MONOGRAFIE Esperienze e testimonianze della tradizione e varianti popolari di pietanze padane” - Tavola Rotonda del 10.11.2005 alla Famiglia Bustocca Scaletta degli interventi - Introduzione al tema: Gudrun Dalla Via, ASA - Ricerca e conservazione della propria identità da parte dei territori e delle Consorterie e degli abitanti. Antagonismo dei gruppi. - Enzo Lo Scalzo, ASA e AA - Dalle tradizioni
popolari alle interpretazioni sostenibili per studi, indagine o per tramandazione
familiare. - Dr. Luigi Giavini, storico del territorio. Miti popolari e indagini storiche. Protagonismo dell'animale da lavoro dalla nascita… alle feste popolari. Il Dr Giavini elencherà alcuni temi della tradizione popolare a cui queste pietanze sono collegate. E’ comune denominatore la cucina che utilizza – soprattutto in tempi di difficoltà nutrizionali – anche l’animale da lavoro, amico dell’uomo, a cui l’affetto ed il rispetto non sempre può essere conservato alla sua morte... E’ solo fame? Come può trasformarsi quasi in festa? Ricerca ed occasione di ritrovo a tavola. - Dr. Angelo Grampa. I problemi della riproponibilità
nella ristorazione, e fedeltà alle origini, aspetti di alimentazione
e salute. Varianti alla tradizione bustocca (Bruscini, Bruscitt, ecc). - Il Magistero dei Bruscitti di Busto -
Dr. Luigi Toia. - Antica Trattoria Piacentina "Il
Giardinetto". Sig, Antonino Roffi. Varianti alla tradizione della
"Picula ad caval" in 40 anni di esperienza diretta di ristorazione. - ASA - Coldiretti di Novara. Dr. Jacopo
Fontaneto. Tradizione dei territori della provincia novarese e dell'entroterra
lacustre. - Confronto a dibattito. Conviviale Giovanni Frati è protagonista per una crescita attraverso la formazione al gusto del piacere della tavola e della qualità dell’alimentazione, ma soprattutto eccelle nella ricerca della conservazione della tradizione del territorio e in una sua sostenibile evoluzione di gusto. Sua l’idea di presentare la piccola antologia delle carni della tavola rotonda conclusa alla Famiglia Bustocca con un “orologio”, metodo congeniale alla degustazione in sequenza oraria di formaggi, praticato con consenso globale dall’ONAF, e nel caso adattato alle carni stufate e alle polente. Ab initio, stuzzichini di polenta fritta durante la presentazione dei protagonisti dell’antologica dei piatti e dei vini: quattro Cuochi (Roffi, Rebuscini. Molina e Frati) e quattro Ristoranti (Il Giardineto di Milano, La Bocciofila di Borgomanero, Il Campeggino di Montegrino e Le Volte di Busto Arsizio) si assumono l’onere della rappresentazione con i suoi vini Gutturnio della Val Nure, Croatina della Valtravaglia, Vespolina colli novaresi 2004, di Ghemme quest’ultimo illustrato dal presidente di Coldiretti di Novara recentemente premiato al Calice d’Oro Il primo “vassoio” contiene due piatti-orologio: una bandierina indica l’inizio del percorso d’intensità di sapori delle carni e delle polente. Nel primo giro esplorativo il confronto delle sensazioni di gusto lascia libertà a successive preferenze personali d’accostamento con l’annotazione dei o del gradimento più gustoso. Dopo il primo ciclo sono riprese ad esaurimento le carni mentre le polente diventano protagoniste anche della seconda “imbandigione” con un orologio di formaggi: formagella di capra del luinese, latteria d’alpeggio del Carso, Gorgonzola dolce e naturale. In chiusura una sveglia alla frutta in “Macedonia” e il gusto finale del “Broed e ven”... prima della buona notte... Riflessioni sulle carni sminuzzate attraverso battitura manuale a coltello La recente tavola rotonda sul tema Brusciti, bruscitt, picula ad caval e tapulone con la degustazione delle ricette di riferimento della confraternita e della tradizione popolare di preparazione di carni battute a coltello, brasate e rese particolarmente buone e gradevoli mi ha portato ad approfondire alcune riflessione su: dove, come, quando, perchè era successo? L’aiuto proveniente dalle consorterie costituitesi prevalentemnente in tempi recenti è fondamentale, manca tuttavia un tentativo di riconciliazione dei fattori capaci di rendere confrontabili ed affini sia i tempi quanto l’evoluzione dei sapori e l’apprezzamento del loro gusto. In occasione del dibattito il consesso dei relatori ha riconosciuto il manifestarsi nel tempo di particolari fattori di “imitazione o comuni” e di “differenziazione”. Le certezze nascono dal confronto delle esperienze, dall’evoluzione espressa dalla ricettazione di territori piuttosto limitrofi, di origine, condizioni ambientali e sviluppo culturale confrontabili nel lungo termine. Le pietanze si assomigliano geograficamente per il “bisogno di alimentazione”, “bisogno di soprannaturale”, “bisogno di divertimento” che sfociano in salubrità, significato simbolico e culturale e piacere del gusto di popolazioni insediate tutte nella pianura padana a ridosso della zona collinare. Queste popolazioni sono cresciute negli ultimi 1500 anni sotto l’ombrello di una società cristiana, addirittura caratterizzata dal “rito ambrosiano”. E’ intenzione di Agorà di ricercare in futuro, in Italia, comparazioni al di fuori della diocesi ambrosiana. Anche confronti con le tradizioni di popolazioni che in Europa e in altri continenti possono avere sviluppato un percorso simile per ragioni di salute e di palatabilità saranno interessanti, salvo per i casi in cui miti e tabù di rilevanza religiosa e d’igiene non abbiano indotto barriere alla loro pratica. Che la masticazione e la dentizione dell’homo sia stata uno dei punti deboli della salute e della vita dell’uomo, non consentendo ad ominidi, ardipitechi, australopitechi, homo abilis ed erectus di alimentarsi con cibo altro che di natura vegetale fino al raggiungimento di uno stadio evolutivo tale da affrontare il “crudo” prima di stimolare l’acquisizione di capacità e tecnologie per nutrirsi anche di carni e capacità creative: verrà catturato il “fuoco” e l’uomo si impadronirà delle tecnologie più complesse per il passaggio al “cotto”, salto di qualità che non viene messo in discussione da nessun antropologo e ricercatore. Che soltanto un secolo fa la dentizione rappresentasse ancora un grave problema di efficienza masticatoria per le persone anziane è testimoniato non solo dalla storia e dalla letteratura moderna, quanto dalla sopravvivenza di nicchie di popolazioni che si aiutano spesso anche con la masticazione per conto... sia per i piccoli che per gli anziani... Nel 2005 la popolazione mondiale adora ancora il cibo macinato che resta presente nella cucina di qualità popolare e raffinata: l’intuizione della multinazionale del “hamburger” è un successo globale, non solo per effetto della la sua aggressività competitiva, ma per un’innata predisposizione genetica... Tuttavia, visti i fondamentali del dove, quando e come, perchè questa tecnica è piaciuta al punto tale da diventare pietanza d’alimentazione per tanti? Nel varesotto, novarese, piacentino si va risale oltre la memoria d’uomo anche se la documentazione storicamente validata è rarissima e disponibile solo indirettamente. In Italia non mancherà l’occasione, anche attraverso i soci di ASA, di scandagliare tutte le nicchie di territorio attraverso i colleghi e le consorterie amiche. All’estero attraverso occasioni di incontri. Le regioni venete dovrebbero avere custodito
tesori di gastronomia popolare di carni battute a coltello, visti i precedenti,
per lo meno a partire dal ‘500. In Francia e in Europa nel medio evo con la denominazione di bianco mangiare s’identificava anche un gel di carne bianca, di pollo o di vitello, oppure una densa minestra di riso, oppure un dolce zuccherato con miele. Le carni erano cotte a lungo, a bassa temperatura, sulla soglia del letto di brace nei camini o sulle stufe. La tecnica è stata praticata ancora nel XX secolo anche nei vecchi forni del pane, per lo sfruttamento del calore residuo ormai a perdere, capace di consumare la fibrosina idrolizzando le fibre muscolari più complesse degli animali... da lavoro. Mi rendo conto che un tempo la tecnica fosse applicata alla cottura di tutte le carni: i trattati di cucina ricordano che frequentemente una prebollitura fosse il primo stadio di successive elaborazioni. Caccia e animali da lavoro costruiscono fibre muscolari altamente tenaci: forse per questo la preferenza a capi di femmine debilitate da una recente gravidanza determinava la massima esaltazione dei sapori e una tenera consistenza di carni. Nella storia dell’uomo l’animale domestico rappresentava uno strumento di lavoro utilissimo, necessario, o per trasporto e movimento, o per azioni pacifiche o belliche: era tanto amico ed affidabile da superare gli esami per essere considerato addirittura sacro, ossia intoccabile a fini nutritivi. Una delle poche religioni moderne rimaste quasi del tutto libere da questi tabù è quella cristiana, salvo per alcune sette e per le prescrizioni di digiuno quaresimale al venerdì: la diffusione tra le genti e l’accettabilità del rito trova anche questo fattore di alleanza materialmente naturale. Nella storia del cristianesimo solo piccoli gruppi hanno a volte favorito scelte d’alimentazione tra i generi animali, mentre in genere è riconosciuta una predisposizione particolare per il pesce. Non dimentichiamo che l’evoluzione delle comunità monastiche alla comprensione dei valori di salute e la coabitazione praticata per tanti secoli con i ceti più popolari del mondo ha creato le basi della dietetica. La sua pratica che si è sviluppata in forma di proibizioni e di usanze in tutte le razze della terra, sotto la guida di monaci e santoni; il buon senso o senso comune virtuoso benedettino che ha improntato tutte le comunità cristiane oggi è sfociato in cultura che dalla magia precedente di guadagna spazio tra le materie scientifiche. In tutte le altre religioni, l’esame delle proibizioni e tabù alimentari, denota un grado di sviluppo meno preparato all’evidente necessità di porre rimedio al malessere da alimentazione senza l’ausilio di quelle disposizioni indiscutibilmente dirette a ridurre i fattori di rischio di malesseri derivanti dal cibo. I tabù rimasti sono ben noti: le regole Kashrut per gli Ebrei, l’esclusione di carni di suini per i Mussulmani, le vacche sacre per gli Indiani, la predilezione per il vegetarianismo di Indù, Jainisti e Buddisti. Popolazioni come i Coreani e Giapponesi, pur provenendo da ceppi originari molti diversi, paiono esenti da simili blocchi alimentari. La trasformazione degli animali e la preparazione
della carne ha una storia antica che ne valorizza i gesti rituali ed il
valore formativo. Nel medio evo la potente corporazione dei Maestri macellari, che risale allo XIV secolo, era in grado d’essere influente sui membri del potere politico, fino allora piuttosto dipendenti dalle conoscenze in materia del potere monastico, che non in genere non ha visto di buon occhio una prevalenza della carne rossa o bianca di animali di grande dimensione, dal maiale al bue o della cacciagione di pelo e di piuma... proprio perchè preparato scientificamente a capirne la tenacità strutturale. E’ classica la preferenza data a carni bianche, salvo che nel caso di fase di “ricostituzione della salute”. Popolarmente si dice “carne rossa fa buon sangue”! Il monastero era arricchito da acque correnti e pescherie per l’allevamento di pesci, gradendo à coté la disponibilità di animali da cortile. Questa alimentazione scarsamente ricca di proteine animali per lunghissimo tempo costituirà la fonte dell’alimentazione delle popolazioni del centro-sud Europa, in cui prevarranno i cereali e i prodotti ortofrutticoli naturali e coltivati... L’animale di grande dimensione era un importante per la produzione di latte e dal latte di tutta la filiera casearia, in Europa a differenza di tutti gli altri continenti. La pratica di macellare, tagliare e vendere la carne resterà affidata a livello di corporazione fino allo XIX secolo senza sostanziali modifiche. La responsabilità per la salute resta al macellaio e all’emissione di disposizioni di carattere amministrativo, con la denominazione delle pezzature di carne, la regolamentazione dei prezzi con grida, editti o decreti di guida per tenere conto di condizioni locali storicamente e geograficamente variabili. Di fatto la conservabilità era il
problema più importante da superare e occorrerà pervenire
all’era del frigorifero, all’inizio del XX secolo, per superare
in ampia scala la barriera alla diffusione di quell'alimentazione per
tutti. Solo dopo la fine della seconda guerra mondiale in Europa si passa alla pianificazione dei compiti di distribuzione e di macellazione in impianti ed esercizi specificamente sviluppati dalla gestione rurale di buona parte di macellerie che comperavano animali vivi alle fiere locali di contrattazione ed erano in grado di vendere al dettaglio le parti all’approvvigionamento delle città e comunità di più grandi dimensioni di popolazione. Dato che la storia della gastronomia europea
si riconosce nella cucina d’élite fino alla prima parte dell’ottocento,
epoca in cui prende piede l’esercizio di ristorazione, la trattatistica
gastronomica precedente è di poco aiuto per la ricostruzione del
percorso di molti piatti di cucina popolare. Anche la famiglia e tipo di animali che la gastronomia d’élite tratta non comprende generi di scadente valore commerciale e gastronomico da morti a fine di vita del loro impegno nel lavoro: tra essi l’estensione va al cavallo e all’asino ben prima che al bue. La penisola italiana si riunisce in unico
stato solo nel 1860. Prima ciascuno dei piccoli stati era indipendentemente
regolato. La prima macelleria nazionale è autorizzata a Torino
nel 1865. Il cavallo si consumava molto prima che lo si addomesticasse, ma la prima macelleria autorizzata nel Lombardo veneto non è nel piacentino, ma nel territorio milanese, a Melegnano (1821). Probabilmente la carne di cavallo, animale impiegato più negli eserciti che nei campi, si rende appetibile subito dopo la presa della Bastiglia in Francia e in seguito alle campagne napoleoniche in Italia. E’ una carne da alimentazione disturbata da guerre e da carestie. Il cavallo e le ippo-macellerie riprenderanno posizioni competitive con la carne bovina dopo la seconda guerra mondiale, sia in Italia che in Francia. Praticamente mai nei paesi anglosassoni. La tradizione delle “Picùla ad caval” delle valli piacentine, colazione dei carrettieri, può essere recepita anche dalla ristorazione e proposta da devine di anni alla borghesia milanese da ristoranti tipici. L’asino, animale di riferimento del “Tapulon” di Borgomanero ha origini ancora più lontane, dal medioriente, dove ha fama d’essere molto apprezzato per la tenerezza della sua carne, paragonabile a quella del vitello. Chiaramente da giovane... asinello! Nel resto del mondo la carne di cavallo
è poco presente sulla tavola: clienti sono i francesi, svizzeri,
giapponesi, canadesi del Quebec. Per esempio i 65.000 cavalli macellati
in Canada ad uso alimentare servono la domanda del Quebec, ma sono esportati
quasi tutti in Europa e in Giappone. Importanza riconosciuta del gusto della carne battuta a coltello da quella macinata a macchina. Dal punto di vista scientifico, la differenza
tra l’energia espressa da un coltello tagliente rispetto a quella
impressa dal lavoro di una macchina a vite a coltelli interni od esterni
è enorme. Quindi nel caso della battitura la conservazione dei succhi si rispetta – più grandi sono i pezzetti, più morbido e succoso resta il risultato – mentre con la macinazione buona parte viene spremuta, almeno per un buon 20%. Non solo. L’effetto sulla dimensione è molto critico ma soprattutto sulla lacerazione delle fibre muscolari generando una porosità dei frammenti tale da lasciare uscire con la cottura ancor più la maggior parte degli umori e con loro dei sapori che una cottura a bassa temperatura, prolungata, mantiene tenerissima la consistenza del risultato finale. Di fatto avremmo svuotato di contenuto la nostra preparazione. Anzi, la non qualità di processo porta ad un risultato di questo genere, ovviabile solo attraverso revisioni e modificazioni di ricetta. Se i “brusciti” devono restare genuinamente naturali nonostante le ore di cottura da cui possono emergere solo i profumi, gastronomicamente i sapori provenienti da altre procedure possono generare meno danno alla battitura a coltello, denominata dagli esperti di queste tecniche, “tapulatura”. Franco Cazzamali, uno dei più esperti macellai del nord Italia, attivo in Romanengo di Cremona, vi farà assaggiare quanto la battitura a coltello possa esaltare sapori ed umori della carne rossa cruda. Ne abbiamo avuto una dimostrazione dal vivo ad una delle degustazioni di Agorà (non la nostra, ma quella del Club di Papillon) al Salone dei Sapori poche settimane fa. Mi piacerebbe che gli esperti di queste pietanze ne tenessero conto in occasione di approfondimenti gastronomici della ripetibilità di sapori antichi nella valutazione delle riìcette di riferimento... che forzatamente non possono fare uso delle stesse materie prime dantan per creare un “cotto” omogeneo nel gusto... E’ universalmente riconosciuto da chi pratica il mestiere quanto la battitura di qualsiasi carne d’animale, dal montone al manzo, usata con la stessa ricetta e con le stesse erbe o spezie, esalti molto più il gusto e il profumo di una corrispondente carne macinata... La macinatura meccanizzata... è rapida e facile da praticare, ma la differenza è come dal lucido all’opaco, in consistenza e in profumo rispetto alla battitura a coltello manuale. Solo per i ragù, sminuzzati finemente, più fine è il granulo di carne, più simile è l’effetto del gusto riscontrabile tra le due tecniche! Enzo Lo Scalzo – AA
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