L'ITALIA DEI SAPORI

A cura di Marina Cioccoloni


La più pagana delle feste cristiane: la festa dei serpari a Cocullo

Cocullo, piccolo paese d’Abruzzo poco distante da Sulmona, ridotto ormai a poche decine di abitanti. Il primo giovedì di maggio si anima attirando folle di fedeli e curiosi per quella che è universalmente conosciuta come la “festa dei Serpari”, una festa popolare risalente ad antichi riti pagani legati al culto della Dea Angizia, nella quale gli elementi arcaici e le credenze popolari si sono fusi con il rito cristiano e la devozione a San Domenico Abate. Un rito inalterato nel tempo e che senza ombra di dubbio si può definire una delle più emblematiche rappresentazioni folkloristiche d’Italia.
San Domenico visse per un certo periodo intorno a Cocullo conducendo vita da eremita e esercitando il suo particolare potere contro le serpi e gli animali feroci compiendo vari miracoli. La particolarità della festa sono i rettili con cui viene adornata la statua del santo per la processione. Secondo la credenza popolare, se nel corso della processione le serpi si avvolgeranno intorno alla testa e al volto della statua si avranno buoni raccolti, mentre se le serpi resteranno ai piedi della statua, la stagione sarà magra.
Dalla metà di marzo, quando l’aria si fa più tiepida e le serpi risvegliate dal letargo cominciano ad uscire all’aperto, i cocullesi vagano per i campi alla ricerca di cervoni, innocue bisce, serpi varie, che vengono rinchiuse in vasi di vetro e alimentate con crusca fino alla mattina della festa quando, prima della cerimonia religiosa, sono portate in giro per il paese a mo’ di trofeo e chi vuole può provare il brivido di toccarle o adornarsene il collo.
Il rituale dei pellegrini e devoti che in occasione della festa giungono a migliaia in questo piccolo paese dell’Abruzzo, è fisso da centinaia d’anni: entrano in chiesa cantando, e per ottenere grazie e guarigioni percorrono in ginocchio il tragitto dall’ingresso alla statua del Santo, tirano con i denti la catena di una campanella appesa al muro, segno benaugurante per scongiurare il mal di denti o per guarirne chi ne soffre, poi in religioso silenzio partecipano al rito della Messa, a cui fa seguito un’imponente processione con la statua del santo, adorna di serpi, per le vie del paese. Prima di prendere parte al corteo, molti fedeli si attardano in un angolo della chiesa per riempire dei sacchetti con la terra di San Domenico, terra locale benedetta che, portata a casa e sparsa nei campi, proteggerà dai serpenti velenosi.
Aprono la processione ragazze in costume tipico che portano sul capo ceste contenenti i ciambelli rituali preparati dalle donne del paese e che vengono poi offerti ai portatori della statua. Da alcuni anni personaggio emblematico è un pellegrino miracolato proveniente da Gizzi che mostra la profonda devozione a San Domenico con il suo ex-voto, una pesantissima conca abruzzese in rame rivestita di “ ferratelle” , il tipico dolce abruzzese il cui nome deriva dallo strumento con cui vengono cotte, il “ ferro” da scaldare sul fuoco, e ripiena di prodotti della natura: grano, olio, vino, dolci, fiori, ecc. con la quale sfila per il paese precedendo la statua del santo. Terminata la festa le serpi, che un tempo venivano uccise per disinfestare la campagna dalla loro numerosa presenza, sono riportate là dove erano state catturate.
E se il primo giovedì di maggio è Cocullo a festeggiare San Domenico, la prima domenica è la volta di Pretoro, alle pendici orientali della Maiella. Ma di Pretoro, dove la festa contempla anche l’elemento del teatro popolare, parleremo un’altra volta.


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