PERCORRENDO LA FILIERA
A cura di GIUSEPPE CREMONESI [ cremonesi.web@asa-press.com ]


Foto di gruppo degli enoappassionati
Il vino italiano nel contesto internazionale
Come cambia il rapporto con il vino nella società italiana e nel mondo



Foto di gruppo degli enoappassionati
L’ha scattata l’Istituto di ricerca di Giampaolo Fabris presentata all’ultimo Vinitaly. Interessanti i vissuti, gli approcci e i comportamenti d’acquisto e di consumo

Non rinunceresti mai ad un buon bicchiere di vini durante i pasti? Allora sei un Tradizionale. Ti piace sperimentare nuove etichette e approfondire la provenienza del vino che bevi? Sei decisamente un Intenditore. Sei giovane e preferisci degustare al wine bar o in enoteca? Quindi sei un Outdoor. Questi i tre profili-tipo dei consumatori italiani di vino, individuati dall’indagine svolta per conto di Confagricoltura dall’Istituto GPF del sociologo e maggior esperto dei consumi Giampaolo Fabris.
L’obiettivo della ricerca è stato quello di analizzare i trend nazionali ed internazionali che caratterizzano l’evoluzione del rapporto tra consumatori e vini, cogliendo il nuovo che avanza a livello di atteggiamenti, vissuti e comportamenti di consumo insieme all’evoluzione di offerte produttive, nuovi servizi e forme di retail e intrattenimento. Un’anteprima dell’indagine, diretta da Marilena Colussi responsabile Food Monitor della Gpf, è stata presentata a Vinitaly 2008. In particolare, è stata illustrata una sintesi dell’indagine qualitativa, condotta in Italia tra febbraio e marzo 2008 presso un campione eterogeneo di consumatori e opinion leader (enologi, nutrizionisti, giornalisti ed esperti del trade vino nella Gdo italiana e sui mercati stranieri).
In pari tempo si è dato conto anche delle indagini Food & Drink Monitor basate su campioni rappresentativi della popolazione italiana, dai 15 ai 74 anni, e le suggestioni provenienti dall’Osservatorio Wine Experience, condotto in 12 città nel mondo con una analisi su riviste internazionali e web. Infine, i preliminari dell’indagine quantitativa condotta presso campioni selezionati di popolazione in Cina, Usa, Russia.
Secondo la ricerca, tra i bevitori di vino italiani si evidenziano tre gruppi: ‘Tradizionali’ (27.6%), ‘Intenditori’ (38.7%) e ‘Outdoor’ (33.7%). I Tradizionali preferiscono bere ai pasti, considerano il buon vino un elemento fondamentale per un buon pasto e sono un po’ più interessati rispetto alla media a conoscere la zona di provenienza del vino che acquistano. Gli Intenditori presentano una leggera sovra-rappresentazione maschile e livelli di istruzione più alti; vorrebbero sapere e conoscere meglio il vino, amano provare tipi di vino diversi e sono molto interessati a conoscere la provenienza territoriale. Preferiscono un po’ oltre la media i vini rossi da invecchiamento ma anche i rossi da tavola, gli spumanti e i bianchi aromatici. Gli Outdoor sono più presenti decisamente tra le fasce giovanili (il 55% ha tra i 15 e i 39 anni), si sono avvicinati al vino anche grazie a wine bar ed enoteche, hanno un rapporto di consumo più light e prediligono i vini bianchi frizzanti e gli spumanti (dolci e secchi) pur amando anche i rossi. Questi risultati sono scaturiti dal Food Monitor - la più lunga ed approfondita indagine italiana sui trend Socio-Alimentari (dal 1982 ogni 18 mesi, su campioni di 2500 casi rappresentativi della popolazione dai 15 ai 74 anni e con metodologia face to face) - e il Drink Monitor (che focalizza lo scenario delle bevande consumate nell’ultimo periodo estivo dal 2000 al 2007, sempre su campioni omologhi di popolazione 15-74 anni).
L’indagine ripercorre tutte le tappe del cambiamento che ha investito il rapporto con il vino. Negli Anni 80 si è assistito ad un processo di cosiddetta modernizzazione dei costumi alimentari: cresceva la domanda di prodotti-servizio avviando il processo di destrutturazione e un moderato alleggerimento dei pasti, la diffusione di una coscienza nutrizionale di base e la consapevolezza del rapporto alimentazione-salute. Dal 1982 al 1988, nel giro di pochi anni, gli italiani che dichiarano di bere regolarmente vino durante i pasti sono scesi dal 60% al 40%!
Negli Anni 90, gli italiani diventano sempre più edonisti nel mangiare e nel bere. Il macrotrend dell’autoindulgenza è caratterizzato da fenomeni come la de-strutturazione dei pasti a favore della snackizzazione, e nuovi modelli dei pasti e fuori pasto soprattutto fuori casa. Alla fine degli Anni 90 i bevitori di vino scendono ulteriormente e solo circa il 30% dichiara una frequenza quotidiana. Aumenta in questi anni la competizione con altre bevande: il drink alcolico si fa più ricco e articolato. In questi anni si affermano vini con un’immagine moderna, seducente, di successo, di qualità come ad esempio i vini bianchi e gli spumanti. Tuttavia, non sempre il complesso mondo enoico ha saputo intercettare le opportunità dell’onda edonista.
A cavallo tra il 1999 e il 2000 scatta l’allarme alimentare e la “sindrome di avvelenamento” (post mucca pazza). Si evidenzia una fase di stallo, tipica da scenario sotto shock. Emerge con più forza la richiesta di sicurezza alimentare e si prepara il terreno al diffondersi di nuovi fenomeni, come l’interesse al biologico. Gli anni 2000 fino al 2005 sono caratterizzati dal macrotrend definito come “l’onda Wellness”: dalla paura per il cibo che uccide all’azione selettiva, al recupero di fiducia attraverso il ritorno swl cibo-memoria, al tipico, alla ricerca di garanzie (espresse attraverso la marca, i marchi di tutela e certificazione), al Made in Italy. Lo Slow Food - avanguardia nata negli anni 80 - diventa concettualmente condivisibile da grande parte della popolazione italiana. La contrazione dei bevitori di vino rallenta, anzi nel 2005 si segnala un leggero aumento di bevitori (+2%) ma con minore frequenza. Il vino, in un contesto di moderazione, mai a digiuno ma ai pasti e per soggetti adulti e sani, viene legittimato anche dal punto di vista nutrizionale. Il vino è uno dei pochi prodotti biologicamente vivi, ricco di sostanze antiossidanti che hanno effetti positivi sulla salute e su alcune patologie. In questi ultimi anni il consumatore ha più possibilità di scelta, anche nell’ambito della Gdo dove riesce a soddisfare acquisti su una scala più ampia di scelta prezzo-qualità. Il vino aumenta le sue prospettive di successo e si rinforza l’orgoglio per i vini italiani bandiera nazionale del buon gusto italiano all’estero.
Infine, gli ultimi dati disponibili cioè 2006-2007 (in attesa dei risultati delle ultime indagini in corso) evidenziano il trend definito come “Risacca indulgente dell’onda Wellness”, all’insegna di un mangiar sano più gratificante dal punto di vista del sapore, meno punitivo (in senso restrittivo dietetico) ma salutare e al tempo stesso semplice e accessibile. Il contesto socio-economico si fa però più critico: il consumatore è diventato pragmatico, attento, esigente, esperto nel valutare le proposte. Il vino, bevuto in modo moderato e consapevole, continua ad essere legittimato socialmente come bevanda sana, naturale, garantita da norme e marchi tutela (tipicamente italiani) e competenze produttive di alta qualità. Aumenta l’offerta di vini di qualità e la diversificazione a 360°: marchi e denominazioni, provenienze regionali e zone vocate ma anche vini stranieri che si affacciano nelle abitudini del campione intervistato nella fase qualitativa, sapori e sensorialità diverse, destinazioni varie (da meditazione, da pasto, accostamenti più precisi ai piatti, da aperitivo, dopo cena, occasioni sociali, da regalo, da investimento, come status, estivi, ecc).
Attenzione, il consumatore è però spesso insoddisfatto sui prezzi e sulla qualità accessibile in molte tipologie di locali outdoor.


Il vino italiano nel contesto internazionale
Negli Usa, in Russia e in Cina vincono i vini rossi. Il Belpaese si piazza dopo la Francia nella “top ten” dei paesi produttori di qualità

La seconda parte dell’indagine svolta dall’Istituto di ricerca era volta a delineare le tendenze di sviluppo per il vino italiano all’estero, e riguarda segmenti di popolazione di Usa, Russia e Cina. La prima evidenza riguarda il numero di coloro che si considerano bevitori di vino (tutte le tipologie, compresi champagne e i vini ad alta gradazione alcolica) anche solo occasionali. Le percentuali risultano molto elevate nel caso della Russia e della Cina (87,6% e 75,6% rispettivamente e di cui circa 2/3 si autodefiniscono discreti bevitori e pochissimi gli astemi) mentre negli Usa quasi il 40% si autodefinisce come non bevitore di vino e il 55,4% discreto o occasionale. Riguardo il tipo di vino consumato negli ultimi 6 mesi, al primo posto, con percentuali diverse, in tutti e tre i Paesi sono amati i vini rossi, al secondo posto lo champagne in Russia e i bianchi negli Usa e in Cina (molto più distanziati dai rossi). Al terzo posto, lo champagne negli Usa e Cina e i vini bianchi in Russia. Al quarto posto gli spumanti in Usa e Russia, in Cina i vini ad alta gradazione alcolica. Al quinto posto, viceversa, vini ad alta gradazione in Usa e Russia e spumanti in Cina.
Il Drinking Repertoire alcolico più in generale è abbastanza ricco in tutti e tre i Paesi (birra, cocktails, long drinks, whisky, gin, rhum, liquori, vodka per la Russia), e a livello della numerosità di bevitori negli ultimi 6 mesi (indipendentemente dalla frequenza e volumi) spesso vini e birra sono simili. Negli Usa, ad esempio, sono nettamente prevalenti gli Outdoor (67%) e molto ridotti i Tradizionali. In Cina e Russia troviamo un po’ più Intenditori, con percentuali intorno al 40%, simili a quelle italiane. Il tipo di vino preferito, analogamente ai consumi, si conferma in tutti i tre Paesi il rosso. Seguono il bianco, il dolce-liquoroso, lo champagne in Russia e Cina (mentre negli USA è al sesto posto subito dopo gli spumanti), i rosati e gli spumanti. Si confermano sensorialità e gusti abbastanza differenti rispetto al palato e alla cultura italiana. I sistemi di decodifica sono, per così dire, diversi nei tre Paesi, per cui, ad esempio, facendo scegliere due gusti su 6, risulta che il dolce è particolarmente apprezzato nel campione cinese, i vini leggeri lo sono di più in Russia, gli aromatici/fruttati/speziati e dolci in Usa. Seguono significativamente la scelta del secco/fermo in Russia e Cina, dei corposi/maturi/invecchiati negli Usa e Russia. Le bollicine sono più apprezzate in Russia rispetto agli altri due Paesi. I Paesi produttori che nell’opinione del campione producono vini di qualità vedono l’Italia al secondo posto in Russia e Cina e al terzo negli Usa. Al primo posto negli Usa troviamo i vini locali statunitensi, seguiti dai francesi ma quasi un 40% del campione non ha saputo rispondere. In Russia e Cina al primo posto si collocano i vini francesi con un significativo scarto rispetto agli italiani (in Russia il 69,4% ha scelto la Francia e 17,2% l’Italia; in Cina l’82,6% ha scelto la Francia e 20,2% ha scelto l’Italia), seguiti dai vini “locali” (per la Russia i paesi della ex Unione Sovietica come Georgia, Ucraina, Crimea). In Russia è significativo l’appeal qualitativo dei vini spagnoli, con percentuali di poco inferiori a quelle italiane. Le intenzioni di acquisto vedono in generale una preferenza per i vini di provenienza locale ma i vini italiani mantengono buone prospettive.

Come cambia il rapporto con il vino nella società italiana e nel mondo

Il vino è cambiato. Da alimento-nutrimento è diventato un piacere a 360°, non solo sul piano della sensorialità e del gusto ma anche delle emozioni, dell’immaginazione, delle relazioni ludico-sociali e del benessere. Il vissuto e il rapporto dei consumatori con il vino evolve in senso positivo. I comportamenti di consumo e di acquisto sono profondamente cambiati; la tensione socio-economica e la richiesta di servizio, di maggiore trasparenza informativa, di equilibrio tra domanda e offerta qualitativa e di prezzo sono alcuni elementi che caratterizzano l’attuale contesto e che esercitano pressioni e attese da parte del consumatore e dei distributori.
La globalizzazione si fa sentire anche nel settore vino, con una competizione più evidente. Ma il vino Italiano gode di un’eccellente immagine, paradigma di qualità, territorialità, cultura, saper vivere e fare. Produttori e distributori si trovano ad affrontare uno scenario concorrenziale complesso e a volte la complicazione si rivela poco adeguata ad un ambiente in rapida trasformazione.
L’immagine del vino come bevanda povera e nel contesto di un rapporto basico, abitudinario, funzionale all’alimentazione è andata modificandosi nel tempo. Il vino si afferma come bevanda di valore, che punta sulla qualità più che sulla quantità.
Oggi il buon vino è considerato bevanda prestigiosa, di classe, salutare/non nociva se consumata moderatamente e più da intenditori. Circa la metà del campione di italiani si considera bevitore di vino occasionale, il 33% discreto bevitore, poco più del 3% robusto/buon bevitore e 14% non bevitore. Il contesto socio-economico si fa però più critico: il consumatore è diventato pragmatico, attento, esigente, esperto nel valutare le proposte. La soggettività del gusto diventa criterio di scelta del vino, elemento fondante del suo apprezzamento, al di là di tutti i discorsi razionali. Negli anni 90, mediamente solo il 17% degli acquirenti sceglieva vini a caso, ricomprando quelli piaciuti mentre negli ultimi anni la percentuale è salita quasi al 48%, mettendo in secondo piano altri elementi significativi come la provenienza, il consiglio (anche perché spesso manca proprio al momento dell’acquisto), la pubblicità, la bottiglia, l’etichetta, ecc.
L’effetto confusione è stato segnalato più volte nel corso dell’indagine qualitativa (febbraio 2008) anche tra gli esperti del settore trade.
Il vino risulta un prodotto attivo nell’immaginario collettivo italiano su molte dimensioni chiave della modernità alimentare, sinteticamente espresse dalla griglia denominata “Sistema delle S”, che vede in particolare Il Sapore, il Sapere, la Salute, la Storia e la Supernaturalità come particolarmente attivi e fecondi per il posizionamento del vino nei prossimi anni.
Il vino è infatti esaltazione di sapori unici e distintivi, di polisensorialità, di un saper bere basato sulle qualità nutrizionali, salutistiche e socializzanti legate al benessere, della storia e della cultura vitivinicola italiana antichissima e oggi modernissima, aperta alle innovazioni per la preservazione della qualità e integrità del prodotto vino. E ancora della Supernaturalità, in relazione al suo essere percepito quale prodotto di per sé naturale (ottenuto dall’uva, senza troppe manipolazioni/aggiunte, espressione di un territorio che gli conferisce naturali sapori e caratteri) sempre più controllato ed evoluto, garantito nel processo (citati i marchi Doc/Docg/Igt, nonostante le confusioni) dalle competenze enologiche necessarie e imprescindibili ormai anche per il consumatore meno intenditore.
Lontani ormai, nella memoria, i ricordi del vino del contadino vecchia maniera, delle damigiane, degli acquisti del vino sfuso, in grandi quantità nelle cantine a basso prezzo e del fai da te. L’immagine dei produttori è quella di tanti imprenditori vocati alla qualità* e assistiti da team di esperti (enologi, agronomi, esperti conservazione …); spesso sono associati a nomi di blasonate famiglie con lunghe storie e tradizioni ma anche ad imprenditori più giovani, innovativi e i consorzi/cooperative di produttori. A questi si affiancano grandi aziende industriali che producono vini di prezzo contenuto, funzionali e basici, pur sempre nel rispetto delle regole che garantiscono qualità e sicurezza ad un consumatore sicuramente con meno esigenze e possibilità.
In sintesi, l’indagine attesta una forte attualità socioculturale del vino e di quello italiano in particolare, per la capacità di incarnare e veicolare experiences, mantenendo e consolidando un posizionamento in chiave trendy.
Ma attenzione, l’indagine mette anche in luce l’apertura, o meglio, la curiosità del consumatore italiano verso i vini stranieri oggi sempre più accessibili in una società globalizzata trainata dalla grande distribuzione organizzata. A questo proposito, chi scrive, rimanda all’articolo “La rivincita della GDO” che ha postato in questa rubrica (leggi).
Dei vini stranieri va detto che non sempre sono percepite le differenze qualitative e le differenti normative produttive rispetto ai vini italiani. Tuttavia, la voglia di conoscere il vino, soprattutto presso la parte più intenditrice del campione, dimostra che di base c’è anche una diffusa ignoranza sulle caratteristiche intrinseche della materia prima e i processi produttivi (ad esempio la caratterizzazione dei vitigni per molti consumatori è molto confusa, così come le denominazioni e i marchi).
Infine, ancora alcuni aspetti legati a potenziale pericolo di eccedere in virtualità e virtuosismi, evitando proiezioni di massa in uno scenario di vino effimero ed irreale. La segnalazione proveniente dall’indagine è di non eccedere con un’offerta di vino e un sistema di rappresentazioni culturali e contorni ritualistici dai tratti quasi feticistici.
L’eccesso di formalismi e brignao e ispirazioni non sempre motivate e riconoscibili sul piano dell’esperienza tra consumatore finale e prodotto (anche nel riscontro del buon rapporto qualità/prezzo) potrebbero rendere il rapporto degli italiani con il vino sempre più artefatto e virtuale concentrato magari solo in alcuni momenti o situazioni e non quotidiano benessere di un bere moderato e di qualità.
L’invito è perciò quello di un rapporto corretto consapevole ma anche reale con il consumatore che invece è spesso lasciato solo a scegliere davanti scaffali pieni di proposte difficili da decodificare. Rari gli assaggi al supermercato, lamentano ad esempio i consumatori. Si registra infine con soddisfazione il consolidamento del protagonismo femminile, target particolarmente predisposto ad una sensorialità olistica a 360°, pienamente in sintonia con la complessità del vino.

* Riguardo marche e qualità sarà interessante leggere la prossima indagine circa i punti di vista e comportamenti degli enoapassionati dopo lo scandalo fatto scoppiare vigliaccamente da un noto settimanale proprio all’apertura dei cancelli dell’ultima edizione di Vinitaly.

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