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PERCORRENDO
LA FILIERA
A cura di GIUSEPPE CREMONESI [ cremonesi.web@asa-press.com
]
Manipolazioni genetiche
Oh mio Dio, mangeremo la Dolly !
Non è un iperbole ma una non tanto futuribile concreta realtà.
Il rischio di nutrirsi inconsapevolmente in un futuro prossimo di carni,
latte e formaggi provenienti da animali clonati è elevato. Seppure
scongiurabile, è alle viste il semaforo verde, per ora limitatamente
agli Usa, alla vendite di latte e carne provenienti da animali clonati.
Il via libera dovrebbe essere emanato dall’autorevole Food and Drug
Administration (FDA). L’autorizzazione, che potrebbe aprire la strada
al loro commercio anche in Europa, sarà verificata dall'Agenzia
europea per la sicurezza alimentare (Efsa) che ha avviato una consultazione
pubblica che porterà entro il prossimo febbraio a formulare il
parere scientifico sulla sicurezza alimentare. La notizia apparsa sul
prestigioso Wall Street Journal con il titolo “Il bestiame clonato
è pronto a ricevere il via libera dell'Fda” ha ovviamente
creato allarmismo soprattutto perché l'autorizzazione da parte
della succitata Amministrazione prevede che la libera circolazione degli
alimenti frutto delle clonazioni “non” dovranno essere distinti
dagli altri con etichette particolari. A mo’ di ulteriore informazione,
ricorderò che la clonazione riguarda già ora molti animali
da allevamento (la famosa pecora Dolly è stata per così
dire, la pioniera). Tra l'altro, è stata annunciata recentemente
la clonazione “stabile” di un maiale per 4 generazioni dal
genetista giapponese Hiroshi Nagashima dell'Università di Tokyo,
mentre sperimentazioni sono state effettuate anche in Italia con il toro
Galileo, la cavalla Prometea e anche un muflone selvatico. Fermo restando
che nella clonazione il genoma dell’animale clonato è lo
stesso dell’”originale” e quindi sarebbe come nutrirsi
di un qualsiasi maiale, agnello, ecc, “originale”, resta però
pur sempre una manipolazione. Perciò, al di là dall’aspetto
etico, occorreranno controlli molto, ma molto seri riguardanti la sicurezza.
Manipolazione si è detto, quindi non è impossibile che durante
l’operazione di “copiatura” si intervenga con qualche
piccola modifica o aggiustamento per migliorare, ad esempio, consistenza
o colorazione delle carni piuttosto che un “aggiuntino” per
arricchire il valore proteico del latte, oppure un qualcosina che eviti
le noiose colichette (è un esempio banale) di cui soffre il capo
“originale” ma che il veterinario considera tipiche della
specie. Insomma un qualcosa che in realtà si chiama Ogm ma che
entrando nel novero della clonazione c’è il rischio che queste
eventuali “aggiustatine” non vengano considerate propriamente
tali. E’ noto che a pensar male si pecca; tuttavia il fatto che
in etichetta i cibi provenienti da capi clonati possano essere considerati
alla stregua di quelli concepiti con metodi tradizionali, beh, io personalmente
faccio peccato…e non mi pento.
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