L'ITALIA DEI SAPORI

A cura di Marina Cioccoloni


Il Cristo del Venerdì Santo di Bagnoregio
Nell’Alta Tuscia un’antica tradizione vede in rivalità Civita e Bagnoregio che il Venerdì Santo si contendono la statua del Cristo.

Andare in giro per l’Italia durante la Settimana Santa è come vivere all’interno di un enorme palcoscenico e assistere ad uno spettacolo continuo. Tutto inizia con le manifestazioni della Domenica delle Palme per raggiungere il culmine il Venerdì Santo, quando gli abitanti di numerose località si improvvisano attori e danno vita a numerose rievocazioni della Passione di Cristo e ad una moltitudine di processioni tipiche. Una di queste nell’Alto Lazio ha la caratteristica di evidenziare non solo la religiosità e la devozione della popolazione, ma anche la rivalità tra il vecchio nucleo e la nuova cittadina.
Bagnoregio è un paesino dell’entroterra viterbese, al confine con la Toscana e l’Umbria, nato dopo lo spopolamento del precedente nucleo medievale, Civita. Chiamata la “città che muore”, Civita è posta in posizione suggestiva in cima ad un blocco tufaceo. L’erosione di quest’ultimo verso la metà del 1800 costrinse gli abitanti ad abbandonarla per trasferirsi nella più sicura Bagnoregio. Collegata a quest’ultima tramite un ponte pedonale e abitata ormai da poche persone, Civita fa parte dell’Associazione “I Borghi più belli d’Italia” ed è visitata ogni anno da migliaia di turisti. Col trasferimento degli abitanti nel nuovo nucleo, fu spostata anche la processione del Venerdì Santo, ma la decisione animò la rivalità tra i due borghi: il primo, Civita, non intenzionato a cedere l’antico crocifisso che si continua a conservare nella chiesa di San Donato, il secondo, Bagnoregio, interessato invece ad “acquisirlo”.

La tradizionale Processione del Venerdì Santo risale alla prima metà del 1600 e vi partecipano oltre 300 figuranti in costume che impersonano i diversi personaggi che hanno avuto un ruolo nella storia della passione di Cristo: dai grandi sacerdoti a Pilato, la Veronica, le pie donne, la Maddalena, il Cireneo, i soldati romani e così via. Ma il soggetto principale della processione resta la scultura lignea del S.S. Crocifisso di Civita, oggetto di profonda devozione fin dal 1400 quando, secondo la leggenda, durante la peste del 1499 che colpì tutta la zona, parlò ad una donna che ogni giorno si recava a pregare davanti alla statua supplicandola affinché il terribile flagello avesse fine. Alla fine le preghiere della donna furono esaudite: un giorno, mentre era inginocchiata come sempre davanti alla statua, sentì una “voce” proveniente dal crocifisso. La “voce” le disse che il Signore aveva apprezzato la sua grande devozione e aveva deciso di esaudire le sue preghiere ponendo fine alla pestilenza, cosa che avvenne poco tempo dopo, proprio il giorno in cui la donna morì.

Da allora il Venerdì Santo è un giorno speciale sia per Civita che per Bagnoregio e la popolazione tutta si attiva per dare vita alla festa più importante dell’anno. Al calar della sera inizia lo spettacolo.
Un lungo corteo di fedeli esce dalla chiesa di San Donato di Civita insieme al crocifisso. Questo viene adagiato su un feretro e il corteo, aperto dalle confraternite con i loro gonfaloni, inizia la sua lenta discesa verso Bagnoregio attraversando il ponte di collegamento che scavalca il dirupo che divide le due località. Tra due ali di folla in religioso silenzio la processione sfila per le vie di Bagnoregio fino a raggiungere la chiesa, accanto alla quale viene allestito un palco dove viene messa in scena la scena di Pilato e la flagellazione di Gesù. Terminata la rappresentazione sacra il corteo riprende subito la via di Civita per riportare immediatamente il Cristo nella sua chiesa: la tradizione impone che il rientro avvenga categoricamente entro la mezzanotte del Venerdì Santo, pena il passaggio di proprietà della statua alla città di Bagnoregio. Suggestiva e più drammatica l’altra tradizione locale che invece si ricollega alla progressiva erosione della città che muore e vuole che il crocifisso faccia ritorno “a casa” entro la mezzanotte perché in caso contrario Civita sprofonderebbe per sempre tra i calanchi.

Siamo nella Tuscia Viterbese, terra di eccellenze, tra cui spicca l’olio, le nocciole, i legumi . La vicinanza con la Toscana e l’Umbria si fa sentire e tra le produzioni locali spicca anche l’ottimo pecorino e durante il periodo pasquale la pizza al formaggio e all’anice, specialità più tipicamente umbre.


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