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ATTORNO
ALLA TAVOLA
A cura di CARLO PASSERA [ passera.web@asa-press.com
]
Ecco l’Ice Wine dell’Alta
Valle di Susa
Gli eno-appassionati sono avvertiti: dal prossimo autunno, salvo
problemi dell’ultim’ora, verranno messe sul mercato per la
prima volta nella storia le bottiglie del “San Sebastiano”,
il vino del ghiaccio della Comunità Montana Alta Valle di Susa.
Si tratta di una novità assoluta che coniuga la tutela del territorio,
la valorizzazione delle sue caratteristiche e culturali con la volontà
di garantire all’area un futuro anche dal punto di vista occupazionale
ed economico. Una prima produzione limitatissima di vino del ghiaccio
altovalsusino si era avuta l’anno passato, quando era stato intrapreso
questo affascinante progetto su iniziativa della Comunità Montana
e grazie all’idea di Donna Sommelier Europa: 110 bottiglie da 37,5
centilitri erano state presentate al pubblico ma non erano state rese
disponibili alla vendita, poiché si trattava di una vera e propria
anteprima, di una “prova tecnica” in vista di traguardi più
ambiziosi. Che ora sono a portata di mano: la temperatura rigida della
settimana scorsa ha infatti permesso ai grappoli delle vigne di Chiomonte
(Torino) di ghiacciare per alcune notti consecutive, raggiungendo le condizioni
che consentono di ottenere non più di qualche goccia di succo concentratissimo
da ogni acino. Così tra sabato e domenica si è potuta svolgere
– rigorosamente a mano - la vendemmia 2007 del "San Sebastiano",
già rinviata di alcuni giorni a causa del clima insolitamente mite
di questo inverno (le regole della produzione dei vini del ghiaccio sono
assai rigide sul tema: raccolta e torchiatura dei grappoli gelati devono
avvenire a temperature rigide). All’alba di sabato 28 gennaio i
vendemmiatori hanno tagliato la maggior parte dei grappoli rimasti sui
filari, poi il lavoro è stato completato con la festa popolare
per la suggestiva vendemmia notturna di domenica sera. Le condizioni erano
ottimali: una temperatura che si aggirava attorno ai -8° ha permesso
di produrre un mostro molto denso, quasi oleoso, dal sapore estremamente
zuccherino e dal particolarissimo colore aranciato. Un nettare prezioso,
dal momento che la resa si è rivelata molto bassa: dai 30 quintali
di uve dedicate a settembre al progetto dalla Cooperativa Clarea (che
gestisce le vigne della Comunità Montana Alta Valle Susa) si sono
vendemmiati 5 quintali di grappoli, che hanno prodotto circa 200 litri
di mosto; la raccolta dell'Azianda Casa Ronsil, che a sua volta partecipa
all’iniziativa, è stata invece di 150 chili di uve circa
che hanno dato 50 litri di mosto. Quantità minime, ma fa parte
del gioco: per loro natura i “vini del ghiaccio” comportano
una vendemmia tardiva con produzioni che raggiungono a malapena il 5-10
per cento di quelle normali e d’altra parte – come confermano
alla Comunità Montana – già grande è stata
la soddisfazione di essere comunque riusciti a raggiungere una buona produzione
(potrebbe aggirarsi sulle 600 bottiglie) per questo vino “nuovo”,
quando in giro per l’Europa i produttori di altri nettari simili
e ben più radicati hanno dovuto dichiarare forfait a causa delle
condizioni climatiche sfavorevoli. «Siamo molto soddisfatti della
sperimentazione di quest'anno, perché abbiamo registrato l’entusiasmo
dei produttori che hanno aderito, dei cittadini di Chiomonte e dei tantissimi
che si sono interessati a questa vendemmia arrivando anche da molto lontano
per partecipare - ha dunque confermato il presidente della Comunità
Montana altovalsusina, Mauro Carena - Il vino del ghiaccio è un
prodotto tipico e al contempo innovativo. Nasce da vigne situate in alta
quota che per noi rappresentano un modo per valorizzare la tradizione
e la fatica delle generazioni passate, ma anche tutelare l’ambiente
e la cura del paesaggio con l'agricoltura di montagna. Dal vino del ghiaccio
può inoltre scaturire un’ulteriore immagine positiva per
i vini dell'Alta Valle Susa, con importanti significati economici ed occupazionali
per coloro i quali, magari giovani, intendono lavorare sulle nostre montagne.
Come Comunità Montana abbiamo voluto garantire serietà e
rigore alla sperimentazione e per questo avevamo deciso di rinviare la
vendemmia la scorsa settimana. Siamo felici che il clima si sia rivelato
ancora una volta estremamente adatto a questo tipo di vendemmia anche
in una situazione anomala come quella di quest'anno, permettendoci di
raccogliere secondo le regole di quello che è un prodotto del tutto
naturale e di qualità».
Lo scorso anno il vitigno prescelto per la sperimentazione era stato l'Avanà,
forse il più rappresentativo tra quelli tradizionali, ma quest’anno
si è voluto sperimentare anche una piccola produzione da vitigni
autoctoni vari. La vinificazione avverrà sempre sotto la supervisione
di enologi esperti in vendemmie estreme, con una lenta fermentazione e
il riposo in botticelle di rovere. «Il San Sebastiano è il
risultato di lunghi mesi di lavoro in vigna e di una lenta fermentazione
– ha sottolineato Carena - Si pone all'attenzione del pubblico per
le sue caratteristiche sensoriali e per la particolarità di una
vinificazione estrema, che ha dato nel 2006 un ottimo prodotto».
E anche per il 2007 le premesse sono ottime. «Il vino del ghiaccio
è, in una suggestiva immagine, figlio del volto invernale dell'acqua,
prodotto e vinificato in condizioni estreme, acqua e vino in un binomio
di eccellenza per una qualità ricercata», ha concluso a sua
volta Maria Luisa Alberico, curatrice del progetto.
In alcune zone dell'Europa centrale e del Canada, è assolutamente
normale che a dicembre e per buona parte di gennaio l’uva si trovi
ancora tutta sulla pianta. L’azione del gelo disidrata il frutto
e permette una concentrazione dei succhi, intensificando così gli
aromi ed i profumi del vino ottenibile. Durante le più fredde notti
d'inverno, dunque, si compie il prodigio dell’Ice wine. Con l'aiuto
di lampade e riflettori, decine di vendemmiatori tagliano, rigorosamente
a mano, i grappoli gelati. La produzione è estremamente bassa mentre
la qualità varia molto a seconda di quanto il clima abbia agevolato
sia la maturazione sia il congelamento dei grappoli. Gli acini, raccolti
congelati, vengono dunque pressati in condizioni di freddo estremo; in
questo modo, la parte acquosa del frutto, costituitasi in cristalli, può
essere scartata, consentendo di ottenere non più di qualche pregiatissima
goccia di succo concentrato. Il risultato è un mosto molto zuccherino
che darà un vino particolarissimo chiamato Icewine, Eiswein o ancora
Vin de Glace, vale a dire "vino del ghiaccio". In seguito il
vino è lasciato ad una lenta fermentazione naturale che dura svariati
mesi e che andrà ad arrestarsi naturalmente. Ora questa tradizione
antica e fascinosa trova nuova vita anche in Alta Valle Susa.
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