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LA
VITA DELLA VITE
A cura di Marco
Tonni [tonni@asa-press.com]
Vendemmia 2009: come e quanto, chi lo sa?
Come ogni anno,
siamo – finalmente – alla resa dei conti. Ciascuno si sbizzarrisce
nello stimare presto e bene le produzioni attese dalla vendemmia in arrivo
e le informazioni vengono diramate su tutti i media con la precisione
del pescatore al Bar Sport.
Purtroppo sappiamo che in Enotria i metodi di stima delle produzioni sufficientemente
attendibili su scala territoriale non sono utilizzati per mancanza di
persone che possano svolgere tale compito, quindi ci si basa sul metodo
della valutazione personale e del sentito dire, che si rivela corretto
se la media degli errori fa in modo di farci azzeccare il dato giusto.
Mancano le persone, perché mancano i servizi territoriali di assistenza
e monitoraggio del territorio, quindi pochi o nessuno trasmettono informazioni
ai viticoltori (rari casi sono rappresentati ad esempio dall’ESAT,
di Trento, Laimburg a Bolzano, il Fojanini a Sondrio, il Centro Vitivinicolo
Provinciale di Brescia, il Consorzio Fitosanitario a Modena e Reggio Emilia,
e poco altro, ma dal Centro Italia in giù c’è il vuoto
assoluto) e raramente ci si occupa di problematiche di valenza “territoriale”,
ma si lascia tutto all’iniziativa delle singole Aziende.
Ma le Aziende stanno lottando per sopravvivere, difendendosi da colpi
bassi che giungono da ogni dove e in periodi così purtroppo ogni
lavoro considerato “superfluo” viene accantonato o rimandato.
Nulla importa se tra i lavori “superflui” si annoverano interventi
fondamentali per la qualità delle uve, oppure lavori di manutenzione
del vigneto, che permetterebbero al vigneto di durare efficiente per produrre
uva di qualità quando sarebbe vecchio (ma vecchio non diventerà,
senza manutenzione). Ora la qualità è un optional.
Mi chiedo se dopo la vendemmia 2009 qualcuno ancora cercherà di
fare il vino lavorando l’uva, che peraltro, visti i prezzi ampiamente
sotto il costo di produzione in molte zone d’Italia, potrebbe essere
anche un sistema economico e redditizio, oppure se, come spesso si sente
dire, non sia meglio comprarlo già fatto da altri: commercianti
e cantine varie che riescono a piazzare sul mercato vini (sempre fatti
con l’uva) a prezzi che definire ridicoli è un grazioso eufemismo.
Mi piacerebbe che venisse promulgata una legge che vieta di vendere
il vino a meno della metà della Coca Cola, oppure che
ai Consumatori venisse spiegato che esiste un pauroso effetto domino:
se chi compra il vino base di gamma abbassa il suo livello di acquisto
scegliendo vini che – purtroppo – trova a 1 Euro a bottiglia,
tutte le fasce soprastanti abbassano i loro prezzi di vendita alla ricerca
di zone di mercato libere.
Risultato: qualcuno risparmia (almeno sul breve periodo, finché
si trovano vini sottocosto: il consumatore); molti saltano (in primis
quei viticoltori delle zone marginali, che piuttosto che rimetterci nel
coltivare il vigneto, abbandonano tutto, poi le Aziende medie, il famoso
scheletro della nostra economia, che devono subire i continui ricatti
di chi gli chiede il vino a prezzi sempre più bassi); altri reggono
(i più bravi, o quelli con le migliori economie di scala, o quelli
che possono contare su contributi pubblici); in rari casi, si riducono
gli eccessi di prezzo (ma non credeteci troppo, i vini pagati più
di quanto valgono perché famosi, difficilmente li troverete in
offerta!); ma, per ultimo, drammaticamente, nessuno si sogna più
di parlare di qualità.
Infatti, non serve fare qualità quando l’unico parametro
di riferimento è il prezzo, così come non serve
pagare le uve quando si trova vino (ovviamente ottenuto da uve sottopagate)
a meno del prezzo dell’uva fresca. Perfino le Guide dei vini, le
poche che cercano di parlare di qualità, sono in crisi, vessate
da minori vendite, litigi interni tra i responsabili, crisi di identità
e boicottaggi degli stessi Produttori.
Purtroppo temo che questa crisi sia il colpo di grazia per un mercato
delle uve già da anni messo alla corda da politiche e strategie
commerciali poco ortodosse, che contemplano come unico obbiettivo vendere
e far guadagnare solo la parte commerciale ed eventualmente il settore
della trasformazione, non tutta la filiera a partire dalla produzione.
Spero solo che il sistema dei controlli regga, dato che è storico
e risaputo che nei periodi di crisi e non in quelli di ricchezza si rischia
di incontrare chi lavora nel torbido.
Perderemo vigneti, paesaggi e ambienti di valore immenso, forse qualcuno
sarà felice per il ritorno del bosco (abbandonato), ma temo che,
se vini buoni verranno prodotti, forse potremo finalmente dire che sono
frutto dell’annata, perché di sforzi per la qualità
in questo periodo se ne fanno ben pochi. Ovviamente non si può
generalizzare, qualche buono, ottimo, grande, grandissimo vino ci sarà
sempre, ma la qualità generale non potrà essere quella degli
ultimi anni, proprio perché nessuno ora ne parla.
Ed allora, ecco le stime per la vendemmia 2009: copiate pure i dati diramati
fin da luglio, da ISMEA e UIV (che mi piacerebbe sapere se possono contare
su Tecnici grandiosi o su veggenti paranormali, dato che per fare una
stima a luglio si devono elaborare i dati a fine giugno, con davanti quasi
tutta la stagione).
Siate certi che anche quest’anno quasi ovunque si potrà usare
mosto concentrato a causa delle difficoltà dell’annata, ma
la vendemmia sarà ottima.
Se poi qualcuno vuole parlare seriamente di qualità o dei problemi
del settore, parliamone, ma per farlo serve tempo, non basta scopiazzare!
Marco Tonni
Dott. Agr. Marco Tonni marco.tonni@agronomisata.it
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