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L'ITALIA
DEI SAPORI
A cura di Marina
Cioccoloni
LA CARRESE
Dicono che la nascita
de “La carrese”, una tradizione diffusa in alcuni paesi a
cavallo tra il Molise e la Puglia e che consiste in una corsa sfrenata
di carri trainati da buoi, risalga addirittura all’anno 1000. La
leggenda racconta che durante una battuta di caccia il conte di Loretello
e i feudatari di San Martino in Pensilis, Guglionesi, Ururi, Larino, Serracapriola,
Portocannone e Campomarino, furono testimoni di un fatto straordinario.
All’improvviso una forte luce scaturì dal terreno e il cavallo
del conte si arrestò. Si iniziò a scavare nel punto da cui
emanava la luce ed emerse un’urna contenente delle spoglie definite
sante da una indicazione esterna. Non potendo stabilire chi dovesse prenderle
in consegna il vescovo di Larino dispose di mettere l’urna su un
carro e lasciar andare i buoi: dove si sarebbero fermati, là le
reliquie sarebbero state custodite e venerate. Il carro passò per
Chieuti, Larino, Portocannone, Ururi e San Martino in Pensilis e ogni
paese decise di ricordare l’evento replicando ogni anno il passaggio
del carro.
Così ancora oggi ogni anno verso la fine di aprile e i primi giorni
di maggio a Chieuti, San Martino in Pensilis, Ururi e Portocannone si
corre un singolarissimo palio che unisce il rito religioso alla tradizione
pagana e i cui protagonisti sono dei buoi.
Il
rituale è più o meno lo stesso in tutti e quattro i paesi,
e viene vissuto con estremo coinvolgimento da parte di tutta la popolazione,
che durante il corso dell’anno si prepara all’evento curando
tutta l’organizzazione: i buoi e i cavalli che li affiancheranno
vengono selezionati con cura e allenati con l’aiuto di specialisti
mentre si pensa anche all’allestimento dei carri. Le squadre sono
in genere composte da una quindicina di persone, tra coloro che guideranno
i carri e i cavalieri a cavallo che hanno il compito di incitare le bestie
durante la corsa. Quando si avvicina il giorno della festa, che cade in
data variabile in alcuni paesi ed è fissa per Ururi che la celebra
sempre il 3 di maggio, giorno della festa del santo patrono, le fazioni
si dividono, si comincia a tifare per uno o per l’altro carro e
si diventa rivali. Ad Ururi i carri sfidanti sono soltanto due: i Giovani
(bianco e azzurri) e i Giovanotti (giallo e rosso), mentre negli altri
paesi sono tre. A San Martino in Pensilis,
oltre ai Giovani e ai Giovanotti con gli stessi colori di Ururi, c’è
il carro dei Giovanissimi con i colori giallo e verde. Anche a Chieuti
tre carri: Giovanissimi (colori bianco e blu), Cittadella (giallo e rosso)
e Collefinocchio (bianco e verde). Portocannone, che aveva due carri come
Ururi e anche gli stessi colori, da un paio d’anni ha aggiunto un
terzo carro Mandarino (colore arancione).
Il
rito comincia la sera prima con la benedizione dei carri e dei buoi, che
addobbati per la festa vengono portati in processione per il paese fino
al sagrato della chiesa dove si svolge la cerimonia religiosa con le massime
autorità locali, parroco e sindaco in testa. Il mattino dopo per
tutto il paese si respira l’atmosfera carica di tensione dell’attesa.
Dopo un anno di preparativi è giunto il momento decisivo: nel primo
pomeriggio i carri vengono portati fuori paese, in uno spiazzo erboso
dove ad un cenno stabilito viene dato il via alla corsa. In una nuvola
di polvere, tra il fuggi fuggi generale dei presenti, data la pericolosità
del momento, comincia una gara sfrenata che si consuma in pochissimi minuti.
Lungo tutto il tragitto la gente in attesa da ore vede sfrecciare in pochi
secondi i carri che si contendono la vittoria dell’anno. Non passano
più di 7/8 minuti dal momento del via all’arrivo in piazza,
dove chi arriva per primo viene decretato vincitore. Tra le acclamazioni
del pubblico inizia la sfilata per il paese mentre la tensione scema e
i perdenti già cominciano a pensare alla corsa del prossimo anno.
Tra i prodotti tipici di questa zona a
cavallo tra Molise e Puglia troviamo l’olio, il prosciutto affumicato,
le provole e la treccia vaccina molisana. La treccia è un formaggio
a pasta filata dalla forma particolare, infatti ha l’aspetto di
un nastro intrecciato. La pasta della cagliata dopo bollitura viene tagliata
a strisce sottili che vengono prima fatte raffreddare e poi lavorate fino
a formare una treccia lunga anche un metro che si può conservare
per una settimana circa.
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