L'ITALIA DEI SAPORI

A cura di Marina Cioccoloni


Nocera Terinese e il rito dei Vattienti
In Calabria grande impatto emotivo per una delle più singolari manifestazioni di devozione della Pasqua.

Caratteristica principale delle sacre rappresentazioni che durante la Settimana Santa si svolgono in diverse nostre località è la rievocazione del dramma della Passione di Cristo. Il giorno più celebrato è il Venerdì Santo, che in Calabria viene vissuto in tutta la sua drammaticità con manifestazioni di profonda devozione e di grande impatto emotivo. Tra queste una tra le più singolari e impressionanti per la ricchezza di simbologie coinvolte è quella che si celebra a Nocera Terinese il Venerdì e il Sabato Santo. La processione penitenziale è caratterizzata dal rito dei Vattiénti (battenti), cioè di giovani devoti che a gambe e piedi nudi raggiungono la statua della Pietà che sfila in processione e al suo cospetto si battono a sangue. Questo rito di autoflagellazione è ricco di simbologie ed è la trasposizione moderna degli arcaici rituali religiosi di sacrificio e sofferenza volontaria. I Vattienti sono uomini che adempiono un voto e praticano la devozione, tramandata da padre in figlio, di flagellarsi pubblicamente, con l’intento di condividere con Cristo il dolore della crocifissione.

Il Vattiente è vestito di norma con una maglietta nera e un pantaloncino nero (in segno di lutto) rimboccato fino ai fianchi. In testa ha una corona di spine di sparacogna, il cespuglio spinoso degli asparagi selvatici, che poggia su una bandana nera chiamata mannile. Lo accompagna l'Acciomu (Ecce homo), un giovane a torso nudo, spesso il figlio o il fratello minore, vestito di una semplice tunica rossa che lo copre fino alle caviglie. Anche lui ha in capo una corona di spine e in mano porta una croce di canna o stecche di legno, adorna di strisce di panno rosso lunghe un metro e che rappresentano il sangue sgorgante di Cristo. I due sono collegati tra loro alla vita da una cordicella non più lunga di tre metri. Li segue un amico con una tanica di vino rosso che rappresenta l’aceto dato con la spugna a Gesù e che ogni tanto viene versato sulle parti sanguinanti per disinfettarle e per un ulteriore sanguinamento.

Tutto ha inizio la sera del Venerdì Santo quando dalla Chiesa dell’Annunziata di Nocera Terinese esce la statua della Madonna Addolorata, una scultura che raffigura Maria che ha sulle ginocchia il Figlio morto sulla croce. La statua, di chiara scuola napoletana, risale al ‘600 ed è oggetto di profonda devozione da parte dei noceresi. La leggenda narra che fu scolpita in un unico tronco di piraina, una varietà di pero selvatico, da un pastore che ad opera conclusa divenne cieco affinché non potesse scolpirne un’altra altrettanto bella. Mentre la statua sfila per le vie del paese ecco arrivare correndo a piedi scalzi il primo Vattiente che giunto davanti alla statua della Vergine si inginocchia in segno di devozione poi si rialza e comincia a battersi a sangue polpacci e cosce con un grosso disco di sughero con infissi tredici aculei di vetro.

La scena si ripete nuovamente il Sabato Santo mattina, quando la statua della Madonna Addolorata esce di nuovo per una processione più lunga della sera precedente e che tocca tutte le vie e i vicoli del paese, con la partecipazione di un gran numero di fedeli. I Vattienti, questa volta molti più della sera precedente, dopo la preparazione in un locale al chiuso chiamato “Catuoju” e alla presenza solo di uomini, attraversano le vie del paese e giunti al cospetto della statua tornano a battersi producendosi estese ferite. Continuano quindi il giro penitenziale visitando le varie stazioni della Via Crucis e battendosi nuovamente davanti ad ognuna di esse. Al termine ogni Vattiente rientra nel Catuoju, lava le ferite con un infuso di rosmarino messo preventivamente a bollire in un pentolone e dalle potenti proprietà cicatrizzanti, si riveste di abiti civili, raggiunge il corteo processionale e si confonde tra la folla dei fedeli.

La tavola calabrese è ricca di prodotti dai sapori intensi tra i quali il più caratteristico è il peperoncino, "u diavulillo", utilizzato quasi in ogni piatto. L'entroterra di Nocera Terinese è importante per la produzione dell'olio, un extravergine ottimo con acidità molto bassa e con un sapore fruttato con spunti di piccante e amaro. Particolari e tipici della zona appena a nord di Nocera sono i pomodori di Belmonte Calabro, dalla polpa rosata e dolce e dalle grandi dimensioni. A sud, straordinarie le cipolle rosse di Tropea, leggere e dal sapore dolce e delicato. Altra eccellenza locale sono i fichi secchi, la cui produzione è sconfinata: fichi ricoperti al cioccolato, farciti con noci, alla grappa, lavorati a "crocetta", riuniti in collane, ecc. La fantasia dei calabresi per la lavorazione del frutto di questa pianta mediterranea tipica non ha davvero limiti!

 


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