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ATTORNO
ALLA TAVOLA
A cura di CARLO PASSERA [ passera.web@asa-press.com
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QUANT’E’ TRENDY
LA PAGNOTTA
Crackers,
fette biscottate, crostini integrali, pani industriali o surgelati? No,
grazie. Gli italiani riscoprono la bontà del vecchio caro pane
fresco artigianale: che non sarà più quello di una volta
(almeno non sempre), ma in fatto di gusto e qualità sbaraglia facilmente
una concorrenza che pure negli ultimi anni si era fatta sempre più
agguerrita e penetrante. Di più: è in atto un boom del consumo
del pane fresco artigianale, almeno a giudicare i numeri dell’indagine
demoscopica commissionata ad Astra Ricerche dal Siab, il Salone Internazionale
dell’Arte Bianca, di scena dal 5 al 9 maggio a Veronafiere. Gli
italiani che dichiarano come in famiglia si acquisti pane fresco artigianale
sono il 96%, con un consumo è sostanzialmente trasversale. I due
concorrenti diretti sono il pane industriale, che non supera il 28%, e
il pane surgelato/congelato che arriva al 7%. Ma anche i cracker col 63%,
le fette biscottate col loro 66%, i grissini col 46% e i granetti col
17% si tengono a grande distanza dalla pagnotta appena sfornata. Di più:
mentre fino alla fine degli anni ’90 il prodotto artigianale appariva
in calo a favore di quello industriale o surgelato/congelato e specialmente
dei cosiddetti prodotti sostitutivi, con l’aprirsi del nuovo millennio
la diffusione del pane “doc” è tornata a crescere:
più del pane industriale e specialmente più dei prodotti
sostitutivi, di cui si registra un calo generalizzato (specie per i grissini
e le fette biscottate). Oltretutto gli acquirenti di questi ultimi prodotti
lo fanno perlopiù per questioni di salute o intolleranza alimentare,
oppure per l’impossibilità o la scomodità nell’approvvigionarsi
di pane fresco, mentre solo quattro consumatori su dieci che snobbano
la pagnotta fresca dichiarano espressamente una preferenza per il prodotto
industriale. Insomma, una piccola minoranza oggi tallonata da vicino anche
dai tanti che consumano pane auto-prodotto in casa sia in forni tradizionali
che moderni: costoro non sono affatto vecchi contadini o montanari ma
- all’opposto - giovani men che 35enni, più residenti nei
comuni minori, specie studenti e appartenenti al ceto medio impiegatizio
e autonomo, con 0-14enni in famiglia.
Insomma, siamo di fronte a un consumo consapevole e rivolto a un prodotto
in funzione della sua qualità intrinseca. Il tutto poi è
favorito da un modello commerciale che, pur a fronte di un peso crescente
della moderna distribuzione alimentare (in tal caso il pane smerciato
perlopiù è industriale e/o surgelato) si caratterizza soprattutto
per la straordinaria leadership del dettaglio tradizionale, che serve
l’81% degli italiani, con particolare forza delle panetterie dotate
di forno proprio (da sole servono il 70% degli acquirenti di pane di ogni
tipo e il 90% degli acquirenti di pane fresco artigianale).
Le ragioni di questo successo? Il pane fresco artigianale non è
considerato un alimento vecchio e superato (lo pensa il 4%) e neppure
un prodotto consumato prevalentemente dai poveri (una tesi propria solo
del 12% del campione): al contrario, esso è ridiventato un alimento
che corrisponde pienamente ai più moderni stili alimentari e di
vita, con un eccellente rapporto qualità/prezzo, pilone portante
del “made in Italy” ma nello stesso tempo capace di riflettere
le mille sfaccettature delle nostre tradizioni regionali o locali. Infine,
viene anche considerato uno degli alimenti più sicuri, semplice
e genuino, senza rischi di truffe o sofisticazioni (specie quello artigianale,
of course). Per il 60% degli italiani addirittura “fa bene alla
salute”. Insomma, un successone. Tanto che la ricerca voluta dal
Siab conclude trionfalmente: non esiste alcun altro alimento e probabilmente
alcun prodotto che sia giudicato contemporaneamente esempio di tradizionalità
positiva (dal 77% del campione) e di modernità (89%), di trasversalità
democratica (84%) e di prestigio sociale (71%).
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