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L'ITALIA
DEI SAPORI
A cura di Marina
Cioccoloni
Salento: Le tavole di San Giuseppe
In occasione della festa di San Giuseppe, il 19 marzo, nella Puglia Salentina
rivive una tradizione folcloristica estremamente particolare e dalle origini
incerte che si ritiene abbia avuto origine nel medioevo. Si chiama “Le
tavole di San Giuseppe” e c’è chi la fa risalire all’usanza
dei nobili locali di offrire una volta l’anno un ricco banchetto
ai poveri. Altri invece reputano che sia di origine bizantina, e che si
ricolleghi alla distribuzione di cibo ai bisognosi, tradizione ripresa
in seguito dalla confraternita di San Giuseppe che in occasione della
festa del Santo distribuiva cibo ai poveri. Se le origini sono incerte,
certo è che l’usanza è giunta fino a noi e continua
a perpetuarsi ogni anno nei paesi di Minervino, Cocumola, Uggiano La Chiesa,
Vignacastrisi e Giurdignano.
Le
tavole di San Giuseppe sono delle tavole ricche di pietanze che vengono
imbandite in segno di devozione nelle case di persone che sono state graziate
da San Giuseppe e intendono con questa specie di ex-voto ringraziare il
Santo per quanto ricevuto. Oppure possono essere imbandite da persone
che sperano nell’intercessione di San Giuseppe per un evento futuro
che sperano si compia.
Il capofamiglia farà la parte di
San Giuseppe e alla tavolata siederanno, in numero dispari, parenti, o
persone del paese o ospiti di riguardo invitati per partecipare al pasto
impersonando la Sacra Famiglia e dieci santi. Sulla tavola, apparecchiata
a festa con tovaglie bianche ricamate e gigli, vengono allestite nove
pietanze tipiche della tradizione salentina a cui viene attribuito un
forte valore simbolico: pasta e ceci (in dialetto la massa) che rappresenta
i colori del narciso, la cui fioritura è simbolo della primavera.
Lampascioni sott’olio e sott’aceto, a simboleggiare la fine
dell’inverno e il passaggio alla nuova stagione di rinascita, pesce
fritto, a ricordo del legame di Giuseppe con Gesù, cavolfiore,
che simboleggia il bastone fiorito di San Giuseppe, ncartiddate, tipici
dolci salentini ricoperti di miele a rappresentare le fasce che avvolgevano
Gesù Bambino, e stoccafisso in umido, una volta il cibo delle grandi
occasioni festive. Un posto d’onore viene assegnato al pane o meglio
ai pani, dalla forma di grosse ciambelle dal peso di 3 o 5 chili preparate
e cotte in precedenza con un rituale che deve rispettare delle regole
ben precise.
Il modo in cui vengono consumate le pietanze è
particolare: San Giuseppe siede a capotavola, impugnando il suo bastone.
Ai suoi lati, abbigliati con i panni semplici della vita quotidiana, Maria,
Gesù e dieci Santi: Sant’Anna, Santa Elisabetta, San Zaccaria,
San Gioacchino, San Filippo, San Giovanni, Santa Maria Cleofe, Sant’Agnese
e San Giuseppe D’Arimatea. San Giuseppe dà il via al pasto,
degusta le pietanze e battendo due volte a terra il bastone indica agli
altri commensali di terminare e di procedere all’altra portata.
Il tutto mentre si recitano preghiere.
Le tavole sono imbandite la sera prima della festa e, quando pronte,
il parroco si reca a visitarle e a dare la sua benedizione. Dopo la benedizione
del parroco vengono aperte le porte delle case e chiunque può entrare:
inizia una lunga processione che va avanti fino alla notte perché
tutto il paese, dai bambini agli anziani, compresi turisti e curiosi,
visita le tavole in una sorta di pellegrinaggio collettivo che assomiglia
quasi alle visite ai sepolcri pasquali. La mattina dopo i commensali si
recano in chiesa per la confessione e dopo la messa San Giuseppe dà
inizio al pasto, seguito dagli altri commensali che assaggiano e pregano
secondo il rituale illustrato sopra.
Il 19 marzo, e quest’anno anche il 18 che cade di domenica, in segno
di devozione verso San Giuseppe nella piazza principale dei paesi dove
si svolge questo antico rito, l’amministrazione comunale allestirà
una tavolata lunga 40 metri alla quale si siederanno la Sacra Famiglia
e dieci santi.
Chi vuole può candidarsi ad impersonare qualcuno dei personaggi.
Info: prolocominerva@libero.it,
www.vignacastrisi.it
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