dal migliore enologo del mondo nella cantina meglio attrezzata del mondo può originare vino di qualità se le uve di partenza non sono più che buone.
Il primo nostro intervento su questo sito, risalente al 19 giugno 2007 e che vi invitiamo a rileggere integralmente, scrivemmo:
“… il carattere di un vino ed il suo successo nascono dall’insieme di una moltitudine di fattori, che possiamo immaginare come le tessere di un mosaico (…) Ciascuna delle molecole del vino è una tessera del mosaico, proprio come lo è ciascuna delle scelte dell’uomo che decide in che direzione guidare la vite, determinando quindi le sue capacità di crescere, svilupparsi e accumulare nell’uva colori, profumi e gusti. Ovviamente a tutto ciò deve fare seguito una oculata vinificazione, (…)I passi che indirizzano la vite verso un determinato cammino (la produzione di uva di qualità), possono essere anch’essi considerati come le tessere del mosaico e potranno avere importanza diversa tra loro, ma solo quando tutte queste componenti saranno presenti ed integrate, si potrà avere un vino completo, complesso, elegante; diversamente, mancherà sempre un pezzetto. (…)Se possediamo tutte le tessere, dalla scelta del sito fino all’imbottigliamento e, aggiungeremmo, fino alle strategie di promozione e vendita del vino, e le sappiamo incastonare con maestria e finezza, in modo che non manchi nulla, allora possiamo ottenere un buon vino.”

Da allora chi ci legge e ci segue avrà capito che per noi la potatura non è altro che una tessera del mosaico che compone la qualità del vino, probabilmente una delle più grandi e centrali, senza le quali manca un occhio al personaggio principale, ma certo non meno importante dell’età della vigna, o della sanità delle uve, o della maturazione ottenuta con una buona gestione del verde, o della scelta dell’epoca di vendemmia, o (last but not least) della qualità e vitalità del terreno….
Insomma, potare deve essere visto come uno degli interventi “forzati” che noi dobbiamo “imporre” alla pianta, nel massimo rispetto del suo intimo desiderio a crescere come meglio crede, ma assolutamente necessario per garantire l’economia del risultato (gestibilità, qualità delle uve, tempi di lavoro…).
Abbiamo sempre affermato che il nostro compito deve essere quello di “accompagnare” la pianta affinché “produca come vogliamo noi”. Ciò significa che la forma deve essere data e rispettata, altrimenti ogni soldatino nel nostro vigneto si comporterà in modo indisciplinato invadendo lo spazio a disposizione dei suoi vicini, oppure, se ogni vite non mantiene la sua forma originariamente pensata quando abbiamo eseguito l’impianto e impostato (imposto) posizioni e spazi per le piante e per le loro foglie, succede che l’uva non riesca a maturare adeguatamente.
L’uva matura grazie a foglie, radici e clima: se per nostre mancanze (mancato rispetto degli equilibri e delle forme) avviene un cambiamento della posizione delle foglie, dei loro spazi e dei rapporti tra superficie fogliare e produzione, la qualità non è più garantita.
Allora, in definitiva, non si tratta di potare assecondando la pianta “tout court”, integralmente, ma di potare per “aiutare la pianta a produrre secondo le nostre esigenze”. La forma di ogni pianta deve essere rispettata per come l’abbiamo pensata e progettata, le posizioni delle foglie anche, per garantire la maturazione e la buona disposizione dei grappoli, il tutto pensando a garantire la longevità del vigneto, perché, come detto sempre nel primo intervento su www.asa-press.com di giugno 2007,
“Ebbene, vi accorgereste in modo indimenticabile ed inequivocabile, addirittura talvolta incredibile, di come, avanzando l’età della pianta, cambi la ricchezza del suo succo. Ciò avviene perché una pianta giovane “subisce” le stagioni mancando di riserve e di radici, mentre una più matura è meglio attrezzata per affrontare l’impegno del produrre uva”.
Le malattie del legno minano in modo drammatico ed irreversibile la salute delle viti e la longevità del vigneto, pertanto tutte le pratiche necessarie a garantire il loro contenimento sono essenziali, ma ciò non significa dover stravolgere il nostro modo di pensare la potatura, anche perché non vi è al mondo alcuna dimostrazione che un sistema di potatura sia meglio di un altro per questo aspetto. Vi sono dimostrazioni che errori e trascuratezze siano cruciali per il peggioramento dello stato sanitario, ma ciò non significa che cambiando FORMA si diminuisca il rischio, semmai significa che trascurando le PRECAUZIONI si innalza il livello di rischio.
Profilassi deve essere la parola d’ordine, evitando sempre e comunque le pratiche che si sa che possono essere controproducenti o pericolose, ma non cambiare forma pensando di prevenire, perché ciò significa, un po’ come chi si affida alla magia per le guarigioni delle persone, rischiare di trascurare precauzioni indispensabili perché si pensa che il cambiamento di “pratica” possa metterci al riparo da ogni rischio successivo.



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