|
PERCORRENDO
LA FILIERA
A cura di GIUSEPPE CREMONESI [ cremonesi.web@asa-press.com
]
Tutti addosso alla cicoria e alla fettina
Il settore agroalimentare è ultimamente paragonato
alla peste di manzoniana memoria. Non c’è giorno che giornali
e televisioni riportano con drammaticità notizie sui rincari del
cibo
Credo sia opportuno, in particolare per noi tutti della stampa, fare
una pacata riflessione. Non se ne può più di vedere garrule
intervistatrici avvolte in sciarpone di cachemire interrogare anziane
signore o smarriti pensionati al mercato di Campo de’ Fiori, piuttosto
che al mercato rionale di qualsiasi città, oppure tra gli scaffali
di un supermarket chiedendo compite: “Trova che le zucchine siano
rincarate?” oppure, “Vedo che lei compera le alette di pollo,
piacciono oppure, secondo lei, il pollo intero è troppo costoso”?
Superfluo riportare le risposte. Le più garbate (e purgate) iniziano
con “Ah signora mia, oggi è tutto più caro, non ce
la facciamo più”; le più franche… irriferibili.
Fortunatamente per sgombrare il campo da soperchierie e abusivismi è
arrivato Mister Prezzi, al secolo Antonio Lirosi, enfaticamente presentato
come una sorta di satellite spia umano, voluto dal Governo (segnatamente
dal Ministero per lo Sviluppo Economico), per controllare lungo tutto
lo Stivale il prezzo dei carciofi e delle alici, e bacchettare furbi e
disonesti. Funziona? Per notizie: rivolgersi alla signora Sciarelli di
“Chi l’ha visto”.
Non che rincari perlopiù ingiustificati sui prodotti alimentari
freschi e trasformati non ci siano. Esistono. Ma credo sia corretto chiederci
se siamo proprio convinti che le famiglie italiane sono più povere
perché il pane ed altri generi alimentari sono aumentati di pochi
centesimi? Le statistiche, si sa, vanno prese con le molle, tuttavia scorrendo
i dati Istat anno dopo anno e raffrontandoli col presente risulta che
i consumi alimentari incidono sulla spesa delle famiglie per una quota,
passata dal 1970 ad oggi, dal 31 al 14%. Per chi fa il mio mestiere sa
che è facile catturare attenzione, audience e tirature con titoli
strillati sull’aumento della rosetta o (per i nordisti) michetta,
piuttosto che dei pelati o del prosciutto. Mentre fa meno notizia occuparsi
– con identica enfasi e risalto – sui prezzi dei biglietti
ferroviari che lievitano come torte paradiso facendoci viaggiare su treni
pulciosi con ritardi biblici (chiedere ai pendolari). Si scrivono poche
righe sul costo dei pedaggi autostradali, salvo imprecare quando si transita
sulla tangenziale (a pagamento) di Mestre, sulla vergognosa Salerno -
Reggio Calabria, sulla maledetta Milano-Brescia dove si contano più
morti che in Iraq. Più proficuo perciò occuparsi dei rincari
dello stracchino o del sedano rapa che gettare un’occhiata nelle
amministrazioni dei Comuni italiani dove le tariffe per i rifiuti e l'acqua
sono in due anni magicamente triplicate, per tacere delle contravvenzioni
automobilistiche, ottenute spesso con meccanismi che rasentano la truffa,
risultate un vero Klondike per le casse comunali. Ovviamente nessun collega
(sarebbe un pazzo) scriverebbe a mo’ di suggerimento di tenere i
propri soldi sotto il materasso, perciò le banche continuano tranquillamente
le operazioni di tosa alla clientela attraverso indecifrabili commissioni
e balzelli altrettanto indecifrabili. Più semplice prendersela
con le bancarelle del mercato piuttosto che sbirciare all'interno degli
enti pubblici e dei monopoli che agiscono senza controllo alcuno.
Demagogia, populismo, partigianeria? Ma no, è che il cibo è
glamour ed è nel nostro Dna, quindi alti lai quando viene toccato
da rincari. D’altronde, proprio perché per gli Italiani il
settore è importante, si sfornano una quantità di libri,
mensili, settimanali, pagine web, trasmissioni Tv riempiti con questo
argomento. Per tacere di rassegne, mostre, festival, tavole rotonde, simposi,
eventi eno-gastronomici e quant’altro lo riguarda.
Se fosse vero che il consumatore non arriva alla quarta settimana a causa,
soprattutto, del rincaro delle cibarie, ci dovrebbe essere un’esplosione
di prodotti di primo prezzo. Che non c’è, anche se è
vero che i discount vanno forte ma, attenzione, i discount attuali (vedi
Lidl) sono per gamma d’offerta, prodotti di marca compresi e qualità,
davvero molto simili ad un qualsiasi supermarket, salvo forse per esposizione
e servizio.
Ci dovrebbero essere ristoranti, trattorie, wine bar, birrerie, pizzerie,
tavole calde e fredde, deserte. Il che proprio non succede. Invece c’è
il boom di prodotti di IV e V gamma (+4,8% all’anno per 500 mio
di euro nella sola GDO), di piatti pronti, di happy hours, di convegni
e vernissage culminanti con sfiziosi buffet ed eleganti cene placée.
Siamo alla canna del gas, tra un po’ rovisteremo nei cassonetti
!
Non esattamente nei cassonetti ma, similmente alla loro collocazione,
fuori casa mangiamo 116 giorni su 365 spendendo circa 7,4 euro a pasto.
Lo dice una ricerca presentata alla Mia di Rimini appena conclusa, che
mostra una crescita dei consumi alimentari extradomestici del 4,9%. E
ancora, come spiegare il successo che sta ottenendo a Torino Eataly, inventato
da Oscar Farinetti, innovativo grande scrigno dell'alimentare d’alta
qualità dove i prezzi non sono precisamente da discount e dove
nel 2007 un milione e mezzo di consumatori hanno fatto la spesa spendendo
31,2 milioni di euro ? E non sarà per rispondere alla povertà
strisciante che Barilla ha lanciato la linea, o meglio, il programma alimentare
Alixir costituito da prodotti funzionali (ovviamente più costosi
dei tradizionali), con un investimento triennale tra ricerca, produzione
e comunicazione di 10 milioni di euro.
Quindi, riguardo i consumi alimentari usiamo - come si usa dire in questi
giorni - la ‘par condicio’. Ripeto, i rincari, ahinoi, ci
sono, ma procurare allarmismi su un settore delicato e vitale senza guardarsi
attorno fa male all’economia, quindi al Paese tutto.
|
|
|