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LA
VITA DELLA VITE
La Cantina Sociale: tomba della qualità…
o culla della viticoltura?
SatA Studio Agronomico, nell’ambito di un progetto dal nome benaugurale
“Progetto Qualità”, collabora con la Cantina Sociale
dei Colli Amerini in Umbria e, in altro progetto con finalità simili,
anche con la Cantina Sociale di San Giorgio della Richinvelda in Friuli.
Riferendoci ora al Progetto Umbro, facciamo alcune considerazioni di carattere
generale e ne descriviamo i punti salienti, che riteniamo rappresentino
un esempio estremamente interessante di approccio al sistema produttivo
con finalità sia “sociale” che “qualitativa”.
Parte 1/2
Premessa
Sempre più spesso a corollario della qualità organolettica
dei vini vengono considerati aspetti della filiera produttiva che riguardano
l’impatto ambientale diretto o indiretto, le risorse energetiche,
l’utilizzo dell’acqua, le emissioni, gli inquinanti, la sicurezza
sul lavoro e altro. Tuttavia, si parla poco di un aspetto del vino al
quale ci è capitato di pensare anche in occasione dei recenti scandali
sul vino adulterato, ossia della sostenibilità sociale del “sistema
vino”. Se è vero, come è vero, che i delinquenti esistono
in ogni ambiente, l’averli scovati fa onore al sistema dei controlli
che, più attento per i vini DOC, è comunque efficiente anche
per gli altri vini e ovviamente non è indice di un malcostume generale.
Ma è importante fare un altro genere di riflessione preliminare.
Quando un “ignaro” consumatore compra ad occhi – e naso
– chiusi un vino ad 1 Euro a bottiglia, dovrebbe quantomeno ascoltare
una vocina dentro di sé: dentro quella bottiglia non può
che esserci una speculazione, che per forza di cose si consuma alle spalle
sue o, nel “migliore” dei casi, sulle spalle di un viticoltore,
la cui uva viene pagata talmente poco da obbligarlo all’estirpazione
del vigneto per evidente antieconomicità della produzione. Quindi,
si dica e si ricordi che per ogni litro di vino venduto a prezzo stracciato,
viene estirpata e persa per sempre una pianta di vite tra le colline Italiane.
E l’utilità sociale del vino si manifesta sia sui diretti
interessati (i viticoltori) che su tutti noi (gli operatori economici
delle zone viticole importanti godono dell’indotto del vino, i turisti
si beano dei suggestivi paesaggi viticoli, gli abitanti di zone viticole
ben sanno cosa significherebbe l’abbandono delle colline).
Un vino socialmente utile è quello
che permette alla viticoltura ed ai viticoltori di sopravvivere e sta
drammaticamente diventando una rarità, almeno nelle zone viticole
meno famose o laddove strategie commerciali scellerate costruiscono bilanci
a suon di bottiglie vendute a prezzi ridicoli, che si traducono poi in
uve pagate sottocosto. Ma, attenzione all’inghippo: la fase commerciale
guadagna comunque, in percentuale sulle vendite, perché il peso
di operazioni strategicamente “leggere” ricade sempre e solo
sui produttori di uve; basta infatti comprare le uve a pochissimo, per
riuscire a produrre un vino a poco e poter dimostrare che cantina e vendite
sono in attivo.
La viticoltura ben gestita assume importanza
fondamentale in un territorio per la propria valenza sotto numerosi punti
di vista:
a. Ambientale: l’ambiente viene salvaguardato da attività
più impattanti, o dall’abbandono. Le prime rischiano di peggiorare
lo stato ecologico di un territorio, il secondo, seppur ecologicamente
compatibile, diviene indirettamente pericoloso poiché viene a mancare
il presidio territoriale e con esso il controllo delle attività
umane e la gestione degli eventi naturali, che in un ambiente antropizzato
devono comunque essere monitorati e governati.
b. Paesaggistico: un bel paesaggio è presupposto fondamentale per
l’incentivazione delle presenze turistiche, soprattutto nelle località
di passaggio dei flussi.
c. Economico: una viticoltura importante genera ricchezza, sia direttamente
che indirettamente (indotto sulle ditte e gli operatori del settore agricolo)
d. Sociale: l’abbandono dei vigneti genera una catena di eventi
sociali che possono sfociare in esiti disastrosi: incuria del territorio,
sconvolgimento della cultura e della tradizione, allontanamento dai luoghi
o quantomeno dai terreni di origine.
Tuttavia, come ricordato, il sistema viticolo
può reggersi solo su una ragione economica: infatti le spinte motivazionali
sorrette da tradizione, attaccamento al territorio, volontà e orgoglio
dei viticoltori, sono sempre più indebolite da un sistema sociale
che su vasta scala giustifica solo ciò che fornisce reddito. Quindi
la viticoltura non può essere solo “tecnicamente” valida,
deve anche essere “economicamente” sostenibile. Ed allora,
nelle zone in cui operano Cantine sociali, l’importanza di una Cantina
sul territorio diviene strategica e fondamentale, poiché la Cantina
è il fulcro della sostenibilità economica. E non si intende
con questo che la Cantina debba diventare, come tristemente è stato
troppo spesso in Italia, lo scarico di tutte le uve peggiori accettate
per benevolenza e con spirito di caritatevole soccorso e che, vinificate
alla bell’e meglio, si trasformano in vini di infima qualità.
Non può essere più così, perché questa è
la strategia che porta all’estirpazione dei vigneti, non alla loro
salvezza. La Cantina deve dimostrare che la qualità paga, pagare
la qualità (delle uve) e farsi pagare la qualità (del vino).
Il caso della Cantina Sociale dei Colli Amerini
Esistono Cantine Sociali, con alcune delle quali collaboriamo per il controllo
agronomico dei vigneti dei soci, che, cercando di cambiare rotta, vogliono
adottare un criterio remunerazione delle uve che porti a pagare di più
chi produce meglio, non chi produce di più a prescindere dalla
qualità, ma questo metodo è, nella grande maggioranza dei
casi, sconosciuto o inviso. Infatti, pur basandosi su un fondamento evidentemente
razionale, il metodo per funzionare deve tradursi in pagamenti estremamente
differenziati (rapporti anche di 1:4 o di 1:6 tra chi fornisce uve scarse
e chi ne porta di ottime) e, soprattutto, su valutazioni oggettive e non
contestabili, e ciò è difficile da attuare. Difficile, ma
non impossibile. È un sistema di consulenza e controllo impegnativo,
che fornisce ai viticoltori le informazioni tecniche per migliorare la
qualità delle loro uve e alle Cantine gli strumenti per monitorare
e accertare la maggior qualità consegnata in vendemmia.
Il giusto pagamento delle uve deve considerare
la loro qualità ai fini enologici, in modo che la spesa sia proporzionale
alla qualità dei vini che da esse si otterranno; nel contempo,
deve valorizzare le differenze tra i fornitori, così da garantire
la soddisfazione economica ai viticoltori che operano virtuosamente e
tanto da incentivare quelli meno attenti alla ricerca della qualità
che garantisce la migliore remunerazione.
Per giungere al concreto: produrre uva
costa almeno 0,50 €/kg, in una realtà “normale”
di viticoltura di buon livello. Questo significa che il contenuto di una
bottiglia di vino vale alla produzione oltre 0,50 €. Al valore dell’uva
si devono aggiungere i costi di vinificazione, confezionamento (bottiglia,
etichetta, tappo, imbottigliamento, cartone), commercializzazione, promozione
e gli ammortamenti di queste fasi, nonché il ricarico prima della
vendita al cliente finale. Più si aumentano i volumi di produzione,
più economie di scala ci sono, ma crediamo che sotto a € 1,70-2,00
allo scaffale sia pressoché impossibile pagare tutti i fattori
a sufficienza.
L’unica soluzione per aumentare il
reddito anche su volumi non enormi, non può che essere innalzare
il livello qualitativo, remunerando meglio coloro che fanno nascere l’uva
migliore e che permettono di conseguenza di produrre vini più qualitativi
(anche se poi questi vini si devono vendere a prezzi decenti, e ciò
è sicuramente più difficile che vendere sottocosto…).
Il metodo per la qualità VERA
Dobbiamo sempre ricordare che il vigneto è il fulcro della produzione
e va controllato durante tutta la stagione, impostato fin dalla potatura,
seguito durante lo sviluppo vegetativo, si deve verificare ed eventualmente
ridurre il carico produttivo ad inizio maturazione, si devono adottare
strategie idonee a mantenere qualità e sanità delle uve,
avendo ben presente gli obbiettivi enologici.
In questo modo, si possono differenziare i pagamenti delle uve non di
pochi centesimi al chilo, ma anche triplicare o quadruplicare il pagamento
delle partite migliori, che saranno ovviamente destinate alla produzione
di vini che, a loro volta, potranno ambire a essere venduti a prezzi almeno
tripli rispetto ai vini base di gamma. E se si ragiona su base di 2,50
€, il vino di gamma alta, ottenuto con uve eccezionali, potrà
essere venduto – facendo guadagnare tutti – già da
soli 7 €!
Questi concetti non sono utopia e questi problemi non devono cadere inascoltati,
altrimenti in pochi anni assisteremo ad una corsa al massacro, peraltro
già iniziata, in cui i carnefici possono essere molti, ma le vittime
saranno solo le viti ed i viticoltori.
Nella prossima uscita descriveremo il metodo
di valutazione delle uve adottato dalla Cantina dei Colli Amerini.
Testo a cura:
Dott. Agr. Marco Tonni marco.tonni@agronomisata.it
SatA Studio Agronomico www.agronomisata.it,
info@agronomisata.it
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