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PERCORRENDO
LA FILIERA
A cura di GIUSEPPE CREMONESI [ cremonesi.web@asa-press.com
]
Oggi le Fiere sono vetrine appannate
Sino a pochi anni addietro le rassegne fieristiche, particolarmente
nel nostro settore, erano luoghi dove si faceva del vero business. Oggi
sono diventate passerelle, esibizioni folkloristiche più kitch
che chic, costose, anzi, costosissime vetrinone e vetrinette sempre più
appannate dalla crisi planetaria, da carenze di pianificazioni, di marketing
abborracciato, di un malinteso concetto d’ottenere visibilità.
Per tacere del considerevole innalzamento delle tariffe applicate a coloro
che credono ancora alla loro utilità commerciale. Sempre l’altrieri
alla Fiera “occorre esserci”, affermavano gli Ad aziendali,
per l’immagine, per i contatti, per scoprire tendenze e, soprattutto,
per sviluppare gli affari. Giusto. C’erano, e ci sono ancora, rassegne
importanti ma i tempi sono cambiati così come sono cambiati le
modalità, gli approcci e le finalità per cui aderirvi. Ricordo,
ad esempio, che, sempre tempo fa, sia all’Anuga sia al parigino
Sial, praticamente in ogni azienda espositrice c’era per tutto il
tempo della rassegna la presenza nel proprio stand con tanto di etichetta,
con nome e cognome e ruolo esposta all’ingresso dello stand, del
direttore marketing, della produzione, della comunicazione, il direttore
commerciale, i manager addetti ai clienti GDO e al normal trade con tanto
di copia-commissioni in bella vista, con i quali fissare un incontro per
parlare e concludere davvero gli affari. Cose mai, o raramente, viste
dalle nostre parti, né allora né tampoco oggi. Nello stato
attuale delle cose, è noto che non è più così.
In primis perché c’è una crisi economica davvero preoccupante
che obbliga a tagliare le spese non strettamente necessarie, poi perché
esiste una enorme proliferazione di queste vetrine che confonde; infine
perché grazie allo sviluppo delle tecnologie, vedere, comunicare
e confrontarsi è assai più facile e meno dispendioso. Non
che il ruolo delle Fiere sia del tutto superfluo, certo è che occorrerà
porre in qualche modo rimedio alla fuga delle imprese che ogni anno decidono
di non parteciparvi. Così come sarebbe utile porre un freno alla
moltitudine di raccoglitori di depliant, di “assaggiatori”
a ufo, di bande di ragazzini, di madame, madamine con la borsa incorporata
dove ci ficcano di tutto ciò che commestibilmente non sono riusciti
ad ingurgitare in particolare nelle rassegne dell’agroalimentare.
Il bilancio della Bit appena terminata dice di un aumento di visitatori
ma denuncia implacabilmente un calo del movimento turistico nonché
la latitanza di parecchi tour operator compresi i più famosi. In
compenso sono aumentati gli stand di Enti, Regioni, Province, Assessorati,
Comuni et similia con codazzo di impiegati e manager coperti da rimborsi
spesa a pié di lista. Il tutto con soldi nostri.
Pressoché identico ciò che è successo nelle fiere
del nostro settore: a Rimini, prima con Sigep, poi con Mia, Mse e Pianeta
Birra, si è inaugurata la stagione delle mostre del food &
beverage di quest’anno, che – dice il direttore di Agra –
“sarà ricordato come annus horribilis per l'economia del
nuovo millennio”. Dopo Rimini, sono in programma altre numerose
fiere che riguardano il comparto: Eurocarne, Vinitaly, poi Cibus Pro e
Cibus Tec a Parma, TuttoFood e Simei a Milano, solo per citare le più
note. A Rimini, nonostante l’ impegno della Fiera, alcuni padiglioni
sono rimasti vuoti a causa di defezioni, soprattutto nel settore brassicolo,
e notizie non proprio ottimistiche giungono anche da altri organizzatori
fieristici. Questa preoccupante situazione può tuttavia essere
l'occasione per gli organizzatori fieristici di rivedere la programmazione
e il posizionamento delle loro manifestazioni, calibrandolo meglio rispetto
alle esigenze degli operatori, agendo in pari tempo sui listini prezzi.
Il paradosso – spiega ancora il direttore di Agra - “è
che pur essendo affollato il panorama fieristico italiano, l'offerta non
incontra la domanda: oggi sempre più, e giustamente, le aziende
puntano a partecipare ad eventi internazionali per poter allargare il
proprio business con l'export”. Non è un caso (come citavo
più sopra), che manifestazioni come il Sial, l'Anuga, ma anche
fiere specializzate come il nostro Vinitaly o Macfrut facciano sold out
anche in momenti di recessione. Segno questo che sono poche le manifestazioni
pensate ed ideate con una visione internazionale. All'ultima Anuga c’erano
più espositori italiani che tedeschi, e al Sial c’è
stato un pareggio con i padroni di casa. Dettaglio: salvo qualche sparuto
stand delle Istituzioni nessun contribuente teutonico e francese ha dovuto
coprire le spese per vetrinette infruttifere.
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