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PERCORRENDO
LA FILIERA
A cura di GIUSEPPE CREMONESI [ cremonesi.web@asa-press.com
]
Punti di forza e debolezza di Dop e Igp
L’Italia è saldamente in testa alla classifica
europea dei prodotti a Denominazione d’Origine Protetta (Dop) e
Indicazione Geografica Protetta (Igp) aggiungendo, dall’inizio 2008,
altre 8 specialità dell’agricoltura e dell’artigianato
alimentare. Si tratta di tre prodotti Dop e 5 Igp, che ci portano a quota
173 davanti a Francia (160), Spagna (117) e Portogallo (114). In particolare
hanno ottenuto il riconoscimento il Piemonte, con la Tinca Gobba Dorata
dell’Altopiano di Poirino Dop; la Liguria, con le Acciughe salate
del Mar Ligure Igp; il Veneto, con la Casatella Trevigiana Dop; la Campania,
con il Cipollotto Nocerino Dop e il Marrone di Roccadaspide Igp; la Basilicata,
con il Pane di Matera Igp; la Calabria, con la Cipolla di Tropea Igp;
la Sicilia, con il Salame Sant’Angelo Igp.
Evviva! Ancora uno sforzo e si arriverà a 200. Non sarà
facile perché ormai praticamente tutte le possibili produzioni
agroalimentare sono esaurite. Sia quelle con volumi tali da essere presenti
su tutto il territorio nazionale ed anche fuori dai confini cosicché
la Denominazione europea li protegga adeguatamente da “taroccamenti”
falsificazioni, sia quelle artigianali con volumi modesti. Ciononostante,
o meglio alla faccia di questo “scudo” impenetrabile, se si
andasse a raccogliere le lacrime dei Consorzi di Tutela di Parmigiano
Reggiano, Grana Padano, Prosciutti di Parma e San Daniele, ovvero quelli
che i volumi li hanno davvero e il loro export vola, ebbene sarebbero
necessarie una sfilza di silos in acciaio inox per contenerle. Di certo
difficilmente verserà lacrime il Consorzio o la Camera di commercio
che dopo un iter estenuante hanno permesso che la nota Tinca Gobba dell’Altopiano
di Poirino non ha subìto lo scippo di qualche disonesto allevatore
ittico. Ma anche quelle che a mala pena hanno rese di pochi quintali che
ragionevolmente anche il più temerario dei falsificatori asiatici
o europei si guarderebbe bene di falsificare. Occhi negli occhi: chi mai
‘attenterebbe’ al fagiolo di Sorana? Quali assilli può
avere il Consorzio dell’olio d’oliva Pretuziano delle Colline
Teramane? E quello dell’Aglio Bianco Palesano? Fortuna che per la
Pesca di Verona c’è l’Igp altrimenti la signora Maria
chissà cosa compra.
Eppure le istituzioni e tutti i media che si occupano di agroalimentare
non passa giorno che inneggino alle Dop, e ad altri sigilli europei mentre
anche il più sprovveduto dei consumatori si chiede (o prima o poi
si chiederà) come mai sono così numerosi e a chi giova questa
rincorsa affannosa alla loro moltiplicazione.
Denis Pantini, coordinatore dell'area agricoltura e industria alimentare
di Nomisma, ha illustrato utilità, punti di forza e le principali
criticità delle Denominazioni di Origine Protetta.
In estrema sintesi, i punti di forza e di debolezza del sistema Dop e
Igp possono essere riassunti nelle seguenti affermazioni:
1) la Dop/Igp nasce come strumento di tutela da imitazione e non di marketing,
per cui esprime maggiori valenze per i prodotti il cui mercato si estende
oltre il proprio bacino di produzione (mercato almeno extra-regionale);
2) le potenzialità all'estero per i prodotti di qualità
sono rilevanti: occorre però un approccio al mercato estero che
consideri le differenze e le peculiarità esistenti rispetto a quello
nazionale dei segmenti e dei canali distributivi (capacità organizzativa);
3) il marchio Dop/Igp è un punto di partenza e non di arrivo: il
consumatore non è disposto a pagare di più un prodotto con
il bollino se non lo conosce. Occorre quindi affiancare al riconoscimento
comunitario uno sviluppo commerciale e promozionale del prodotto a marchio;
4) la Dop/Igp ha un costo e implica rigidità: maggiori costi di
produzione per il rispetto del disciplinare, costi di certificazione,
costi di adesione al Consorzio di Tutela, ecc.
5) occorre quindi la massima condivisione degli obiettivi tra gli attori
economici e le istituzioni (ampia adesione nel processo di formazione
del disciplinare per la richiesta Dop/Igp, conoscenza dei canali distributivi
e del mercato-target, consapevolezza sulla necessità di investimenti
promozionali e di comunicazione).
Riflettendo, alla luce di tali considerazioni è quindi possibile
evidenziare alcune avvertenze da seguire prima di intraprendere un percorso
di riconoscimento comunitario: in un mercato sempre più competitivo,
i prodotti di qualità certificata possono rappresentare un punto
di forza per la lo sviluppo dei sistemi agroalimentari locali. Tale visione
è condivisa e consolidata a livello istituzionale (Regioni, Mipaaf,
Unione europea) e trova riscontro negli strumenti di politica e supporto
finanziario; tuttavia, prima di intraprendere un percorso di riconoscimento
Dop/Igp, occorre valutare con attenzione i pro e i contro che l'iter richiede
(tempi medio-lunghi, costi aggiuntivi, consapevolezza sulla necessità
di investimenti promozionali e di comunicazione); se si vuole garantire
uno sviluppo duraturo sia del prodotto Dop/Igp sia del territorio collegato
è comunque fondamentale attivare sinergie e relazioni commerciali
con il sistema economico locale (ad esempio con ristorazione, turismo,
commercio, artigianato). In questo modo, la Dop potrà consolidare
il proprio legame territoriale in maniera attiva, rafforzando la propria
immagine presso i consumatori e fungendo così effettivamente da
strumento di marketing.
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