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IL
VIAGGIO GASTRONOMICO
A
cura di ASA - asa.web@asa.press.com
Canavese: terra di villeggiatura regale e di grandi vini
Chi
percorre anche frettolosamente l’autostrada che da Torino corre
verso la Valle d’Aosta, non può non cogliere il verde paesaggio
del Canavese, che riporta, con un po’ d’immaginazione, alle
lunghe villeggiature dei signori di un tempo. Molti sono infatti i viaggiatori
del passato che hanno subìto il fascino di questa terra e l’hanno
voluta conoscere più a fondo, così come faranno bene oggi
quegli automobilisti che sceglieranno di rallentare il ritmo frenetico
dei giorni nostri per concedersi il piacere di fare una sosta da queste
parti per degustare quantomeno un calice di vino. O magari decidere di
trascorrervi una breve “villeggiatura” – badate bene
non una “vacanza”, termine ormai indissolubilmente legato
alla materialità dei consumi - ma una sosta diversa in un ambiente
piacevole e rilassante in piccole cittadine che ancora oggi riescono ad
esprimere modi e costumi di un’Italia orgogliosa di essere, perché
no, un po’ provinciale.
Perché tutto questo valore in un’area così minuscola
che sulle carte geografiche quasi non si legge? Il merito è sicuramente
della natura, e poi della cara, vecchia montagna. Ivrea, la città
di Olivetti e del suo sogno urbanistico e sociale, si trova proprio al
centro di una piccolissima area di origine morenica a forma quadrangolare,
il Canavese appunto. Origine morenica significa che questa terra è
il risultato geologico di secoli di evoluzione di un grande ghiacciaio
prealpino, che si trovava a Nord-Ovest di questa zona. Vi sono numerose
tracce monumentali nell’identità, cosiddetta regale, del
Canavese.
Qui, infatti, risiedono parecchi castelli residenziali, come il Castello
ducale di Agliè, circondato da uno splendido parco romantico, il
più vasto tra tutti i castelli del Canavese, che conta ben trecento
stanze, molte delle quali conservano affreschi e meravigliosi arredi ottocenteschi.
Il Castello di Masino (Caravino) era invece il castello dei Valperga,
discendenti di re Arduino, che lo costruirono già nell’XI
secolo. Nel 1459 i Savoia lo fecero radere al suolo per punire il cancelliere
reale Jacopo Valperga, ingiustamente accusato di malversazione. Ricostruito,
nel Settecento fu trasformato in una sfarzosa residenza barocca e, dove
prima c’erano mura e fortificazioni protettive, venne creato uno
grande parco in stile inglese. Le perle degli interni sono il Salotto
Rosso, arredato con damaschi scarlatti, porcellane, miniature e ritratti
femminili, e l’appartamento di Madama Reale.
Il complesso del Castello
di Mazzè comprende due corpi di fabbrica, il castello piccolo e
quello grande, costruiti per volontà dei conti Valperga di Mazzè
sopra ruderi romani e antichissimi resti celtici (ancora oggi riconoscibili).
Il primo risale al Trecento, il secondo al secolo successivo, ma entrambi
furono pesantemente restaurati nell’Ottocento secondo il gusto neogotico-romantico.
Il complesso riveste un’enorme importanza storica: occupato dalle
truppe di Francesco I di Francia nel 1515, in seguito fu più volte
luogo di soggiorno dei Savoia, tanto che nel 1859 Vittorio Emanuele II
diresse da qui parte delle operazioni militari della Seconda Guerra d’Indipendenza;
tra i personaggi illustri che trovarono ospitalità nelle sue stanze
si ricorda anche Nicola II, Zar di tutte le Russie.
In splendida posizione, vicino al Lago di Viverone, il Castello di Roppolo
risale al X-XIII secolo. Si dice che in una delle sue pareti Ludovico
Valperga abbia fatto murare vivo un suo rivale in amore, Bernardo Mazzè.
Il suo aspetto attuale è però figlio delle modifiche apportate
nella prima metà dell’Ottocento. Restaurato nel 1981,
è diventato sede dell’Enoteca regionale dei vini della Serra,
che prende nome dalla collina morenica della Serra, tra Biella e Ivrea.
Non si può a questo punto non menzionare il Lago di Viverone, terzo
lago del Piemonte per dimensioni: oltre 6 kmq di superficie per una profondità
massima di 70 metri, il suo perimetro si estende tra i comuni di Viverone
e Azeglio, mete turistiche la cui importanza va crescendo con il miglioramento
dello stato di salute delle acque. Grazie a interventi di bonifica
condotti con successo, infatti, il lago è tornato a essere completamente
balneabile: il suo litorale è un’attrazione irresistibile
per chi desidera concedersi un buon pranzo accompagnato dagli straordinari
vini del Canavese, come per chi ama gli sport acquatici. Campeggi, hotel
e ristoranti (ma anche noleggi di barche e scuole di sci nautico) sono
più numerosi sulla costa settentrionale, mentre a sud e ovest la
vegetazione e la fauna sono più ricche e spontanee. Tutto il bacino
del lago è un importante sito archeologico: vi sono stati ritrovati
numerosi reperti dell’età del bronzo, oggi custoditi nei
musei torinesi, e molti altri sono ancora nascosti sul fondale, tanto
che gli archeologi parlano ormai di una “Civiltà di Viverone”.
Nei secoli passati i rinvenimenti casuali hanno favorito la nascita di
tante leggende, una delle quali narra che sul fondo del lago si trova
un intero villaggio che fu fondato da San Martino, distrutto dalle acque
per essersi abbandonato al peccato. Altre storie raccontano di cunicoli
segreti che collegherebbero il lago alla Dora e al Po.
Ma torniamo a parlare di territorio e di vino. Sì, perché
un vino è sempre figlio di un territorio, e certamente dalla sua
gente acquisisce una cultura, un gusto e uno stile. Le storie possono
essere diverse e mutevoli: a volte un vino prende l’onda del successo
e si diffonde nel mondo a milioni di bottiglie, talvolta i suoi numeri
restano più ridotti ma si afferma ugualmente tra i cultori di un
Paese. L’orgoglio del Canavese è sicuramente quello di aver
generato un vino che lo ha celebrato nel mondo, risultando già
famoso agli amatori europei fin dal lontano Seicento. E città simbolo
del Canavese è Caluso: non è casuale che qui sia sorta l’Enoteca
Regionale dedicata ai vini della provincia torinese. Un ceppo storico
dell’enologia piemontese è nato qui e qui si è sviluppata
una cultura del vino, intensamente partecipata dalla popolazione. Qui
nelle terre dell’Erbaluce, più che in tante altre capitali
moderne del vino, si respira un’aria di competenza enologica diffusa.
Il Consorzio di Tutela e Valorizzazione Vini D.O.C. Caluso, Carema e Canavese,
nato nel 1991 dall’evoluzione del Centro per la Tutela e Valorizzazione
Vini D.O.C. di Caluso, fondato da sette viticoltori nel 1986, da un lato
ha il compito di vigilare sul rispetto del disciplinare di queste produzioni
e difendere la denominazione da illeciti, dall’altro quello di valorizzare
e promuoverne i vini. Nel 1996 la sua competenza si è allargata
alla D.O.C. Carema e nel 1998 a quella del Canavese. Il Consorzio ha sede
a Caluso e rappresenta un punto di riferimento di notevole importanza
per tutti i viticoltori della zona. Ha anche istituito un premio annuale,
l’Arduino d’oro, assegnato a chi nel corso dei dodici mesi
si è contraddistinto per azioni particolarmente meritevoli sia
nel mondo del vino sia nel sociale. Forse i tanti piccoli appezzamenti
di queste terre non potranno competere coi grossi numeri dell’economia
globalizzata, ma chi l’ha detto che si debbano sempre, necessariamente,
fare “guerre” commerciali? Dio salvi dunque il Canavese con
le sue stradine in acciotolato, le sue case basse e quasi sempre decorate,
le sue botteghe artigiane e i suoi caffè con molti tavolini per
gli ospiti, villeggianti e residenti insieme. I grandi viaggiatori dell’Italia,
da Goethe a Hemingway, sono rimasti affascinati da questo gusto italiano,
non presente in tutta Europa, di… non bere in piedi come i cavalli,
ma di sedersi per gustare un caffè o, meglio, un calice di vino!
Leonella Zupo

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